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Serbia: tra deficit e credito

06.04.2009    Da Belgrado, scrive Aleksandra Mijalković
Affinché l'Fmi le conceda un nuovo credito di stabilizzazione la Serbia deve ''stringere la cinghia'' e colmare al più presto l'attuale deficit di bilancio. Come? Si parla di riduzione dell'amministrazione statale e di una tassa di solidarietà

Inizia il grande risparmio


"Niente di quel che arriva dal mondo ha successo qui in Serbia, lo stesso accadrà anche per questa crisi mondiale!".Questa frase, che negli ultimi tempi era diventata molto cara e ricorrente nell'opinione pubblica – accompagnata da esplicite valutazioni di molti politici ed “esperti” serbi - oggi fa sorridere qualcuno. Si è rivelata, infatti, non solo infondata, ma anche errata: in Serbia la crisi si è manifestata pesantemente, con tutte le sue conseguenze dolorose, tutt'altro che comiche, che si stanno già facendo sentire anche in altri paesi. Il problema qui, invece, è che a differenza di altre economie più preparate, dinamiche e forti, il sistema serbo viene colpito quando è già debole e in difficoltà, sostenuto da uno stato altrettanto debole e, oltretutto, mal organizzato, elefantiaco e troppo costoso.

Statistiche impietose
Secondo l’Istituto di Statistica serbo, a febbraio la produzione industriale del paese è stata inferiore del 19,7% rispetto allo stesso periodo del 2008, e del 21,9%, invece, in confronto alla media dello scorso anno. A marzo 2009 i prezzi sono aumentati del 9,9% rispetto allo stesso mese del 2008, e del 5,8% rispetto allo scorso dicembre. Sempre a marzo, il costo della vita in Serbia è aumentato del 9,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, e del 4,2% in confronto all’ultimo mese del 2008.
Al contempo, il commercio estero di merci per il primo bimestre 2009, del totale di 3,17 miliardi di dollari, è inferiore del 36% rispetto allo stesso periodo del 2008. Le esportazioni (di circa 1 miliardo di dollari) sono scese del 35%, e le importazioni (2,12 miliardi di dollari) del 36,4%. Infine, anche il deficit è inferiore del 37,6% rispetto ai primi due mesi del 2008.
I principali partner di commercio estero per le esportazioni sono Germania, Italia e Bosnia Erzegovina, mentre per le importazioni Russia, Germania e Italia. Il commercio estero di merci è avvenuto soprattutto con i paesi UE, a cui si attribuisce più della metà della merce totale.
I difetti in questione costituiscono ora l’ostacolo principale nell’implementazione del piano elaborato dal governo in seguito all’accordo siglato con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) lo scorso 26 marzo. L’obiettivo è la realizzazione delle condizioni necessarie per ottenere l’aiuto finanziario di tre miliardi di euro dal FMI, nell’ambito dell’accordo di “stand-by” che durerà fino al 2011. Infatti, per ottenere la concessione del credito all’inizio di maggio – se così fosse la Serbia potrebbe ottenere i primi aiuti già a metà del prossimo mese, sostenendo così la stabilità macroeconomica – è necessario che il governo serbo trovi al più presto un modo per “coprire” il buco di 100 miliardi di dinari (circa 1miliardo di euro) del budget nazionale. Il Governatore della Banca nazionale serba, Radovan Jelašić, lo scorso 31 marzo ha dichiarato che il governo dovrebbe raggiungere un accordo su come racimolare una tale cifra nelle casse dello stato al massimo entro la prima settimana di aprile.

La discussa “tassa solidale”

Tra le misure prese seriamente in considerazione – tutte, sottolinea Jelašić, rigorosamente deflazioniste – il primo gruppo è composto da quelle indirizzate alla riduzione delle spese dell’amministrazione statale, provinciale e locale (rientrano qui anche il congelamento dei salari, la diminuzione delle spese per coloro che attingono al budget e il versamento del 100% dei profitti delle imprese pubbliche nelle casse statali), da cui si prevede un risparmio di 67 miliardi di dinari [circa 707 milioni di euro, ndt]. Seconda misura da adottare l’aumento di 34 miliardi di dinari [circa 359 milioni di euro, ndt] delle entrate pubbliche, vale a dire nuove tasse.

La proposta più controversa è stata l’introduzione del cosiddetto “risarcimento temporaneo”, ossia la “tassa solidale” del 6% sui redditi e sulle pensioni, a cui i cittadini serbi si sono duramente opposti. Perché?

L’indipendenza dei giudici fa affondare il “Titanic serbo”
Preoccupato per il destino dell’economia serba, il segretario di stato del ministero dell’Economia Nebojša Ćirić ha richiesto che i tribunali, “finché dura la crisi”, sospendano le accuse e le cause contro le imprese, avviate dai lavoratori che chiedono il pagamento degli arretrati (tra il 1997 e il 2001). Ovviamente questi pagamenti – si parla di una somma di 1,3 milioni di euro – metterebbero in ginocchio le imprese privatizzate e quelle in via di privatizzazione, provocando l’arresto della produzione e il licenziamento di massa dei lavoratori. La lega dei sindacati indipendenti della Serbia ha criticato questa iniziativa del ministro, e Ćirić ha spiegato ai giornalisti che non aveva intenzione di “far pressione” sui giudici e compromettere la loro indipendenza, ma voleva solo avvertire che “il Titanic sta andando dritto contro l’iceberg”. Sembra che “il Titanic dell’economia serba” calerà a picco a causa dell’indipendenza dei tribunali, e non per le sue dimensioni elefantiache, la sua inadattabilità e i suoi errori.
“Il 6% è una percentuale altissima per coloro che hanno delle entrate molto basse. Quando la paga o la pensione è di 13 mila dinari [137 euro, ndt], qualsiasi tassa ha un peso enorme”, ha affermato il vicepresidente Božidar Đelić, dopo essersi impegnato per la tassazione indiretta, le imposte e l’aumento dell’IVA. Il governatore Jelašić, invece, ritiene che l’aumento dell’IVA sia l’ultima misura a cui ricorrere, e che si dovrebbe risparmiare in altre voci, in primis nella riduzione delle spese dei singoli ministeri. Perfino Diana Dragutinović, ministro delle Finanze, che in un primo momento si era molto impegnata per la “tassa solidale”, ora sembra desistere da un provvedimento così impopolare.

La nuova idea è che, al posto della tassa solidale, si introducano delle tasse solo ai dipendenti dell’amministrazione pubblica e delle imprese pubbliche, le cui paghe superano di 31.121 dinari [328,25 euro, ndt] la media del paese; si parla anche di licenziare gli impiegati in esubero al governo e in tutta l’amministrazione statale, oltre che di ridurre ulteriormente le spese dei manager nelle imprese pubbliche, scrive il settimanale “Blic” riportando fonti non ufficiali del governo serbo.

Anche il presidente serbo Boris Tadić ha fatto riferimento agli effetti negativi dell’introduzione della “tassa della solidarietà”, vale a dire una riduzione massiccia delle paghe, che porterebbe alla riduzione della spesa e, quindi, della produzione. Tadić ha constatato inoltre che la diminuzione del numero di ministeri potrebbe assicurare una maggiore efficacia all’attività del governo, ma non un grande risparmio e una riduzione delle spese. Per questo, infatti, è necessario ridurre l’amministrazione statale.

Come il governo si preoccupa dei suoi cittadini

Cosa, di tutto ciò, verrà approvato? Lo scorso 31 marzo, il segretario di stato al ministero delle Finanze Slobodan Ilić ha dichiarato che “tutte le opzioni paventate finora per il risparmio del budget del governo serbo sono ancora sul tavolo della discussione, compresa la tassa solidale del 6% sulle paghe maggiori ai 12 mila dinari [126 euro, ndt]”. Oltre a questo, il “Financial Times” critica il governo serbo ritenendo che, “intimorito dalle dure reazioni dei cittadini e delle minacce di sciopero”, cambi idea su questa tassa, che il giornale britannico ritiene “una delle condizioni del nuovo accordo della Serbia con il FMI”.

Come sostengono anche i ministri e gli esperti di finanza, qualsiasi misura decida il governo, sarà difficile e ardua da attuare, indipendentemente dal fatto che si tratti di una tassa solidale o della riduzione delle paghe del ministero. In questo senso l’intero paese attende l’avvicinarsi di tempi difficili. “Si introdurrà un grande risparmio!”, ha dichiarato Mlađan Dinkić, vice premier e ministro dell’Economia, subito dopo l’incontro con la commissione inviata dal FMI; il premier Mirko Cvetković ha aggiunto che “lo stato sarà modello di risparmio”.

“Abbiamo scoperto che il nostro stato è (troppo) costoso proprio durante l’incontro con il FMI? Certo che no. Lo sapevamo anche quando la nuova coalizione, contrattando, ha deciso di formare un governo record composto da 25 ministeri? Certo che sì, ovvio. Potevamo più prontamente, con più sistematicità, avviare una riforma dell’amministrazione statale, razionalizzandola e modernizzandola? Potevamo, sì, ma non l’abbiamo fatto. Questo procrastinare, ora, ha un prezzo nuovo, più alto”, fa notare nel suo editoriale del 31 marzo Milan Mišić, addetto alla politica estera per il quotidiano serbo “Politika”. Il collaboratore dell’Istituto per le ricerche di mercato, Saša Đogović, così constata: “Invece di adottare misure che riducano la spesa pubblica e le spese totali prodotte da una siffatta amministrazione statale, ovvero da un siffatto governo della Repubblica serba, si trova sempre una via d’uscita in qualche altro campo, che ricade sull’economia e sulla popolazione”.

Ancora finanziamenti stranieri

Il capo della missione del FMI per la Serbia, Albert Jeger, ha fatto notare che, nel momento in cui la Serbia registra un calo del PIL, spese statali maggiori delle entrate, e un deficit nei pagamenti correnti verso l’estero, è indispensabile accedere all’enorme pacchetto di misure di adattamento fiscale. In altre parole, ciò significa che i cittadini, in un modo o nell’altro, pagheranno di tasca loro. La buona notizia è che il settore bancario nel paese è in “buone condizioni” e che le principali 10 banche straniere che operano in Serbia continueranno qui la loro attività creditizia, e il paese otterrà dalla Banca Mondiale un credito di 50 milioni di dollari da pagare entro 20 anni, finalizzato a rafforzare l’amministrazione attraverso un settore finanziario più stabile.

“In tempo di crisi economica è importante per la Serbia ottenere un sostegno al proprio budget”, ha affermato il direttore della sede di Belgrado della Banca Mondiale, Simon Gray, che ha aggiunto di aspettarsi un ulteriore prestito a favore della Serbia, che il nostro paese dovrebbe utilizzare per “riforme importanti nell’ambito della registrazione delle imprese, nell’introduzione di investitori privati nel settore energetico e in quello assicurativo”. Almeno qualche vantaggio dai soldi spesi per i dipendenti statali!
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