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giovedì 08 settembre 2022 13:55

 

I curdi alle elezioni

13.07.2007    Da Istanbul, scrive Fabio Salomoni

Dogan Erbas mentre osserva la lista elettorale (foto F. Salomoni)
In esclusiva per Osservatorio Balcani un’intervista con Doğan Erbaş, uno degli avvocati di Abdullah Öcalan e segretario provinciale del DTP (Partito della Società Democratica). Candidato indipendente nella seconda circoscrizione di Istanbul
Come sta andando la campagna elettorale?

Secondo me non male, anzi bene, ma per queste elezioni ci troviamo di fronte ad un problema particolare: per la prima volta i nomi dei candidati indipendenti saranno nella stessa scheda elettorale con i candidati dei partiti ed inoltre il loro nome non potrà essere affiancato da nessun simbolo od emblema che li possa distinguere, nemmeno un numero progressivo. Per queste elezioni assistiamo ad una esplosione di candidati indipendenti, nella mia circoscrizione elettorale sono 44, io sono il tredicesimo, ed inoltre i nomi sono stampati a caratteri minuscoli. Cause socio-economiche fanno sì che una parte dell’elettorato curdo, 10-15%, è analfabeta, gli anziani in particolare e ci sono molti che hanno imparato tardi a leggere e scrivere, in totale circa il 20-25% dei nostri elettori, anche ad Istanbul, crediamo che avranno problemi al momento del voto. Pensiamo che le persone che non sono istruite avranno veramente difficoltà. Per il resto, a parte episodi marginali, devo dire che la nostra campagna elettorale non ha incontrato ostacoli seri. Per superare le difficoltà di cui dicevo siamo impegnati in alcune iniziative particolari, diverse da quelle tipiche di una campagna elettorale. Ad esempio, riunendo uomini e donne nei nostri uffici elettorali, nei bar, usando un fac-simile della scheda elettorale i nostri militanti mostrano come votare, come trovare il mio nome sulla scheda. Questo è il vero problema che ci troviamo ad affrontare.

Per risolvere il problema della scheda elettorale pensate di far entrare nel seggio gli elettori analfabeti accompagnati da bambini...

Sì, anche questo consigliamo agli elettori. Non è previsto dalla legge ma da anni è pratica corrente in tutto il paese perché l’analfabetismo è molto diffuso nel paese. Ed in genere i presidenti di seggio accettano questa pratica, gli elettori si fanno accompagnare da figli, nipoti, minori di 18 anni, ma non so cosa succederà questa volta.

Qual è il suo giudizio sulla campagna elettorale ad una settimana dalle elezioni?

In verità queste elezioni sono forse le più strane di tutta la storia della repubblica, ad una settimana dalle elezioni è difficile sostenere che c’è un clima pre-elettorale nel paese. Forse perché siamo in estate ma soprattutto, io credo, per la sfiducia nei partiti diffusa tra la gente, soprattutto dopo la vicenda della mancata elezione del presidente della repubblica. La politica non ha più credibilità, le forze armate, alcune istituzioni, si sono politicizzate e poi i partiti fra loro si assomigliano molto.

Guardiamo ad esempio alle liste elettorali: ci sono personaggi della sinistra che si presentano con l’AKP e, al contrario, personaggi di destra nelle file del CHP. Per quanto riguarda la questione curda i partiti mostrano un atteggiamento piuttosto simile, si assomigliano, parlano della questione solo dal punto di vista della sicurezza e del terrorismo. Addirittura negli ultimi giorni si è tornati a parlare della pena di morte, abolita sette anni fa. Nonostante questo, noi del DTP ci presentiamo per la prima volta come candidati indipendenti. Fino ad ora non siamo riusciti a superare lo sbarramento del 10%, ed anche questa volta le previsioni non erano diverse. E senza la prospettiva di superare lo sbarramento il nostro lavoro si faceva più difficile. Molti ci dicevano apertamente che anche se avessero voluto votarci la prospettiva di votare per un partito che non sarebbe riuscito ad entrare in parlamento li faceva desistere. Adesso c’è un’atmosfera entusiasta, è diffusa la sensazione che questa volta i voti non saranno sprecati.

Con quali speranze ed obbiettivi i candidati del DTP si presentano alle elezioni?

Abbiamo le nostre priorità: la prima è vedere accettata a livello legislativo l’identità curda. Sappiamo che non sarà facile e che non è un obbiettivo che potremo realizzare domani, ma questa è la nostra ragion d’essere e la nostra missione, garantire la libertà di un popolo, una democrazia piena, vogliamo poter discutere liberamente queste questioni senza il timore di essere perseguiti. Quindi per prima cosa miriamo a creare uno spazio di discussione libero, scientifico e democratico. Non abbiamo delle ricette preconfezionate ma vogliamo discutere con la società civile, gli ambienti dell’Unione europea, gli intellettuali.

Il manifesto elettorale con la foto di Dogan Erbas
Inoltre pensiamo che abbiamo bisogno di pace sociale, a livello legislativo. Possiamo chiamarla amnistia politica generale, ma è un concetto demodé, quindi possiamo trovarle anche un altro nome: una legge per la partecipazione democratica, che consenta alle persone che stanno in montagna o quelle che sono in Europa di partecipare alla vita politica in Turchia, vogliamo riforme legislative in questo senso. Nel passato sono stati fatti tentativi in questo senso, una legge per favorire il pentitismo, ma sono state soluzioni palliative, non era una soluzione realistica e lo avevamo detto allora. Anche di questo bisogna discutere. Sappiamo che non sarà facile ma cercheremo di preparare la società a discutere di questo.

Tra le altre priorità il problema del progetto “Ritorno ai villaggi”, che riguarda coloro che hanno dovuto abbandonare i villaggi dell’est a causa della guerra. Per il momento mancano le condizioni, politiche, amministrative, sociali e culturali che permettano a milioni di persone di tornare.
Certo noi non sosteniamo che l’emigrazione dall’est sia dovuta solamente agli effetti della guerra, ci sono anche ragioni economiche.

In questa prospettiva pensiamo che sia necessario un sostegno particolare allo sviluppo delle regioni del Sud-Est, in particolare all’agricoltura ed ai giovani che senza istruzione lavorano in condizioni difficili e senza protezione sociale.

Chiediamo anche l’abolizione dell’istituzione dei guardiani di villaggio. Un’attenzione speciale la dedichiamo alle donne ed ai loro problemi, abbiamo molte donne tra i nostri candidati, il 30% (la più alta tra i partiti che si presentano alle elezioni, N.d.A.). Noi pensiamo di ottenere, nella peggiore delle ipotesi almeno 30 deputati e tra loro 8-10 saranno donne. E’ un segno della nostra attenzione per i problemi delle donne.

Nei giorni scorsi la signora Aysel Tuğluk, co-presidente del suo partito ha dichiarato che il partito avrebbe voluto partecipare ai funerali dei militari morti nell’Est e che in genere il partito non ha saputo farsi capire dal popolo turco...

Io ho seguito tutta la vicenda dalla stampa, credo che bisognerebbe valutare queste parole nel contesto dell’intero discorso, forse c’è stato un fraintendimento, non lo so, non credo sia giusto fare commenti senza avere letto l’intero discorso

L’altro co-presidente, Ahmet Türk, ha dichiarato che il partito ha imparato la lezione dagli eventi del 1991 (quando Leyla Zana ed altri deputati curdi vennero arrestati per aver tenuto un discorso in parlamento in lingua curda, N.d.A.)

Credo che si debbano valutare queste parole nella giusta prospettiva. Certamente si è imparato qualcosa, la vita ci insegna qualcosa ma questo non significa che abbiamo rinunciato alle nostre richieste, alcuni hanno interpretato le parole di Türk in questo modo ma le cose non stanno così.

Come giudica il periodo del governo AKP dal punto di vista della questione curda?

Una grande delusione. Inizialmente ci aveva dato delle speranze, c’era un’atmosfera positiva, Erdoğan aveva fatto delle dichiarazioni molto importanti, cose che nessun altro primo ministro aveva detto nella storia della Turchia, parole chiare e coraggiose: lo stato ha sbagliato, possiamo chiedere scusa. Nella pratica però è successo il contrario. L’AKP secondo noi non è un partito in grado di portare avanti una lotta decisa per la democrazia, il suo profilo ideologico, il suo programma, i suoi esponenti, mostrano un atteggiamento sopratutto pragmatico, opportunista, e impegnato solamente a mantenere il potere, disposto al compromesso con chiunque, anche con i difensori dello status quo. Ad esempio l’incontro segreto che Erdoğan ha avuto con il capo di stato maggiore. Lo stesso vale anche per quanto riguarda la possibilità di un’operazione militare in Iraq.

Io credo tutti i preparativi siano stati fatti, ed Erdoğan ha lanciato dei messaggi in questo senso. Io non credo ci sarà un’operazione militare prima delle elezioni ma dopo, prima della formazione del governo, sì, è possibile.

Secondo lei quali partiti entreranno in parlamento?

Sicuramente AKP e CHP. Secondo me l’AKP avrà tra il 35 ed 37%, per quanto riguarda il CHP tra il 20 ed 22%. Non sono sicuro invece che il MHP riuscirà a superare lo sbarramento, sembra di sì ma io non ne sono sicuro.

Erdoğan nelle scorse settimane ha lasciato intendere di non escludere a priori l’eventualità di una coalizione con i deputati indipendenti...

E’ vero, non chiude la porta a questa eventualità, di tanto in tanto però dice il contrario. Erdoğan è una persona molto particolare, opportunista. Certo la politica è una cosa speciale, soprattutto se pensiamo a certi appuntamenti delicati come l’elezione del presidente della repubblica, io credo che siamo pronti a fare il nostro dovere, a fare il nostro passo, non siamo chiusi al compromesso ma è difficile dire qualcosa di definitivo prima di vedere i numeri del nuovo parlamento.