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Il dede e la retta via degli aleviti

05.09.2007    scrive Fabio Salomoni

Hacibektaş (foto Andrea Rossini)
Il dede, figura spirituale al centro della comunità alevita. A lui spetta il compito di educare e insegnare gli obblighi della pratica religiosa. Per capire meglio il suo ruolo nell’alevisimo abbiamo parlato con Dede Akkol di Şahkulu Dergah (complesso religioso), Istanbul
“Io rappresento la 28° generazione del derviscio Şeyh Süleyman, arrivato in Anatolia dalla regione del Khorasan e stabilitosi a Malatya dove viene riconosciuto come dede dalla comunità alevita. Insediatosi in un villaggio si occupa dei riti e delle funzioni religiose. Successivamente un editto del bey di Adana stabilisce che gli abitanti della regione debbano provvedere al suo sostentamento materiale ed a quello dei suoi discendenti. Con il tempo questa pratica è scomparsa ma gli abitanti di questa regione continuano ad essere devoti, seguaci (Mürit, talip) dei discendenti di Şeyh Süleyman. Io sono nato in questo villaggio vicino a Malatya ed ora sono il dede di Şahkulu”.

Qual è il ruolo del dede?

Così come in tutte le religioni, il prete nelle chiese, il rabbino nella sinagoga, gli şeyh nelle tarikat (confraternite) anche tra gli aleviti esiste una figura, il dedeappunto, che ha il compito di fornire l’educazione religiosa, di insegnare gli obblighi e le regole religiose ai talip.

Si parla spesso del ruolo del dedecome mediatore, pacificatore, all’interno della comunità...

Molte sono le fedi, i libri sacri ed i profeti: Gesù, Mose, Maometto sono diversi, ma la religione è una. Dio indica a ciascuno la sua strada ed invita tutti ad essere fratelli. Nessuno dei profeti ha mai incitato all’odio e all’inimicizia. Anche per gli aleviti la fratellanza, l’amore e la comprensione reciproca sono un elemento fondamentale.

In caso di necessità, di malattia, ognuno ha il dovere di aiutare, musaitlik , di dare il suo contributo, lo ha promesso davanti al dedecon il quale ha firmato una sorta di patto che non può essere violato. Se viene a mancare la fratellanza l’alevismo non esiste. Questo è un principio base per la comunità. E senza la fratellanza non è possibile nemmeno la cem (parola di origine araba che significa comunità N.d.A), il rito più importante che si tiene nella cemevi (la casa della comunità. N.d.A).

La partecipazione alla cem non è permessa a coloro che hanno commesso una qualche colpa, a coloro che sono düşkün (colpevoli, .N.d.A). Ad esempio assassini, ladri, bugiardi, persone che abbiamo violato i diritti di altri. Per poter essere ammessi, dopo aver riconosciuto le proprie colpe, si devono rimettere al giudizio del dede.

Obbiettivo principale della cem e della preghiera è quello di permettere alle persone di scoprire e portare alla luce, ene ‘l-hak , la presenza divina nel cuore, con la quale Dio ricorda all’uomo di essere una sua creatura. E la purezza di cuore è l’elemento fondamentale per realizzare questa ricerca che ha come luogo centrale il lamekan , un non-luogo dello spirito riservato a Dio e presente nel cuore di ciascuno.

La ricerca del ene ‘l hak dentro se stessi è l’obbiettivo principale degli aleviti.

Ci racconti ancora dei compiti e delle caratteristiche del dede...

Ci sono dedeche sappiamo discendere da Ali, esistono documenti. Ora invece gran parte dei dedevengono eletti dalla comunità, che sceglie le persone che ritiene più adatte per questo ruolo. In ogni caso l’approvazione della comunità è fondamentale per diventare dede.

Ad ogni dede poi fa riferimento una ocak (focolare), un gruppo di devoti, talip , in una determinata zona geografica. Il termine ocak ha due significati: il primo, materiale, indica il luogo dove si cucinano le cose che mangiamo, la dimensione fisica. Il secondo, spirituale, rappresenta il focolare dei cuori, questo è la dimensione importante per i dede. In questo focolare il dedeal fuoco dell’amore “cucina” i cuori dei credenti formandoli, facendone delle persone migliori. Il cuore quindi è il primo elemento importante per un dede.

Ad ogni inizio d’anno i dedeconvocano una cem e si rivolgono ai fedeli chiedendo loro di riflettere sulle azioni compiute l’anno precedente: a chi si è fatto del male, verso chi sono state commesse ingiustizie. Poi il dedeassume il ruolo del giudice di fronte al quale si presentano i fedeli che, come in un tribunale, chiedono di veder riconosciuti i torti subiti. Mi piace ricordare le parole del profeta Gesù “Porgi l’altra guancia”, in quella situazione la mano di chi ha subito un torto trasforma lo schiaffo in una carezza.

Per gli alevi e per lei personalmente qual è l’importanza di Hacibektaş

Nel Corano si riconoscono tutti i veli come dei sultani, è un elemento che ritroviamo in tutte le religioni, Gesù, Mosè, consiglieri di Allah, giusti, puliti, pieni di amore, che guidano e mostrano la giusta via alle persone. Migliaia di queste persone, veli e evliya le ritroviamo nella storia dell’Anatolia, persone che non dicono il falso, non commettono ingiustizie.

Hacibektaş viene da Nisapur, è stato un grande pensatore, una guida spirituale che ha fatto riferimento al Corano, è stato una grande personalità santa. Un rappresentante di Maometto che ha formato molte grande personalità della storia dell’Anatolia, Yunus Emre (poeta mistico) è cresciuto con le parole di Hacibektas che ha “sempre considerato 72 diversi popoli allo stesso modo”, per Hacibektaş non esiste cristiano, ma l’uomo, ebreo, sunnita, alevita. Hacibektaş non ha mai considerato le differenze religiose ma le persone e si è sempre preoccupato di non far del male e parlare in modo giusto.

Quali sono le differenze tra i compiti dell’imam e del dede?

Io credo che anche l’imam come il dede cerchi di indicare la retta via alla comunità.
La retta via non è monopolio di nessuno.

L’imam parla nelle moschee, vuole la pace e la fratellanza delle persone. Anche il dede fa lo stesso ma con alcune differenze:
gli imam emarginano le donne durante le funzioni religiose nelle moschee. I dede
vedono le donne come esseri umani, quando entrano nella cemevi diventano delle can – anime - come gli altri, anch’esse vogliono pace e amore, chiedono di vedere riconosciuti i loro diritti.
In questo senso la differenza tra moschee e cemevi è importante.

La seconda differenza è che gli aleviti pregano nella propria lingua, il turco, mentre i sunniti non lo fanno perché il Corano è scritto in arabo ed è la lingua dell’Islam a cui non possono rinunciare. Questa è una differenza importante tra noi e gli imam. Noi crediamo che le persone debbano capire i libri sacri che leggono, per questo dobbiamo leggere il libro in turco.

E lo stesso per quanto riguarda le preghiere, se le persone possono capire le parole allora la preghiera si trasforma veramente in una bella situazione dove i cuori vengono messi in gioco.
Invece gli imam non la pensano allo stesso modo.

Noi non accettiamo i cinque pilastri dell’Islam [1 - La testimonianza: "non c'è altro Dio fuorché Dio e Muhammad è il suo Profeta"; 2 - le cinque preghiere quotidiane; 3 - il pagamento dell'imposta coranica; 4 - il pellegrinaggio alla Sacra Casa cioè a La Mecca; 5 - il digiuno del mese di Ramadan], gli imam dicono che chi non rispetta questi pilastri non è un vero musulmano. Per noi Dio è uno ma non si può comprimere la varietà delle creature umane in queste regole. Anche noi crediamo nei libri, negli angeli, che noi però vediamo nel cuore delle persone e non nei cieli.

Le richieste principali degli aleviti contemporanei?

Da mille anni ogni qualvolta gli aleviti hanno sostenuto queste cose sono stati oppressi dai sultani, dal potere “Perché non rispetti i cinque pilastri dell’Islam? Perché non preghi in moschea?, non sei un vero musulmano”. Tra i dede non è possibile trovare situazioni simili, nessuno ha il monopolio, Noi non guardiamo alla strada prescelta ma alla meta. Se pensi con amore a Dio, questa è la tua preghiera. Pregare in uno spazio determinato non è obbligatorio. Come ha detto il profeta “se mi pensi in qualsiasi luogo io lo ho accetto come preghiera”.

Nel periodo ottomano si sono dette migliaia di falsità, si è divisa la società tra diverse confessioni, difendendone alcune e condannando le altre e solo per ragioni politiche.

E questa situazione continua anche ai nostri giorni. Non riconoscono le cemevi come un luogo di preghiera, dicono che si tratta di un centro culturale o di un spazio per il divertimento ma noi non diciamo la stessa cosa per le moschee, non manchiamo di rispetto. Certo non tutti gli imam la pensano così ma sono molti quelli che lo pensano. Vedono la cultura ma non vedono la fede e Dio che sono dentro questa cultura.
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