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Disgelo

09.12.2009    Da Belgrado, scrive Aleksandra Mijalković
Guido Andolfato/flickr
Dopo oltre un anno l’Ue ha deciso il 7 dicembre scorso di scongelare l’Accordo commerciale ad interim con la Serbia, un passo verso il più ampio Accordo di associazione e stabilizzazione. I progressi del Paese e le reazioni da Belgrado
Dal primo gennaio del prossimo anno entrerà in vigore l’Accordo commerciale ad interim tra l’Unione europea e la Serbia. La decisione è stata assunta dai capi della diplomazia dell’Ue il 7 dicembre scorso a Bruxelles, dopo gli esiti positivi del rapporto del capo procuratore del Tribunale dell’Aja, Serge Brammertz, che confermava che il governo di Belgrado negli ultimi sei mesi ha fatto rilevanti progressi nella collaborazione con il tribunale.

I ministri degli Esteri dei 27 paesi Ue hanno ritenuto che la Serbia sta portando avanti con efficacia riforme cruciali e che sono ormai state raggiunte le condizioni per lo “scongelamento” dell’accordo commerciale, applicato unilateralmente dalla Serbia dal 30 gennaio 2009. I ministri dell’Ue hanno accolto con favore l’avanzamento della Serbia nell’ambito dell’integrazione europea e hanno ribadito che il Paese possiede “forti capacità nell’amministrazione statale” con le quali può rendere più veloce l’avanzamento verso l’Ue, compreso l’ottenimento dello status di candidato.

Prima della decisione di scongelare l’Accordo commerciale ad interim, che la Serbia e l’Ue hanno siglato il 29 aprile dello scorso anno, ma che era rimasto sulla carta per via delle richieste dell’Olanda circa la necessità di consegnare al Tribunale dell’Aja i due restanti latitanti (Mladić e Hadžić, ndt.), in Serbia la maggior parte degli esperti d’integrazione europea riteneva che la presentazione della candidatura a membro dell’Ue sarebbe stata prematura e forse persino controproducente. Ora, invece, anche loro - così come i partiti di governo e i politici filo europei - consigliano alla Serbia di accelerare verso lo status di candidato, anche se la durata del processo di negoziazione potrà durare a lungo.

La collaborazione con EULEX
I ministri degli Esteri europei durante il vertice di Bruxelles hanno invitato la Serbia a proseguire con le riforme, in particolare negli ambiti dello stato di diritto e della lotta alla corruzione, così come ad accelerare le riforme economiche. Inoltre alla Serbia hanno ricordato la necessità di “adottare un atteggiamento costruttivo nella collaborazione regionale”, in particolare con Eulex nel Kosovo settentrionale.
Il primo passaggio sarà la ratifica dell’Accordo di associazione e stabilizzazione (Asa) presso tutti i membri dell’Unione (per il quale si calcola potrebbe essere necessario un anno, forse anche di più), e poi c’è sempre la condizionalità legata alla collaborazione con il Tribunale dell'Aja, rispetto alla quale l'Olanda non ha smesso di insistere.

Il ministro olandese degli Esteri, Maxime Verhagen, anche questa volta, commentando ai giornalisti la notizia dello “scongelamento” dell’accordo commerciale con la Serbia, ha avuto modo di ribadire che è “necessario continuare ad esercitare pressione su Belgrado per far sì che il governo prosegua con la stessa intensità la collaborazione con il Tribunale dell’Aja” e ha avvertito che se nel frattempo non dovessero essere arrestati i restanti latitanti “allora per il proseguimento della collaborazione tra la Serbia e l’Ue nel giugno 2010 sarà di fondamentale importanza la valutazione del capo procuratore dell’Aja Serge Brammertz”. A questo proposito il capo della diplomazia olandese ritiene che sia prematura la richiesta dello status di paese candidato prima ancora che inizi la procedura di ratifica dell’Asa e che venga ben valutata l’implementazione dell’Accordo commerciale ad interim.

Il relatore per la Serbia presso il Parlamento europeo, Jelko Kacin, è convinto che l’Ue con questa decisione “abbia indirettamente suggerito ad alcuni paesi membri che non hanno il potere di offrire alla Serbia, a nome dell’Ue, un'irreale e in questo momento irrealizzabile promessa, fondata su valutazioni, decisioni e mosse premature per la sua strada verso l’Ue”. Kacin ha inoltre invitato tutte le forze politiche serbe a “migliorare e aumentare la collaborazione nel progetto strategico nazionale di avvicinamento e piena integrazione della Serbia nell’Ue”.

L'opinione pubblica serba ha accolto con grande soddisfazione l’annuncio dello sblocco dell’accordo commerciale con l’Ue, ritenendo che non si tratta solo di un grande incoraggiamento per il Paese verso la “strada europea”, ma anche una garanzia per gli esportatori serbi di poter continuare ad esportare i propri prodotti senza dazi e per gli altri imprenditori uno stimolo ad accelerare l’adeguamento alle prescrizioni dell’Ue e alle condizioni del mercato comune.

Dell’accordo possono ritenersi soddisfatti anche gli agricoltori, i quali fino ad ora hanno esportato nell’Ue la metà delle loro produzioni agricole. Ci si aspetta inoltre che l’implementazione bilaterale dell’accordo, per via della sicurezza delle esportazioni della Serbia verso l’Ue, agirà positivamente da fattore di attrazione per gli investitori stranieri. Il presidente della Camera di commercio della Serbia, Miloš Bugarin, ritiene che il primo effetto dell’implementazione dell’accordo potrebbe essere la diminuzione del deficit commerciale con l’Unione.

I cittadini serbi hanno accolto la notizia dello scongelamento dell’Accordo commerciale come conferma che il Paese è sulla buona strada e che l’Unione intende accogliere la Serbia tra i suoi membri, anche se la notizia ha suscitato un minore entusiasmo rispetto alla precedente decisione di Bruxelles di eliminare i visti per i cittadini serbi. Il passaggio, a lungo atteso, dalla “lista nera” a quella “bianca” di Schengen ha reso enormemente felici gli abitanti della Serbia, i quali, dopo aver fatto i conti con la forte crisi economica e sociale e con un evidente calo di “euroentusiasmo”, hanno interpretato la decisione dell’Ue non tanto come un premio o un regalo, ma bensì come una correzione dell’ingiustizia ventennale e il ritorno allo status che da tempo gli era stato tolto: viaggiare liberamente in Europa e sentirsi equiparati al resto dei cittadini europei.
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