Conto alla rovescia
18.06.2007
scrive Luka Zanoni
Vlastimir Djordjevic (archivio)
Scendono a quattro i latitanti che il Tribunale dell’Aja accusa di crimini di guerra. Dopo il recente arresto del generale Zdravko Tolimir, ieri in Montenegro la polizia ha catturato il generale Vlastimir Djordjevic
A poco più di due settimane dalla cattura di uno dei latitanti del Tribunale dell’Aja, il generale Zdravko Tolimir, ieri un altro latitante è stato arresto e condotto nel carcere di Scheveningen. Si tratta del generale Vlastimir Djordjevic, ex assistente del ministero dell’Interno e capo della pubblica sicurezza dal 1997 al 2001 anno in cui scomparve misteriosamente senza lasciare tracce. Da allora si è sempre pensato, anche sulla base delle informazioni rese note dal Tribunale dell’Aja, che Djordjevic fosse nascosto in Russia.
La sorpresa però è arrivata domenica mattina. “Sulla base di conoscenze operative, la polizia con la collaborazione dell’Agenzia per la sicurezza nazionale e il Tribunale dell’Aja ha organizzato una azione di polizia durata più giorni durante la quale ieri di primo mattino, sotto falso nome, è stato arrestato a Budva il cittadino della Repubblica della Serbia Vlastimir Djordjevic”, ha detto al belgradese “Politika” la portavoce della polizia montenegrina Tamara Popovic.
A molti non è chiaro come mai Djordjevic si trovasse in Montenegro, sotto falso nome (Novica Karadzic), camuffato da una lunga barba e da imprenditore edile, anche perché da anni i vertici montenegrini vanno affermando che sul territorio del Montenegro non si trova alcun accusato dell’Aja.
Alcune indiscrezioni pubblicate dal quotidiano “Politika” riferiscono che Djordjevic sia stato portato in Montenegro dall’intelligence russa e che in relazione a questo caso va posta anche la visita fatta la scorsa settimana dal capo dell’intelligence russa, Sergej Lebedev, nella capitale montenegrina e a Budva. Indiscrezioni riportate anche dal quotidiano montenegrino “Vijesti” secondo il quale Lebedev “ha trascorso qualche giorno a Podgorica e Budva su invito dell’Agenzia nazionale per la sicurezza, dove ha avuto una serie di colloqui coi capi dei servizi di sicurezza montenegrini. Ma dal governo di Podgorica fino ad ora non è giunta alcuna comunicazione su questa visita né è emerso in pubblico alcun dettaglio a proposito di questi incontri”.
Sia come sia, il generale serbo, accusato dall’Aja per crimini di guerra durante il conflitto in Kosovo, accusato di aver cacciato 800.000 albanesi kosovari durante il 1999, al tempo del bombardamento NATO, e ritenuto responsabile dell’operazione di trasferimento di 86 cadaveri dal Kosovo alla Serbia, trovati nei camion frigoriferi nel Danubio, presso Batajnica, fa scendere a 4 il numero dei latitanti ricercati dal Tribunale dell’Aja.
Sulla lista del tribunale internazionale figurano infatti ancora, Ratko Mladic, Radovan Karadzic, Goran Hadzic, Stojan Zupljanin.
Ciò che sta accadendo in Serbia in queste settimane ricorda molto da vicino quanto accadde in Croazia alla fine del 2005. Nell’ottobre di quell’anno Carla del Ponte stupì l’opinione pubblica locale e internazionale affermando che la Croazia “stava collaborando”, nonostante il latitante croato numero uno, Ante Gotovina, nonché vero ostacolo della Croazia verso il cammino dell’UE, non fosse ancora stato arrestato. Fino a poco tempo prima la procuratrice capo del tribunale dell’Aja aveva a più riprese insistito sulla mancata collaborazione della Croazia e sul fatto che non si potesse far avanzare il paese lungo il percorso europeo. Tuttavia il cambio d’opinione repentino della Del Ponte fu seguito dall’arresto, in dicembre, del generale Gotovina, fatto che fruttò alla Croazia lo status di candidato all’UE.
Pare quindi che oggi la Serbia si trovi in una situazione per certi versi analoga a quella della Croazia di due anni fa. Dopo reiterate lamentele sulla mancata collaborazione del governo serbo con il Tribunale dell’Aja, Carla del Ponte all’inizio di giugno, durante la visita a Belgrado, si è complimentata con il nuovo governo, che prontamente ha consegnato il generale Tolimir, e ha stretto la mano al capo dell’intelligence serba, Rade Bulatovic, una cosa impensabile solo qualche mese fa.
Una ventata di ottimismo che la procuratrice capo ripeterà oggi al palazzo di vetro dell’ONU in occasione della presentazione del rapporto sulla collaborazione con la Serbia. La ripresa della collaborazione con l’Aja ha spinto anche l’UE a riavviare i negoziati per l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione, lo scorso 13 giugno, negoziati che erano bloccati da 13 mesi a causa della mancata collaborazione col TPI.
Tutto lascia pensare che il governo serbo sia ormai deciso a procedere di passo spedito verso la conclusione della questione relativa ai latitanti dell’Aja. E non è da escludere, come ha ribadito la direttrice del Centro per il diritto umanitario, Natasa Kandic, che “Ratko Mladic venga a breve arrestato”.
Il conto alla rovescia sembra ormai innescato, anche se dal presidente serbo Boris Tadic è giunto il rifiuto per qualsiasi appesantimento nel processo di collaborazione con il tribunale dell’Aja con nuove richieste. “Negli ultimi giorni si parla di Radovan Karadzic come di un nuovo obbligo della Serbia rispetto al Tribunale dell’Aja, ma non esiste alcun serio indizio che Karadzic sia mai stato visto in Serbia”, ha detto il presidente Tadic alle telecamere di Pink Tv.
Dal canto suo Rasim Ljajic, presidente del Consiglio nazionale per la collaborazione con il Tribunale dell’Aja, durante il notiziario di TV B92, ha ribadito che sono in corso intensive operazioni di localizzazione dei tre rimanenti latitanti che si crede risiedano in Serbia: Mladic, Hadzic e Zupljanin.