Kosovo o non Kosovo?
27.03.2008
Da Sofia,
scrive Tanya Mangalakova
Kalotina, confine bulgaro-serbo
La Bulgaria è al quarto posto degli investitori stranieri in Serbia, soprattutto dopo il
boom di investimenti registrato negli ultimi anni. Adesso, con il riconoscimento del Kosovo da parte di Sofia, le compagnie bulgare attive in Serbia guardano con un certo timore al futuro delle proprie attività
Oltre trenta compagnie bulgare con importanti investimenti in Serbia, insieme ai sindaci delle municipalità che confinano col vicino stato balcanico, hanno dato vita lo scorso 24 marzo al “Forum Economico Bulgaro-Serbo”, un'organizzazione di carattere non governativo nata da un'iniziativa del businessman Hristo Kovachki.
Più di una settimana fa lo stesso Kovachki aveva invitato il governo di Sofia ad aspettare ancora un po' di tempo prima di riconoscere l'indipendenza del Kosovo, anche se l'esecutivo bulgaro alla fine ha deciso di intraprendere questo passo lo scorso 19 marzo, con una dichiarazione a tre presentata insieme a Croazia e Ungheria.
Le imprese bulgare presenti in Serbia temono che il riconoscimento del Kosovo potrebbe creare loro problemi col governo e con l'amministrazione di Belgrado. Attualmente, secondo dati presentati da Kovachki, la Bulgaria è il quarto investitore straniero in Serbia, con una presenza economica che vale più di 500 milioni di euro. Il fine del forum appena creato, è quello di essere un punto di riferimento per investitori che dovessero incontrare problemi nel corso delle proprie attività in Serbia.
Da parte sua, Dejan Finic, attualmente facente funzione di ambasciatore serbo a Sofia, e presente all'incontro, ha assicurato che la Serbia supporta gli investimenti esteri e garantisce loro un ambiente sicuro. Il rappresentante della Camera di Commercio Serba in Bulgaria, Ljubisa Mitic, ha rassicurato poi gli investitori bulgari sul fatto che nessuno ha intenzione di creare ostacoli, pur non escludendo la possibilità che vengano a crearsi difficoltà intorno a casi particolari.
Se da una parte la maggioranza dei politici bulgari sottolineano che il riconoscimento del Kosovo, come atto geopolitico, porterà benefici alla Bulgaria, il mondo economico legato alla Serbia teme di dover pagare il prezzo di questa decisione. La Bulgaria, oltre a confinare con la Serbia, è strettamente legata al suo vicino dal punto di vista infrastrutturale. Agenzie turistiche e ditte di trasporto temono di perdere clienti sia serbi che russi, uno sviluppo dal quale avrebbero da perdere soprattutto i piccoli alberghi familiari.
Anche il prezzo dei viaggi in autobus verso i paesi dell'Europa occidentale potrebbe aumentare. Se si dovesse arrivare al punto di dover rinunciare al passaggio attraverso la Serbia, per scegliere il percorso che passa attraverso la Romania, il viaggio si allungherebbe infatti di almeno 200 chilometri. In questo caso, ha affermato Rosen Dimnitrov, direttore di una della “Somat”, grande compagnia di movimentazione internazionale, le ditte di trasporto sarebbero pronte ad insistere affinché lo stato bulgaro faccia pressione sulle istituzioni internazionali perché si adotti una risoluzione che obblighi la Serbia a pagare compensazioni per le perdite subite.
Durante lo scorso week-end due giornalisti bulgari del quotidiano “24 Chasa” sono stati respinti al confine serbo, ricevendo anche sui passaporti il famigerato “timbro nero”. Le istituzioni hanno ammesso che la Bulgaria, col riconoscimento del Kosovo, perderà circa 340 milioni di euro a causa della diminuzione delle esportazioni, degli investimenti nell'area e del flusso di turisti.
Effetti negativi sul business
Il mondo economico sembra piuttosto scettico sulla decisione di riconoscere il Kosovo. Ivo Todorov, direttore della “Prista Oil”, compagnia che tratta del commercio e della distribuzione di olio minerale e proprietaria di una fabbrica per il riciclaggio delle batterie scariche in Serbia, ha affermato che per l'ennesima volta il governo ha preso una decisione senza prendere in considerazione i grandi contribuenti, che contribuiscono in modo decisivo al budget del paese.
“Comprendiamo gli impegni della Bulgaria verso l'Unione Europea e la Nato, ma osserviamo anche il comportamento di paesi vicini come Romania e Grecia, che non hanno sostenuto il riconoscimento del Kosovo. La Serbia al momento rappresenta una delle destinazioni preferite degli investimenti bulgari. Ritengo che il governo abbia il dovere di prendere in considerazione anche la nostra voce, prima di prendere una decisione. La Serbia è un terreno fertile per gli investimenti, lì ci sono regole precise. Fino ad oggi ci siamo sentiti tranquilli rispetto alle nostre iniziative economiche. Oggi, però, prendendo in considerazione i precedenti che fanno riferimento agli altri paesi che hanno riconosciuto il Kosovo, e l'atteggiamento dei consumatori serbi verso i loro prodotti, sono convinto che ci saranno riflessi negativi sui risultati finanziari della nostra attività”, ha dichiarato Todorov.
Secondo Stoyan Zaykov, direttore dello stabilimento per la lavorazione del caucciù “Vulkan”, a Nis, il governo di Belgrado sta già rendendo i parametri più severi per gli investitori bulgari, e si avranno controlli più severi, ad esempio legati alle strutture anti-incendio, all'igiene degli stabili ecc.
Svetoslav Pavlov, direttore della “Prista Oil” per la Serbia, ha posto l'accento sul fatto che in Serbia oggi operano più di cento compagnie bulgare. Secondo Pavlov le istituzioni serbe si pongono in modo corretto verso gli investitori bulgari, con rispetto, e questo è dovuto in gran parte alla comune fede ortodossa dei due popoli. Pavlov ha poi raccontato dei tentativi di varie aziende bulgare operative in Serbia di creare dei forum già cinque anni fa. Secondo la legge serba, però, questo può avvenire solo dopo aver ottenuto il permesso da parte del governo di Belgrado.
Anton Valosyan, manager di tre ditte che lavorano frutta e verdura, ha dichiarato che in Serbia già si guarda con occhi diversi verso i bulgari che operano nel paese, e che non si può escludere lo svilupparsi di situazioni di tensione.
Il boom degli investimenti in Serbia
Nel 2006-2007 si è registrato un vero boom degli investimenti bulgari in Serbia. Il maggiore investitore è senza dubbio il businessman Hristo Kovachki, proprietario della miniera “Kovin” (valore 16,1 milioni di euro) a Krusevac, e della fabbrica di pneumatici “Traial” (12 milioni di euro). Si ritiene che Kovachki controlli anche la “Toplana”, sempre a Krusevac, la fabbrica di conserve “Srbijanka”, la cartiera “Bozo Tomic” a Cacak, la ditte “Nevena” a Leskovac e la “Metalac” e la “Vulkan” a Nis.
In Bulgaria Kovachki è proprietario di molte compagnie legate al settore energetico, sette ditte di estrazione del carbone, quattro di riscaldamento centralizzato, una centrale termoelettrica, ma anche di 21 negozi della catena “Evropa”. Kovachki l'anno scorso è stato anche uno degli sponsor principali alla creazione del partito politico “Lider”.
Altri grandi investitori in Serbia sono Valentin Zahariev, proprietario delle compagnie “Interlemind” e “Zastava Kovacnica” e i fratelli Bobokovi, che detengono la “Prista Oil”. La compagnia bulgara “Rubin” ha poi acquistato la fabbrica di vetro di Paracin, mentre la “Vili Group” ha investito nello stabilimento per il montaggio di televisori a Dimirovgrad.
Il business si trasforma in Ong
Nel nuovo forum non ci sono ancora rappresentanti del capitale serbo. Secondo Alks Bebov, della “Balkanska Konsultanska Kompaniya” questo è dovuto alla cattiva comunicazione tra gli investitori bulgari e l'élite politica di Belgrado.
Il presidente della Camera di Commercio Bulgara Bozhidar Danev ha auspicato che il governo di Sofia apra colloqui immediati con la controparte serba, per impedire che vengano danneggiati i rapporti economici tra i due paesi. L'apparire di nuove barriere, seppure informali, come lo stop imposto per vari giorni sui tir bulgari che entrano in Serbia, può infatti provocare seri danni all'economia bulgara.
Durante il forum Kovachki ha espresso timori rispetto ai propri sostanziosi investimenti in Serbia, affermando all'Osservatorio che questi ammontano complessivamente a circa cento milioni di euro. La maggior parte dei manager soci fondatori del forum gestiscono in effetti le compagnie di Kovachki in Serbia. Il magnate non ha voluto precisare quale sarà, secondo lui, l'ammontare delle perdite dovute al riconoscimento bulgaro del Kosovo, né anticipare se pretenderà dal governo di Sofia compensazioni di qualche tipo.
La sua mossa di creare il “ Forum Economico Bulgaro-Serbo”, mostra però la sua determinazione, e la sua volontà di utilizzare anche lo strumento della forma organizzativa non governativa per proteggere i propri investimenti.