Il mito delle origini
20.08.2007
scrive Marjola Rukaj
Il mito degli antichi Illiri o degli sconosciuti Pelasgi pre-ellenici. In Albania trova ottimo seguito una versione del nazionalismo d'epoca comunista seppur spogliata della forte ideologia politica. Un nostro approfondimento
In Albania dopo la caduta del regime il nazionalismo venne totalmente screditato e divenne in qualche modo sinonimo dell’isolamento, del passato e un brutto ricordo improduttivo per il nuovo sistema di valori pragmatici e almeno in principio democratici.
Prese piede in seguito una lunga campagna demistificatrice del passato dove si trovò il coraggio di mettere in discussione e persino di smentire del tutto i miti nazionalistici strausati. Fu anche archiviata la tanto temuta Grande Albania rivelatasi un sogno utopico controproducente, per un verso a causa della poca coesione tra gli albanesi in Albania e quelli nei territori ex-jugoslavi, e le differenze culturali e linguistiche tra di loro, e d’altra parte a causa dell’eurofilia albanese che vuole tutti gli albanesi insieme in una UE senza frontiere.
E’ venuta a crearsi in tal modo una corrente di intellettuali critici e anticonformisti rispetto all’accademicismo di Tirana, giovani dalla formazione cosmopolita.
Così nelle librerie albanesi è facile trovare opere come “I serbi e gli albanesi” di Milan Sufflay che analizza approfonditamente la simbiosi serbo-albanese prima dell’era dei nazionalismi, e persino opere stravaganti come quelle dell’intellettuale montenegrino Kapllan Resuli (Burovich), il quale tende persino a scomporre la nazione albanese nei vari gruppi etnici balcanici con cui gli albanesi sono venuti in contatto e che sostiene che l’albanese sarebbe diventata una lingua slava se non fosse stato per l’invasione turca che interruppe il processo di slavizzazione.
Ma al contempo da anni si sviluppa, trovando ottimo seguito, una albanistica alternativa che sembra una versione estemporanea del nazionalismo di stampo comunista spogliata solo della forte ideologia politica. Sono una serie di studiosi albanesi e non che sostengono e sviluppano tesi fanta-storiche e fanta-linguistiche basandosi sul mito albanese degli antenati autoctoni nei Balcani che siano essi gli Illiri o gli sconosciuti Pelasgi pre-ellenici.
La studiosa albanese Nermin Vlora Falaschi, nipote dello statista Ismail Qemal Bej Vlora che issò la bandiera dell’Albania indipendente a Valona il 28 novembre 1912, sostiene che gli etruschi di cui non si conosce la terra di provenienza altro non erano che pelasgi, ed essendo i pelasgi ascendenti degli illiri che a loro volta erano albanesi, ne deduce che gli etruschi erano semplicemente albanesi.
Falaschi riesce ad avvalersi di una serie di interpretazioni di scritti etruschi incomprensibili che spiega tramite l’albanese moderno, non risparmiando espressioni molto colloquiali e recenti e persino i turchismi che sarebbero secondo lei pelasgismi e non viceversa. Con delle speculazioni acrobatiche riesce a espandere la presenza dei pelasgi in tutte le popolazioni europee facendo di loro gli antenati di tutta l’Europa.
In modo analogo Robert d’Angéley, francese di madre albanese, individua nei pelasgi non solo l’origine perfettamente intatta degli albanesi di oggi ma si spinge anche oltre albanizzando tutta la mitologia greca con interpretazioni etimologiche che riuscirebbero molto facili e divertenti come passatempo a tutti gli albanofoni.
Mentre Giuseppe Catapano individua nell’albanese parole incomprensibili pronunciate da Cristo, deducendo che l’albanese è una lingua sacra, una lingua delle origini che parlavano gli antichi egizi e persino i maya e altri indios nell’America latina.
La lista degli pseudo-studiosi è molto lunga ed essendo le tesi sensazionali e di facile assorbimento da chiunque, sono ben più conosciute in pubblico dei veri sviluppi dell’albanistica istituzionale ridotta ormai a essere accessibile solo a una ristretta élite di esperti.
E’ preoccupante vedere che simili tesi abbiano entusiasmato al punto da divenire convinzione inconfutabile nei forum panalbanesi su internet dove si usa scaricare le frustrazioni nazionaliste, specie degli albanesi che vivono all’estero, visto che convinzioni del genere creano un orgoglio e un senso di superiorità irrazionale. Ma anche in Albania le case editrici pare ne traggano gran profitto tanto da indurre linguisti di prestigio a pubblicizzarne le vendite.
Molti analisti vedono dietro la pelasgo-mania solo un complesso di inferiorità degli albanesi dovuto alla consapevolezza che a livello internazionale l’Albania sia percepita come uno sconosciuto di poco prestigio.
Tale complesso fa sì che si cerchi di mettere in luce il più possibile il contributo che gli albanesi hanno dato alla civiltà europea. Si spiega nella stessa ottica la tendenza, che riguarda anche altri paesi balcanici, di costruire siti internet e pubblicare libri con infinite liste di personalità internazionalmente rilevanti in ogni campo che abbiano avuto qualche legame anche remoto con l’Albania.
Non stupisce quindi l’interesse per una tale letteratura che eredita dal nazionalismo albanese la sua natura essenziale esattamente come è stato posto in essere dal movimento nazional-romantico della Rilindja a fine ‘800, cristallizzato e istituzionalizzato in seguito dall’Accademia Albanese delle Scienze.
Si riprende il mito delle origini con lo stesso ardore dei romantici che, per legittimare l’esistenza dello stato albanese, contrapponevano alla giovane età della nazione albanese, l’antichità delle origini e il mito delle popolazioni antiche come voleva la tendenza romantica.
Furono infatti gli esponenti della Rilindja a lanciare la tesi dei pelasgi quale popolazione autoctona e in seguito anche degli illiri - diretti antenati degli albanesi, in mancanza di un passato glorioso da mettere in risalto. D’altra parte i pelasgi in quanto mito non sono sfuggiti neanche ad altri romantici della stessa epoca. Infatti Adam Mickiewicz, conosciuto come lo scopritore degli slavi, mettendo insieme varie testimonianze di autori antichi sulla slavizzazione dei Balcani molto prima di quanto si dica di solito, deduceva che i pelasgi in realtà erano slavi.
Elemento tipico del nazionalismo albanese è anche l’importanza che viene data alla speculazione linguistica, essendo la lingua l’unico elemento oggettivo che possa tenere gli albanesi insieme, ragione per cui è stata tanto enfatizzata dai romantici albanesi al punto da darle le sembianze di una religione da sostituirsi a tutte le altre.
Basti ricordare il fulcro della tolleranza inter-religiosa albanese “la religione dell’albanese è l’albanità”. Sono numerosissime le poesie romantiche dove si inneggia alla lingua albanese venerandola e lodandola come se fosse una divinità. Il filo rosso che lega tutte le tesi sui pelasgi e le varie derivazioni è lo stesso senso di superiorità e di unicità rispetto alle nazioni vicine, che viene accettato in modo del tutto irrazionale.
Si usa la stessa irrazionalità dei romantici per instaurare il legame tra gli antenati e gli albanesi moderni, che sembra scavalcare molti secoli di processi e trasformazioni etno-culturali per arrivare direttamente alla purezza etnica degli albanesi di oggi.
D’altronde di solito le tesi del nazionalismo albanese spesso sono delle creazioni in risposta a ciò che viene rimproverato dai nazionalismi dei vicini, che creano dei complessi a cui si risponde in modo estremo: al fatto che gli albanesi vengono menzionati per la prima volta nella storia solo nell’XI secolo, si risponde con il mito degli illiri autoctoni; quando si sostiene che la lingua albanese che è una lingua mista, si risponde con il pelasgigo o l’illirico di cui si hanno però solo testimonianze onomastiche e toponimiche, e mentre si dice che l’albanese venne scritto solo ai tempi della Controriforma si ribatte con la scoperta alquanto dubbia del libro di un tale Teodor Shkodrani che avrebbe scritto in albanese almeno 3 secoli prima della pubblicazione ufficialmente riconosciuta come il primo libro albanese
Vi è inoltre un terreno adatto ad accogliere il pelasgismo visto che per generazioni gli albanesi sono stati sottoposti all’educazione illirica, che veniva insegnata sin dalle elementari, come unica tesi sicura e indiscutibile sull’origine della lingua e della popolazione albanese nonostante gli esperti siano tuttora divisi tra sostenitori della base illiro-tracia, e quella tracia e dacio-misica a cui vi è da aggiungere il contesto balcanico, dato che l’albanese è una lingua tipica del gruppo balcanico. Vi sono intere generazioni di albanesi che portano nomi illiri che oltre a essere una moda era in qualche modo imposta dal regime dato che all’anagrafe vi era una lista di nomi tra cui scegliere in caso si avessero tendenze politicamente poco corrette.
Il fatto che vi sia un pubblico disposto ad accogliere acriticamente qualsiasi mito e pseudo-tesi si deve altresì alla mancanza di criticismo nella storiografia accademica albanese. Mentre si parla incessantemente della necessità di riscrivere la storia e di demistificarla, a parte la riscrittura del periodo del regime, e qualche ritocco di storia contemporanea, il principio con cui si scrivono tuttora i libri di storia rimane lo stesso, basato sul mito degli illiri, evitando categoricamente questioni imbarazzanti che mettono in discussione la purezza etnica.
Sembra in tal senso che il criterio nazionalista a livello accademico sia ancora politicamente corretto e che i libri di storia vengano scritti per fomentare l’identità nazionale quasi alla stessa maniera del regime e non per insegnare la storia.
Per quanto sia stata lasciata fiorire in pace per anni, gli esperti incominciano a farsi sentire sull’argomento della pelasgo-mania. In occasione dell’ennesima pubblicazione sui pelasgi, il suo autore, il francese Mathieu Aref è stato invitato in una trasmissione in diretta al TopChannel, la TV nazionale più seguita, insieme a un gruppo di storici e linguisti che hanno contrapposto in un animato dibattito le tesi linguistiche della base indoeuropea alla pseudo-linguistica del pelasgico. Anche in altre occasioni i linguisti incominciano a screditare le tesi mitomani. Si spera così di riuscire a sensibilizzare la gente sul fatto che il nazionalismo deve passare di moda in tutti i suoi aspetti, mito delle origini incluso.