Rassegna delle posizioni di alcuni media e analisti serbi sulla crisi georgiana, i paralleli tra Ossezia del sud e Kosovo e tra la Nato e la Russia. Le conseguenze della crisi in Georgia e gli sviluppi della soluzione kosovara
Nei giorni della crisi georgiana i media serbi hanno dato ampio spazio a parallelismi tra il Caucaso e Balcani, in particolare tra l’Ossezia del Sud e il Kosovo e tra l’intervento della Nato nel 1999 e l’intervento della Russia nei giorni scorsi.
“La Russia adotta il metodo che la Nato ha usato in Kosovo” titola il quotidiano progressista “Danas” l’11 agosto. Nel pezzo viene dato spazio alle riflessioni di analisti locali i quali concordano sul fatto che “il conflitto tra la Georgia e la Russia riguardo l’Ossezia del Sud è collegato alla dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo, anche se presso la comunità internazionale nessuno desidera dichiararlo apertamente”.
Secondo Oliver Ivanović, segretario presso il ministero per il Kosovo e Metohija ed uno dei pochi politici ad essere intervenuto apertamente, il conflitto in Ossezia del Sud “è direttamente collegato con la dichiarazione di indipendenza del Kosovo (…) e questo dovrebbe preoccupare tutti quelli che appoggiano il separatismo degli albanesi del Kosovo, in particolare in Unione europea, perché i movimenti separatisti esistono dappertutto, ed anche in Europa”.
Di contro, Dušan Janjić, direttore del Forum per le relazioni etniche, sostiene, sempre su “Danas”, che “i casi dell’Ossezia del Sud e del Kosovo hanno solo due punti in comune: entrambi sono parte del disfacimento di ex stati su base etnica ed in entrambi si scontrano gli interessi della Nato e della Russia. La Nato adesso difende l’integrità della Georgia, cosa che non fece con la Serbia nel caso del Kosovo, mentre la Russia sfrutta l’esempio kosovaro per fare in modo che attraverso questa crisi temporanea venga rinforzata l’indipendenza dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia, le quali non saranno subito riconosciute internazionalmente. La Russia adesso adotta il metodo usato dalla Nato in Kosovo”.
Janjić ritiene inoltre che: “in questo momento tutti cercano di far credere che il conflitto in Ossezia del Sud non abbia alcuna relazione con il Kosovo, ma è chiaro che stanno cercando di fare la stessa cosa, e ciò lo dimostra il blocco del Consiglio di sicurezza dell’Onu a seguito degli scontri in Georgia… il momento cruciale sarà la soluzione dello status finale del Kosovo, che la Russia sfrutterà per risolvere i problemi con la Georgia e l’Ucraina”.
Sul parallelo tra il Kosovo e l’Ossezia del Sud, e sul comportamento adottato dall’Alleanza atlantica nel 1999 e dalla Russia oggi, insiste anche il maggior quotidiano serbo “Politika”, il quale dedica ampio spazio alla questione. Tra i vari commenti e interviste pubblicati nei giorni della crisi, raccolti sotto il titolo “Il prezzo del precedente kosovaro”, spicca l’articolo di Ljubinka Miličić dal titolo “Quanti morti servono per un genocidio?” che fa esplicito riferimento alle dichiarazione dell’ambasciatore Vitalij Churkin: “sono stati uccisi 2.000 civili si tratta di genocidio oppure no, quanti civili devono essere uccisi per definire un genocidio?”.
L’analisi di Miličić si sofferma ripetutamente sul parallelismo tra le due situazioni, adducendo argomenti a favore dello stretto legame. “Gli argomenti usati un tempo dagli stati della Nato oggi sono usati dalla Russia, con la differenza, dicono i russi, che loro lo fanno legalmente perché secondo l’accordo internazionale, Mosca è garante della pace nell’Ossezia del Sud ed è obbligata, nel caso in cui una parte violi tale accordo, a difendere l’altra”. La giornalista non manca di sottolineare che “Ciò che alcuni hanno definito come tentativo di ripetere in territorio georgiano l’operazione croata denominata ‘Oluja’ del 1995, è stato impedito dalla Russia con una repentina ed efficace operazione, che si può paragonare all’esperienza balcanica. L’opinione pubblica russa in questi giorni ricorda che la ricetta ‘guerra per la pace’ fu promossa dall’America e dalla Nato bombardando nel 1999 la Jugoslavia, con la motivazione che si stava impedendo una catastrofe umanitaria e la pulizia etnica in Kosovo”.
Miličić prosegue poi affermando che “nonostante la Nato abbia aiutato parecchio la Georgia armandola con le armi più moderne e nonostante, a quanto pare, la Georgia abbia contato sul suo aiuto militare, il segretario generale della Nato Jaap de Hoop Scheffer ha dichiarato sin dal primo giorno che la Nato non ha il mandato per ‘entrare direttamente’ nelle questioni del Caucaso. Tuttavia, lo stesso ruolo che la Nato aveva nella separazione del Kosovo, lo avrà la Russia nel caso di separazione della Ossezia del Sud e dell’Abkhazia dalla Georgia”.
Il parallelo con l’operazione “Oluja” viene ripreso anche nell’intervista, sempre del quotidiano “Politika” e sempre fatta da Milinčić, a Natalija Naročnicka, storica e presidente della Fondazione per la prospettiva storica a Mosca e dell’Istituto per la democrazia e la cooperazione di Parigi, pubblicata il 13 agosto.
La storica russa alla domanda se esistono analogie tra le due situazione risponde dicendo: “il parallelo esiste nel momento in cui in Georgia ci sono istruttori che addestrano l’esercito georgiano nella tattica contemporanea di guerra e trasmettono l’esperienza raccolta nell’aggressione delle forze Nato in Kosovo. Il presidente georgiano Saakasvili ha voluto, così come la Croazia con l’Oluja, prendere in breve tempo Tskhinvali e dimostrare al mondo che la Georgia controlla il territorio osseto. Ma non ci è riuscito”.
L’altro tema toccato in questi giorni, dalla stampa e dagli analisti serbi, riguarda la questione internazionale del Kosovo e le ripercussioni che potrebbero esserci dopo il conflitto in Caucaso. È noto che la Serbia cerca di portare davanti all’Assemblea generale dell’Onu la richiesta per far sì che la Corte di giustizia internazionale dell’Aja valuti l'effettiva legalità della dichiarazione di indipendenza del Kosovo.
Secondo Oliver Ivanović il conflitto in Ossezia del Sud non influirà direttamente sulla posizione dell’Assemblea generale dell’Onu riguardo l’iniziativa della Serbia, ma avrà “una grande influenza su quei paesi che ancora non si sono dichiarati sulla mossa unilaterale di Pristina”.
Per Dušan Janjić il conflitto in Ossezia del Sud potrebbe avere come conseguenza “la riduzione del numero degli stati membri dell’Onu che nell’Assemblea generale appoggeranno l’iniziativa di Belgrado. (…) Gli Usa e la Russia – prosegue Janjić - aumenteranno la pressione sugli stati che non hanno riconosciuto il Kosovo indipendente, ma è chiaro che Washington può esercitare pressioni con più successo su più paesi rispetto alla Russia”.
Anche l’analista Dušan Lazić, membro del Forum per le relazioni internazionali, si sofferma su questa questione, sostenendo che “la guerra in Ossezia del Sud avrà forti e negative ripercussioni sul piano internazionale e che influirà sull’orientamento dei paesi nell’Assemblea generale dell’Onu quando in questione ci sarà il Kosovo” (Danas, 11 agosto).
Come precisa Lazić, presso l’Assemblea generale dell’Onu alla Serbia serve il sostegno della metà più uno dei 192 paesi membri. Fino ad ora l’indipendenza del Kosovo è stata accolta da 45 paesi membri dell’ONU.