La posta in gioco nel contenzioso territoriale tra Slovenia e Croazia è alta. Per Zagabria, il rischio è quello di procrastinare indefinitamente i tempi dell'ingresso nell'Unione. Con gravi conseguenze sul rating internazionale del paese. Il commento di Jutarnji List
Di Mladen Pleše, per Jutarnji list, 5 marzo 2009
Traduzione per Osservatorio Balcani e Caucaso: Maria Elena Franco
Tutto ciò che di negativo poteva capitare a Zagabria nel contenzioso con la Slovenia è accaduto in meno di 48 ore. Da vittima, in due giorni la Croazia si è trasformata in un paese che molti in Europa vedono nuovamente come una fonte di problemi. Al contempo la Slovenia, condannata da tutti gli stati dell'Unione Europea per le sue posizioni di stampo nazionalistico, il suo atteggiamento altezzoso e avido, ottiene una speranza di salvezza, all'ultimo minuto, proprio da coloro da cui non ce lo si sarebbe mai aspettati: i politici croati. Invece di capitalizzare in modo intelligente la posizione ormai persa di Lubiana, hanno iniziato ad usare il conflitto con la Slovenia per ingraziarsi demagogicamente gli elettori. Da quel momento in poi è stato chiaro che per la Croazia non sarebbe andata a finire bene.
Il giorno in cui l'UE ha respinto la richiesta di Lubiana di rimandare l'inizio dei negoziati con la Croazia, le autorità di Zagabria hanno rimandato la proposta di mediazione avanzata da Bruxelles. Inoltre, si è capito che non avrebbero accettato il negoziatore finlandese Martti Ahtisaari come mediatore. Non appena a Lubiana si è saputo della decisione croata, c'è stata subito un'inversione di marcia. Il governo sloveno, che per primo aveva rifiutato l'iniziativa di Olli Rehn su una commissione arbitrale, ha prontamente convocato tutti i partiti del parlamento, che si sono subito impegnati ad accettare incondizionatamente ogni decisione della missione di mediazione dell'UE. A Bruxelles, quindi, la decisione di Lubiana è stata accolta con sollievo ed è stata vista come un “ragionevole cambio di posizione”.
La decisione di Zagabria di aspettare sette giorni per comunicare all'UE la propria opinione sulla missione di mediazione è stata accolta con stupore e disappunto. Olli Rehn ha subito inviato un messaggio molto chiaro a Zagabria: l'UE non accetterà ricatti da parte della Croazia. Un diplomatico si è rammaricato con i giornalisti di Jutarnji list constatando che la Croazia, da vittima, si è messa da sola nella posizione del colpevole.
“Nell'incontro di Zagabria, i vostri politici hanno imitato in toto i loro colleghi sloveni. Il premier Sanader ha usato lo stesso vocabolario del premier sloveno Pahor, mentre il presidente Mesić ha preso la stessa posizione del presidente Turk. Zoran Milanović [il leader del partito socialdemocratico, all'opposizione, ndt] ha giocato lo stesso ruolo di Janez Janša. Tutti costoro, comportandosi come gli sloveni, hanno detto che nessuno può svendere gli interessi nazionali, che non si può negoziare sui territori, che su questo argomento i politici e il popolo sono uniti. I politici croati non hanno saputo reggere la tensione imposta loro dagli sloveni e alla fine si sono lasciati provocare.
Il livello di sfiducia dimostrato nei confronti di Bruxelles, e il non voler accettare i principi fondamentali su cui si fonda l'UE, fanno preoccupare. Se a Zagabria credono che a Bruxelles nessuno abbia di meglio da fare che pensare a come danneggiarvi dal punto di vista territoriale, se ritengono a priori che Martti Ahtisaari parteggerà per la Slovenia, allora ci si domanda seriamente se siano valsi gli sforzi fatti da molti paesi affinché la Croazia entri nell'Unione. Del resto, potete immaginare quale sia stata la reazione dei paesi che hanno rifiutato la richiesta della Slovenia di rimandare l'inizio dei negoziati quando, qualche ora dopo, da Zagabria è giunta la notizia che a voler rimandare ora è il governo croato.”
I politici sloveni si guarderanno bene dal perdere il vantaggio che Lubiana ha guadagnato all'ultimo minuto. Ora, infatti, nessuno parla più dell'atteggiamento impossibile avuto finora dalla Slovenia, ma si commenta esclusivamente l'incapacità della Croazia di risolvere i conflitti con i paesi vicini attraverso i negoziati e i compromessi. Se i politici al potere hanno seguito il principio per cui di fronte all'UE e alla Slovenia è importante avanzare richieste massimaliste e tentare l'impossibile per ottenere ciò che gli spetta, allora devono aver calcolato anche quale può essere la reazione dell'opinione pubblica croata ai loro messaggi. L'esperienza con la ZERP [Zona di protezione ittico-ecologica, ndt], con cui i politici per mesi hanno fatto impazzire i cittadini, mostra nel migliore dei modi che con questo atteggiamento perdono molti più consensi. L'opinione pubblica, infatti, vivrà questa mossa come una sconfitta, proprio per gli argomenti e la retorica martellante dei politici, anche se alla fine verrà accettata una forma di arbitrato.
Fin dal primo giorno del contenzioso croato-sloveno è stato chiaro che si sarebbe giunti ad una soluzione solo tramite il compromesso e l'accordo, e che entrambe le parti devono fare alcune concessioni. Con l'arbitraggio di Ahtisaari, contrariamente alle previsioni dei politici, la Croazia non sarà danneggiata e non avrà nulla da perdere. Anzi, può ottenere molto. La posta in gioco in questa partita non è da poco. La Croazia può interrompere i negoziati con Bruxelles e continuare, se vuole, a vivere fuori dall'UE come ha fatto finora. Ma questo ha un prezzo. E non irrisorio. Per cominciare, interromperebbe le importanti riforme sociali avviate, ci inchioderebbe dal punto di vista politico e culturale alla grigia zona balcanica e, cosa più importante, sicuramente porterebbe subito ad una caduta del rating creditizio. E questo potrebbe avere delle conseguenze terribili sulla vita di ogni cittadino.