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Esercizi di memoria

05.11.2008    Da Sarajevo, scrive Andrea Rossini
Memoriale del campo di concentramento di Jasenovac
Il ricordo della Seconda guerra mondiale in Croazia, dal periodo jugoslavo ad oggi. Le trasformazioni degli anni '90. Jasenovac, Bleiburg, la giornata della lotta antifascista e l'esodo degli italiani: intervista con Vjeran Pavlaković
Vjeran Pavlaković, storico, insegna Cultura della Memoria al dipartimento di Studi Culturali dell'Università di Rijeka. Ha pubblicato, con Sabrina Ramet, “Serbia since 1989: Politics and Society under Milošević and After”, University of Washington Press. In Italia è stato pubblicato un suo saggio in “Una storia balcanica. Fascismo, comunismo e nazionalismo nella Jugoslavia del Novecento”, a cura di Lorenzo Bertucelli e Mila Orlić, ed. Ombre Corte, Verona 2008

Quali sono i luoghi della memoria della Seconda guerra mondiale in Croazia?

Si tratta di luoghi che sono cambiati nel corso degli anni. Possiamo fare una divisione in tre periodi principali: quello comunista, gli anni '90 e infine il periodo che inizia dopo la morte di Tudjman, a partire dal 2000. I due luoghi che attualmente illustrano meglio la situazione di memoria divisa che esiste in Croazia sulla Seconda guerra mondiale sono il Memoriale di Jasenovac e Bleiburg. Il primo ricorda il campo di concentramento creato dallo Stato Indipendente di Croazia (NDH) sul fiume Sava, mentre Bleiburg, che in realtà si trova in Austria, sul confine con la Slovenia, è il luogo dove le forze collaborazioniste si sono arrese nel 1945.

A Jasenovac il giorno del ricordo è il 22 aprile, data della liberazione del campo. Esiste una data simile per Bleiburg?

Era la domenica più vicina al 15 maggio. Quest'anno tuttavia è stata approvata una legge che sposta la data al sabato, per permettere la partecipazione di un numero maggiore di rappresentanti del clero. Questo mostra la relazione privilegiata che esiste tra la Chiesa cattolica croata e il ricordo di questo evento. Allo stesso tempo c'è un grosso dibattito nel Paese sul fatto che la gerarchia cattolica non ha mai visitato Jasenovac.

Come sono ricordati oggi i fatti di Bleiburg?

Il 10 e 11 novembre a Vienna l'appuntamento con il convegno annuale di Osservatorio. Attivisti e studiosi internazionali discuteranno del rapporto con il passato e dei processi di riconciliazione nei Balcani
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Come “Bleiburg i Križni put”, cioè Bleiburg e la strada della Croce. A Bleiburg i soldati si erano arresi all'esercito britannico, ma furono consegnati ai partigiani e costretti a ritornare in Jugoslavia. In Austria ci furono poche vittime, per la maggior parte militari che si tolsero la vita o che furono uccisi negli scontri avvenuti prima della resa. La maggior parte delle persone furono uccise nella marcia di ritorno, in particolare in Slovenia ma anche in Croazia. Alcuni furono poi deportati in campi di internamento in Bosnia o Macedonia.

Qual è la dizione ufficiale del 15 maggio?

Il 15 maggio è la “giornata del ricordo di tutte le vittime croate”. Un evento della Seconda guerra mondiale, Bleiburg, è stato quindi trasformato nella giornata che ricorda tutti i croati che sono morti in ogni tempo per lo Stato croato.

Quando è stata introdotta questa denominazione?

Nel 1995, in occasione del cinquantesimo anniversario di Bleiburg. Il 1995 è anche l'anno in cui il parlamento croato si assume l'onere di organizzare questa commemorazione. Fino agli anni '90 era illegale ricordare Bleiburg, gli unici che ci andavano erano i rappresentanti della diaspora.

Ci sono dati ufficiali sulle vittime di Bleiburg e della strada della Croce?

C'è ancora molto dibattito sull'argomento. Mesić ad esempio si rifiuta di andare a Bleiburg fino a quando non verranno condotte ricerche sistematiche, volte a stabilire il numero delle vittime e dei soldati uccisi in combattimento. Le cifre che io ritengo attendibili variano tra le 50.000 e le 80.000 vittime. La maggior parte erano croati. La diaspora ha elevato questa cifra a circa 600.000 e, specialmente negli anni '60, '70 e '80, parlava di un genocidio commesso ai danni del popolo croato. I revisionisti, le forze che cercano di riabilitare gli ustascia e la NDH, sostengono che Bleiburg è stato un massacro peggiore di Jasenovac.

Le cifre sono effettivamente vicine a quelle esposte oggi nel nuovo Museo di Jasenovac...

La cifra che io utilizzo relativamente a Jasenovac è tra le 80 e le 100.000 vittime. In questo momento sono riportati circa 76.000 nomi di persone uccise a Jasenovac, ma io credo che una stima più verisimile sia attorno alle 100.000. C'è comunque ancora un grande dibattito su queste questioni, le cifre sono state oggetto di forti manipolazioni da entrambe le parti.

Quali sono le altre date e luoghi significativi nel dibattito pubblico sulla Seconda guerra mondiale in Croazia?

La data ufficiale che ricorda la Seconda guerra mondiale in Croazia è in realtà il 22 giugno, che è la “giornata della lotta antifascista”. Questa è una festività nazionale.

Dove viene ricordata?

A Sisak, dove la prima unità partigiana cominciò la propria attività contro la NDH.

Questa festività è rimasta tale per tutto il corso degli anni '90?

In realtà quella data originariamente era il 27 luglio, e ricordava la rivolta avvenuta nella cittadina di Srb, nella Lika. Il 27 luglio 1941 la popolazione locale, che era prevalentemente serba, si rivoltò contro i fascisti. Il problema di questa data era rappresentato dal fatto che la memoria della Seconda guerra mondiale in Croazia era rappresentata da una rivolta serba. Nel 1991, quindi, questa data è stata spostata al 22 giugno.

Come vengono ricordati in Croazia oggi i luoghi dell'occupazione italiana, in particolare il campo di concentramento che era stato creato nell'isola di Rab/Arbe?

Il campo di Rab è praticamente dimenticato. Nel 2007 però, quando c'è stata la polemica tra il presidente croato Mesić e quello italiano Napolitano, a seguito delle celebrazioni per la giornata del ricordo in Italia, è tornato di attualità. Sono emerse posizioni sulla stampa croata secondo cui i tre presidenti, quello italiano, quello croato e quello sloveno, sarebbero dovuti andare insieme a Rab e poi anche a Basovizza. Quindi è nel contesto della memoria italiana che l'opinione pubblica croata ha ritrovato Rab, in generale nel dibattito pubblico qui la questione italiana non è così sentita, le questioni veramente importanti sono Jasenovac e Bleiburg. Le divisioni tra destra e sinistra, la dinamica comunisti contro ustascia e serbi contro croati, in particolare a seguito delle guerre degli anni '90, sono molto più rilevanti.

A parte Rab ci sono altri luoghi simbolo dell'occupazione italiana che sono significativi per il pubblico croato?

In generale direi di no. Ci sono naturalmente alcune specificità a livello locale. Ricordo vivamente una mia visita alla cittadina di Čabar, che si trova tra Rijeka e Zagabria, nel Gorski Kotar. L'intera popolazione di questa cittadina era stata deportata e internata in uno dei campi di concentramento degli italiani durante l'occupazione. Pochi anni fa mi trovavo lì in visita per altri motivi, e il sindaco della cittadina parlò di quegli eventi ai visitatori, “ricordiamo quando gli italiani deportarono la nostra intera popolazione, fu un atto di pulizia etnica nei confronti di questa città”. Ci sono quindi sicuramente esempi locali in cui la memoria dell'occupazione italiana è ancora forte, ma nel dibattito pubblico in generale direi di no.

Come mai oggi a Goli Otok, campo di concentramento destinato agli oppositori del regime di Tito, non c'è nulla, solo rovine? In Croazia non interessa a nessuno la memoria di quel luogo?

Goli Otok (foto Andrea Pandini)
Paradossalmente c'è forse più ricerca in Italia su Goli Otok che non in Croazia. L'unica cosa che abbiamo qui sono dei diari, i ricordi personali degli internati, ma non ci sono ricerche sistematiche condotte sul piano accademico, solo qualche articolo. La questione di Goli Otok emerge solo quando la destra o i nazionalisti fanno l'elenco dei crimini commessi dai comunisti. Uno dei motivi per cui non è diventato un tema importante di dibattito sta forse nel fatto che era un crimine commesso da comunisti contro comunisti, non c'erano neppure elementi che potessero essere di collegamento con gli anni '90.

Diversamente da Jasenovac o Bleiburg?

Esatto. Ad esempio Jasenovac, che è stato sotto controllo serbo dal 1991 al 1995, veniva utilizzato per giustificare la ribellione contro Zagabria, “guardate Jasenovac, questo nuovo governo croato lo ripeterà”. A Bleiburg invece, negli anni '90, c'erano croati che dicevano “i serbi ripeteranno Bleiburg”. Questi luoghi hanno rappresentato un volano tra gli anni '40 e gli anni '90, mentre Goli Otok non serviva e quindi non interessava.

Come viene ricordato oggi in Croazia l'esodo degli italiani dalla ex Jugoslavia dopo il 1945?

Il quotidiano Novi List ne ha parlato a più riprese, e la questione è riemersa dopo il dibattito tra Mesić e Napolitano. Generalmente in Croazia si sostiene che le cifre degli italiani che lasciarono il Paese sono state gonfiate. Alcuni temono che riparlare di questa questione possa condurre a un più generale atteggiamento revisionista rispetto ai trattati firmati nel dopoguerra tra Italia e Jugoslavia, Parigi e Osimo. Nel dibattito pubblico croato è interessante notare la differenza nella terminologia utilizzata, si usa alternativamente la dizione “esuli” o quella di “optanti”, entrambe nella versione italiana. Secondo la prima gli italiani sono stati cacciati e costretti all'esilio, secondo la seconda invece hanno scelto di andarsene.

Qual è il termine più utilizzato?

Nel 2007 Mesić, prima della commemorazione del 10 febbraio in Italia e delle polemiche che ne sono seguite, aveva utilizzato optanti. La versione dominante in Croazia è che parte degli italiani ha scelto di andarsene perché aveva collaborato con il regime fascista, e che gli italiani non hanno diritto a rivedere quanto concordato nei trattati firmati nel dopoguerra, che stabilirono l'entità delle riparazioni.

Negli anni scorsi c'è stata una positiva esperienza di collaborazione tra storici italiani e sloveni, che ha condotto al lavoro della Commissione mista sulla storia recente del confine. Perché questo non è potuto avvenire con la Croazia?

Non ne sono del tutto certo. Posso solo dire che per quanto mi riguarda sostengo completamente l'idea di un dialogo di questo tipo, collaboro con organizzazioni come Documenta che lavorano sull'elaborazione del passato, credo dovrebbero essere fatti nuovi sforzi per portare le tre diverse parti, in particolare gli storici, a dialogare nuovamente. Anche perché continuiamo ad assistere a tentativi da parte dei politici di manipolare le cifre e strumentalizzare le emozioni. Viene condotta una discussione di tipo irrazionale su quegli eventi.

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