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Pochi a Istanbul contro il Papa

28.11.2006    Da Istanbul, scrive Fabio Salomoni

Non erano un milione, ma circa 20.000 le persone che hanno risposto all'appello di Erbakan a manifestare contro la visita del Papa in Turchia. Vero obiettivo della manifestazione la campagna elettorale del 2007. Gli slogan e le voci dei dimostranti, nostro servizio
La manifestazione di Saadet
Domenica, mezzogiorno. La piazza che deve ospitare la manifestazione contro l’arrivo del Papa organizzata dal partito Saadet, è ancora semivuota. Ci vorrà almeno un’altra ora perchè si riempia, 20.000 persone al massimo, cifre ben lontane dalle previsioni degli organizzatori che miravano a mobilitare un milione di persone. E non tutti gli arrivati dell’ultima ora mostrano di avere le idee chiare su quanto sta succedendo. Un corpulento signore a cui chiedo perchè è venuto fin qui dal popolare quaritiere di Bayrampasa, mi risponde sorpreso: “Bah, non ne so molto, chiedilo ai miei amici, io ho sentito dire che vogliono riaprire la basilica di Santa Sofia”.

I rappresentanti dei media internazionali invece sono ovunque. Un’occasione che gli organizzatori non si sono certo lasciati scappare e numerosi striscioni e cartelli nella piazza sono proprio in inglese, a beneficio dell’audience internazionale. “Rispetta il nostro profeta”; “America assassina vattene dal Medio Oriente”; “Papa go home”. Nel settore riservato alle donne, separato dal resto della piazza, spicca la figura di una matronale signora con il capo coperto dal velo che, circondata dai suoi figli, regge un cartello con una citazione in inglese di Soren Kierkegaard: “You spit on the tomb of Jesus”. E’ una folla abbastanza omogenea, tra cui moltissimi giovani, proveniente dai quartieri popolari della città. Si tratta in prevalenza di militanti o simpatizzanti del partito, operai, lavoratori del settore informale, piccoli commercianti. Sono i fedelissimi del leader storico dell’islam politico turco, Necmettin Erbakan. Al momento della chiusura del partito Fazilet da parte dei militari, hanno deciso di seguirlo nel nuovo partito Saadet, rifiutandosi di aderire al Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), creazione dell’ex delfino di Erbakan, Tayip Erdogan, che molti qui considerano un traditore della causa. Ed infatti quando la figura di Erdogan compare sul megaschermo a lato del palco, parte una salva di fischi. Un signore dietro di me commenta a voce alta: “Ecco lì, il capo dei preti, disonorato!”.

Bandiere e soprattutto musica ad altissimo volume non possono mancare, come in ogni comizio politico in Turchia. Non ci sono volti sfigurati dall’odio, appelli alla guerra santa o bandiere bruciate. L’atmosfera è invece estremamente distesa e nessuno si sottrae alle domande. Bilal è il giovane segretario dell’associazione giovanile del partito, viene da Izmit, un centro industriale a sud di Istanbul. La sua è un’analisi da aspirante politico: “Il Papa ha offeso il nostro Profeta. L’Europa critica spesso la Turchia in tema di diritti umani, ha ragione, ma dovrebbe guardare anche a sè stessa. Guarda quello che è successo con le caricature in Danimarca. Se l’Europa è veramente la terra delle libertà che dice di essere dovrebbe fare in modo che i cattolici non insultino il nostro Profeta. Il Papa ci deve almeno delle scuse”.

Un’altra bordata di fischi, più forte della precedente, accompagna la comparsa del Papa sul megaschermo. Un gruppo di uomini, proveniente anch’esso da Bayrampasa, mentre mi riempie le tasche di nocciole tostate insiste sulla questione delle offese al Profeta: “Siamo qui perchè questo Papa ha offeso la nostra religione e il nostro Profeta. Prima di lui sono venuti altri due Papi in Turchia e non abbiamo detto niente”. Anche con Recep, sorridente operaio di Esenler, venuto con la moglie e le due figlie, si ritorna al tema delle offese: “Siamo venuti per protestare contro il Papa che insulta il nostro Profeta”. Recep non crede che la visita del Papa rappresenti un pericolo per la Turchia: “Perchè dovrebbe essere un pericolo? Il Papa viene e poi ritorna a casa, nessun pericolo”.

Sul palco intanto si susseguono gli interventi dei dirigenti del partito che salutano i presenti come “i nipoti di Fatih il Sultano, conquistatore di Costantinopoli”. I toni sono spesso molto più eccitati rispetto all’atmosfera che si respira tra i manifestanti. D’obbligo i riferimenti al Papa che offende il profeta ma si va oltre. Per il segretario del partito, Recai Kutan, “le parole del capo del Vaticano sono un vero e proprio manifesto politico. Sono una minaccia, non a titolo individuale, ma parte di un piano diabolico”. Per Kutan l’Occidente, dopo la fine del comunismo, ha bisogno di un nuovo nemico e l’ha trovato nell’Islam. Kutan cita anche Berlusconi e le sue dichiarazioni sulla civiltà islamica come civiltà inferiore: “Credete che sia un caso che dopo queste dichiarazioni siano cominciati gli attacchi ai paesi musulmani?”. Poi tocca al governo Erdogan e all’Unione Europea, e appare chiaro il vero obbiettivo della manifestazione: sfruttare la visita del Papa per dare il via alla campagna elettorale per le politiche del 2007. La prima promessa del partito è quella di adoperarsi per la riapertura alla preghiera musulmana della basilica di Santa Sofia, da 71 anni trasformata in un museo. Kutan conclude il suo intervento chiedendo retoricamente alla folla: “Volete che il Papa venga in Turchia?” e per tre volte la folla urla il suo no.

Il gran finale è riservato all’intervento in video di Necmettin Erbakan, al quale è proibito partecipare a manifestazioni politiche. Il grande entusiasmo che accoglie il suo intervento, cominciato lodando la compostezza e le virtù democratiche dei presenti, si stempera velocemente quando si lancia in una soporifera citazione letterale delle dichiarazioni di Benedetto XVI a Ratisbona. La folla, lentamente, comincia ad abbandonare la piazza, anche perchè le moschee intorno chiamano i fedeli alla pregiera. Erbakan conclude sottolineando come il no di oggi al Papa è anche un no all’Unione Europea. Niente di nuovo se ricordiamo che fu proprio Erbakan, agli inizi degli anni ’70, a coniare lo slogan “Europa, club cristiano” che tanta popolarità ha avuto tra tutti coloro che guardavano con diffidenza alla Comunità Europea.

Alle 15.00 è tutto finito, la piazza si svuota velocemente e l’ultimo commento della giornata è di un poliziotto che osserva sfilare la folla: “Certo che il Papa deve venire, non sono contrario. Se però fosse venuto qualche mese dopo sarebbe stato meglio. Venire poco dopo aver detto quello cose sul Profeta fa nascere nella gente il sospetto che ci sia sotto qualcosa”.
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