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Macedonia e Kosovo, vecchi nuovi vicini

14.02.2007    Da Skopje, scrive Risto Karajkov

Il governo macedone reagisce positivamente al piano di Ahtisaari per la soluzione del futuro del Kosovo. I vertici politici escludono che la proposta dell’inviato dell’ONU possa destabilizzare la Macedonia. Ribadita però l’importanza della definizione dei confini
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta

“...Dopo tutto la Macedonia ora ha un nuovo vicino, e dobbiamo ammettere che avere un nuovo vicino è una buona cosa”.

In questo modo nel suo articolo settimanale Teuta Arifi, importante esponente dell’Unione democratica per l’integrazione (DUI), guidata dall’ex guerrigliero Ali Ahmeti, commentava la scorsa settimana il piano presentato da Martti Ahtisaari.

In Macedonia, nel complesso, le reazioni al piano a lungo atteso dell’inviato dell’ONU sono positive. L’impressione generale è che la Macedonia si allinea alle posizioni della comunità internazionale e ancora più spera che lo status finale del suo vicino settentrionale porti a una maggiore stabilità nella regione. O che comunque metta fine al protrarsi nel tempo di uno status quo che genera instabilità.

“La Macedonia non si aspetta violenze nella regione dopo la presentazione della proposta di Ahtisaari per il Kosovo [una speranza già vanificata nel momento in cui si pubblica questo testo], ma ritiene che il peggior scenario possibile sarebbe il mantenimento dello status quo”, ha detto il ministro della Difesa macedone Lazar Elenovski ad una conferenza del Centro studi strategici ed internazionali (CSIS), un think tank che ha sede a Washington, DC. Il ministro Elenovski ha aggiunto che la posizione della Macedonia sarà quella di continuare a supportare l’agenda di Ahtisaari per il Kosovo. La dichiarazione di Elenovski ha fatto sì che il rappresentante serbo al meeting lasciasse la conferenza.

Elenovski stava puramente riferendo quella che è la piattaforma politica condivisa da tutto il sistema politico macedone.

“Le soluzioni proposte da Martti Ahtisaari per lo status finale del Kosovo non minacciano gli interessi nazionali della Macedonia”, ha affermato il presidente Branko Crvenkovski durante la sua visita a Tetovo la scorsa settimana. Ha aggiunto che “il procedimento di definizione del documento è attualmente in corso; ci si attendono suggerimenti da entrambe le parti, e solo dopo di ciò si raggiungerà una soluzione finale”.

Il presidente Crvenkovski ha fatto poi riferimento al tema della definizione del confine tra Macedonia e Kosovo, una questione da tempo insoluta nelle relazioni bilaterali tra i due vicini [e di cui già in passato si è occupato Osservatorio sui Balcani], nonché uno degli elementi della proposta di Ahtisaari.

“Per noi è bene che si inizi a definire il confine. Era una delle questioni rimaste aperte”, ha detto Crvenkovski.

Il presidente ha respinto i dubbi sollevati da alcuni giornalisti sugli scenari che potrebbero risultare dalla definizione dello status finale della provincia, e che potrebbero coinvolgere anche la Macedonia. “La Macedonia non fa parte del problema né della soluzione”, ha dichiarato. “Il nostro interesse è la stabilità politica della regione, la nostra aspettativa è la creazione in Kosovo di istituzioni funzionali”.

Il governo macedone ha potuto dare una prima scorsa al piano di Ahtisaari proprio grazie a politici kosovari. Un giorno prima della presentazione del piano Hashim Taci, leader dell’opposizione nella provincia e membro del team negoziale del Kosovo, incontrò il Primo ministro Nikola Gruevski per metterlo a conoscenza del contenuto del piano.

Il riscontro proveniente dal gabinetto di governo di Gruevski è stato nel complesso positivo. Il governo macedone è stato il primo governo nella regione ad appoggiare il piano. La proposta di Ahtisaari prevede una specifica “road map” per la delimitazione del confine comune.

“Il documento fissa specificamente scadenze cronologiche, condizioni e metodologie per la delimitazione del confine, il che non lascia spazio per possibili dispute. Nei prossimi 120 giorni dovremo formare una commissione congiunta, che comprenderà anche un rappresentante internazionale, ed entro un anno dalla formazione della commissione la delimitazione dev’essere completata”, ha dichiarato il Primo ministro Gruevski dopo l’incontro con Taci.

“Dopo questo documento, la definizione del confine si riduce davvero ad una questione tecnica, e non lascia spazio per ulteriori problemi. Voglio sottolineare che questo è un investimento dell’UE, degli Stati Uniti e della comunità internazionale nella stabilità della regione, e con questo documento noi diamo l’avvio alla soluzione finale di una questione che è stata per anni fonte di tensione”, ha aggiunto il Primo ministro Gruevski.

Taci è stato ricevuto anche dal presidente del parlamento, Ljubisha Georgievski.

“Noi tutti siamo felici che finalmente si compia l’epilogo del grande dramma della dissoluzione della Jugoslavia”, ha detto Georgievski.

Da parte sua Arben Xhaferi, leader del partner albanese di governo, il Partito democratico degli albanesi (DPA), che ha ospitato Taci durante la sua visita, ha dichiarato che “c’è bisogno di supportare la posizione di Taci in questi importanti momenti, ma anche quella del team negoziale del Kosovo, che si è assunto la responsabilità del completamento del lungo processo storico dell’indipendenza del Kosovo”.

Tito Petkovski, leader dei Nuovi Socialdemocratici, partner di minoranza nella coalizione di governo, è stato l’unico che ha rilasciato dichiarazioni più caute. In un commento separato ha auspicato una politica più attiva e ha premuto per una rapida demarcazione del confine “per evitare il timore di possibili infiltrazioni di gruppi dal Kosovo, il che potrebbe destabilizzare il Paese”.

Molti tendono a credere che la fine del processo del Kosovo sia il tassello finale della frattura della Jugoslavia. Simili alle dichiarazioni del portavoce del parlamento, Georgievski, sono state quelle rilasciate a Radio Deutsche Welle dal giovane ministro degli Esteri, Antonio Milososki:

“La dissoluzione della Jugoslavia iniziò con la crisi del Kosovo nel 1981 ed ora si concluderà con la soluzione del problema del Kosovo. Questa sarà la fine dell’effetto domino”, ha affermato Milososki. Ha aggiunto che la Macedonia non era in alcun modo parte del problema del Kosovo creato da Milosevic.

Ci sono alcuni politici che pensano invece che le cose non stiano proprio così. Il Partito nazionalista radicale macedone, TMRO, ha indetto una conferenza stampa per sostenere l’esatto contrario.

“Il Kosovo non è la fine della dissoluzione della SFRJ. La Macedonia ne ricava un nuovo-vecchio vicino al nord, che ha delle pretese sul territorio macedone che si rafforzeranno a causa del confine non ancora delimitato”, ha affermato il presidente del TMRO, Vanco Shehtanski.

“Ricordiamo al ministro degli Esteri Milososki che l’effetto domino sui Balcani avrà fine con la questione macedone”, ha aggiunto Shehtanski. Ha chiesto poi al governo di affrontare l’argomento in una conferenza per i Balcani. Ha chiesto inoltre il supporto degli USA in quanto “veri alleati” della Macedonia, in contrapposizione all’UE, e ha esposto la bandiera americana durante la sua conferenza stampa.

“..Nel corso degli ultimi anni, grazie all’accordo-quadro Ohrid e al rafforzamento della cooperazione economica, la questione dell’indipendenza del Kosovo è sempre meno un tema che possa creare divisioni tra macedoni ed albanesi, e sempre più una questione di realtà politica, perché tutti hanno capito che verrà il giorno in cui sarà offerta una soluzione per lo status finale del Kosovo”, conclude la Arifi nel suo articolo.

Chiaramente non c’è molto entusiasmo in Macedonia su quanto sta accadendo in Kosovo. Ma non ci sono resistenze, anche solo in confronto a pochi anni fa. Al contrario, sembra esserci una volontà di supporto.
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