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La pace instabile

04.05.2009    Da Belgrado, scrive Danijela Nenadić
Preševo, Bujanovac e Medveđa, tre comuni a maggioranza albanese nella Serbia meridionale. Nel 2000 si era arrivati vicino ad un conflitto armato, poi la diplomazia è risultata vincente. Oggi nell’area c’è una situazione pacifica, ma manca stabilità politica ed economica
Dopo tre anni di boicottaggio, gli albanesi della Serbia meridionale tornano a partecipare ai lavori dell’Organo governativo di coordinamento dei comuni di Preševo, Bujanovac e Medveđa. Quest'ultimo era stato formato alla fine del 2000 con lo scopo di risolvere pacificamente la crisi armata e politica nella Serbia meridionale e di integrare gli albanesi nel sistema sociale, politico ed economico serbo. Il superamento della crisi è ritenuto essere il primo successo della Serbia nella soluzione dei suoi problemi etnici, e questo ha significativamente migliorato l'immagine del paese in ambito internazionale.

Preševo, Bujanovac e Medveđa - comuni a maggioranza albanese - si trovano al confine con il Kosovo. La caratteristica principale di questi tre comuni è la loro eccezionale composizione multietnica: qui vivono i rappresentanti delle tre comunità nazionali più numerose del paese, albanesi, serbi e rom. In seguito al conflitto in Kosovo e al bombardamento della Serbia del 1999, si verificarono diversi scontri armati anche nel sud della Serbia; al tempo si erano formati il cosiddetto Esercito di liberazione di Preševo, Bujanovac i Medveđa (OVPBM) e l'Organizzazione militare di liberazione del Kosovo (OVK).

Gli scontri non si sono però mai trasformati in guerra aperta, in primo luogo perché i cittadini di questi tre comuni non hanno combattuto, e in secondo luogo perché il governo di Belgrado, con l'ausilio della comunità internazionale, è riuscito a porre fine al conflitto con la diplomazia e non con le armi.

Questo è stato possibile soprattutto grazie ai cambiamenti democratici avvenuti in Serbia nel 2000. Il nuovo governo guidato dal premier Đinđić aveva dovuto in breve tempo superare una difficile e ardua prova. L’Organo di coordinamento di Preševo, Bujanovac e Medveđa fu formato il 16 dicembre 2000 al fine di coordinare il lavoro degli organi statali e dell'amministrazione locale per risolvere la crisi. Nel febbraio 2001 il governo approvò inoltre il Piano di soluzione pacifica della crisi. Ad inizio marzo dello stesso anno, poi, vi fu l'iniziativa della cosiddetta “jeep-diplomazia”: due settimane di negoziati indiretti tramite i mediatori internazionali che portarono alla firma dell'Accordo di cessate il fuoco del 13-14 marzo 2001. Il principale negoziatore in rappresentanza dello stato serbo era Nebojša Čović, allora vicepremier e primo presidente dell’Organo di coordinamento, da cui prese il nome il piano di soluzione della crisi, noto come “Piano Čović”.

Una volta riportata la pace, ha avuto inizio la fase di integrazione degli albanesi nella vita sociale, politica ed economica della Serbia, oltre che nelle istituzioni locali nelle zone in cui gli albanesi rappresentavano la maggioranza. Così gli albanesi hanno iniziato ad integrarsi nel sistema istituzionale della Serbia e, grazie alla forte pressione della comunità internazionale, alcuni dei loro partiti politici hanno partecipato alle elezioni politiche nazionali. Oggi gli interessi degli albanesi della Serbia meridionale e di tutti i cittadini di questi comuni sono rappresentati in parlamento da Riza Halimi di Preševo.

La collaborazione con Belgrado e la presenza nelle istituzioni statali resta però un punto di disaccordo tra i cosiddetti partiti politici albanesi moderati e i rappresentanti della corrente più intransigente. Ed è sulla base di questa questione che si vincono o perdono le elezioni locali.

L'altro punto dolente per i cittadini di questi tre comuni è il Kosovo. Anche se, apparentemente, la questione dello status del Kosovo è risolta, per i comuni del sud della Serbia esistono ancora numerose questioni aperte. La maggioranza della popolazione albanese “non avrebbe nulla in contrario” ad unirsi al Kosovo, e questo resta il tema chiave della “capacità di negoziazione” che rende tesi i rapporti con Belgrado. Questo fino al momento in cui, in teoria o in pratica, non si prenderà in considerazione la possibilità di dividere il Kosovo, opzione in cui gli albanesi della Serbia meridionale vedrebbero una possibilità per uno “scambio legale” di territori.

Anche se la comunità internazionale ha chiaramente affermato che non verranno modificati i confini ed ha ripetuto a più riprese, in particolare in prossimità delle elezioni, che il sud della Serbia è e resterà parte della Serbia, i politici albanesi, in ogni loro dichiarazione, fanno riferimento alla possibilità di unirsi al Kosovo.

La pace c'è, ma è ancora fragile: i serbi locali non partecipano alle attività delle autorità locali, gli albanesi sono recalcitranti a far parte delle istituzioni statali, che hanno propri uffici a Preševo, Bujanovac e Medveđa.

E' in questo contesto che va collocata la sospensione dei lavori dell’Organo di coordinamento, durata quasi tre anni. In questo lasso di tempo gli albanesi non hanno partecipato ad alcuna iniziativa decisionale; quest'organo governativo è servito soltanto come “contenitore“ per versare denaro ai tre comuni. Il nuovo presidente, il ministro per l'Amministrazione statale e locale Milan Marković, che ha assunto l'incarico a settembre 2008, è deciso però ora a lavorare solamente “con il supporto e l'aiuto di albanesi e serbi che vivono in questi tre comuni“.

I negoziati per garantire nuovamente la partecipazione della componente albanese ai lavori dell’Organo di coordinamento sono iniziati già lo scorso ottobre, ma le due parti non sono riuscite a raggiungere un consenso. Per questo è stata nuovamente chiamata ad intervenire la comunità internazionale. Grazie al sostegno e alle consultazioni dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), è stato raggiunto infine un accordo che prevede il ritorno degli albanesi nell’Organo di coordinamento, la decisione congiunta di serbi e albanesi per tutte le questioni importanti per i cittadini dei tre comuni e si è stabilita inoltre la partecipazione responsabile dei serbi negli organi dell’amministrazione locale e degli albanesi nelle istituzioni statali a livello locale. L'accordo stabilisce che il referente dell’Organo di coordinamento venga scelto tra gli albanesi e che tutte le decisioni vengano prese su base consensuale.

Il raggiungimento dell'accordo è stato accolto positivamente dalla maggior parte della popolazione. Ma non da tutti. A Preševo Ragmi Mustafa, presidente del Partito democratico albanese (DPA), ha deciso di uscire dal governo locale a causa della “cattiva negoziazione con Belgrado e la partecipazione all’Organo di coordinamento”, dividendo sulla questione la coalizione dei partiti albanesi.

Ragmi Mustafa ha insistito sul fatto che con Belgrado, prima di ogni cosa, vadano sciolti i nodi relativi al problema dei diplomi con il simbolo della Repubblica del Kosovo e l'utilizzo di simboli nazionali albanesi. Questo, in base alla Costituzione, spetterebbe al Consiglio della comunità nazionale, ma gli albanesi, per motivi politici, sono gli unici a non averlo ancora formato.

Riza Halimi, del Partito d'azione democratica (PDD), afferma che Ragmi Mustafa ha trovato solo un pretesto per rompere la coalizione. Halimi sostiene che “Mustafa ha considerato una sola frase dell'accordo, quella che prevede la partecipazione dei serbi alle autorità locali”. Secondo le sue dichiarazioni a Mustafa avrebbe dato fastidio che l'incarico di vicepresidente venga affidato ad un rappresentante della comunità serba; “Se nel parlamento serbo i vicepresidenti vengono dalle fila dell'opposizione, non vedo dunque il problema se lo stesso avviene anche a Preševo”, ha affermato Halimi al quotidiano serbo Blic.

Ragmi Mustafa è noto all'opinione pubblica come il politico locale che più si oppone alla partecipazione degli albanesi alle istituzioni statali. Il suo partito partecipa regolarmente alle elezioni locali, ma mai a quelle a livello nazionale.

A Preševo le carte sono quindi nuovamente mescolate. Nei prossimi giorni si attende una soluzione della situazione, in un verso o nell'altro: o a favore dei “moderati” di Riza Halimi, se troveranno dei partner per formare una nuova maggioranza, oppure a favore di Ragmi Mustafa, se riuscirà a portare gli altri partiti dalla sua parte. E dalla situazione a Preševo dipenderà anche la continuazione dei lavori dell’Organo di coordinamento e degli investimenti nel sud della Serbia.

In questo momento, inoltre, i tre comuni sono colpiti da enormi problemi economici: disoccupazione, povertà ed emigrazione. Secondo i dati dell’Organo di coordinamento, tra il 2000 e il 2008 il governo serbo ha investito in questa zona oltre 64 milioni di euro a cui vanno aggiunti i fondi stanziati dalla comunità internazionale, anche se non sono stati raccolti tutti i dati al riguardo. Tuttavia, questo non è stato sufficiente per rafforzare la situazione economica di questi tre comuni, né per ridurre povertà e disoccupazione, e quest’area resta ancora una “macchia nera” sulla cartina della Serbia.
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