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L’Accademia albanese, tra pelasgi e illiri

05.02.2008   

In Albania è in corso un acceso dibattito sulla modifica della legge sull’Accademia delle Scienze. L’analisi di Fatos Lubonja su cosa è stata e cos’è tuttora l’Accademia, nonché sulle reali necessità di un cambiamento di rotta al di là delle necessità di partito
Di Fatos Lubonja, Korrieri, 15 gennaio 2008 (titolo orig.: «Akademia midis “Ilirëve” dhe “Pellazgëve"»)

Traduzione per Osservatori sui Balcani: Marjola Rukaj



Nel modo in cui l’opposizione albanese contraddice i cambiamenti all’Accademia delle Scienze, si nota la mancanza di distinzione tra due questioni, che secondo me vengono di proposito mischiate in un’unica questione. La prima questione, quella che precede tutte le altre, ha a che fare con ciò che l’Accademia delle scienze è, e non può non connettersi con il quesito: che ruolo ha avuto l’Accademia delle scienze dell’Albania nel corso della sua esistenza dal momento in cui è stata posta in essere in poi. E la seconda questione è: perché Berisha sta cambiando la legge sull’Accademia delle Scienze?

Solo un’analisi di queste due questioni separatamente, penso possa far avvicinare a un pensiero sintetico, su una riforma per il bene del sapere albanese.

Che cos’è stata e che cos’è l’Accademia

Senza pretendere di riportare qua la storia della nostra Accademia delle scienze, direi subito che si tratta di un’istituzione fondata dal regime nel 1972, paradossalmente proprio nel momento in cui l’Albania era isolata sia dall’est sia dall’ovest, come parte del completamento del progetto megalomane di Enver Hoxha che mirava a costruire uno stato autarchico, nazional-comunista.

Questa accademia ha funzionato principalmente come uno strumento per strutturare ancor meglio, sotto il potere del partito, la cosiddetta intellighenzia popolare, che si occupava di studi, e altresì come uno strumento che mirava a interpretare secondo l’ideologia del potere tutte le scienze, ma in modo particolare scienze come la Storia dell’Albania, la lingua e la sua letteratura, o l’archeologia, gli studi folcloristici ed etnografici. Infatti, se consideriamo il rapporto tra la piccola e isolata Albania e le grandi scienze universali, sarebbe più che pretenzioso parlare di accademia delle scienze in un’Albania in cui nel 1939 il 90% della popolazione era analfabeta e che la sua prima università l’ha aperta nel 1957. Gli unici settori del sapere dove l’Albania poteva dare un qualche contributo erano connessi alla storia dell’Albania, della lingua e della letteratura albanese, come anche gli studi archeologici, folcloristici ed etnografici. Non per caso il presidente dell’accademia e il suo vice, quando essa fu fondata, erano il primo uno storico, Aleks Buda, e il secondo un linguista Eqrem Cabej.

E’ superfluo parlare del ruolo disinformante, manipolante anti-scientifico o semplicemente incolto che ha avuto in settori come quello economico, della critica letteraria, dell’estetica, della giurisprudenza e delle scienze naturali durante il comunismo, su molti degli accademici di oggi e di ieri, formati e ristretti da un’ideologia che pretendeva di essere la verità delle verità, scienza e religione allo stesso tempo. Non è molto difficile, basta sfogliare i prodotti di quel tempo per giungere alla conclusione di quanta poca scienza, nel vero senso della parola, sia stata fatta e quante invece manipolazioni e lavaggi di cervelli ci siano stati. L’hanno notato anche alcuni autori che sostengono il progetto della maggioranza a riformare l’accademia.

Ma quello di cui nessuno parla comunque è la pietra miliare dell’attività anti-scientifica dell’accademia, quello che ha fatto sì che il suo mito sopravviva anche all’epoca anti-comunista, e faccia sì che l’opposizione definisca la rimessa in discussione dell’accademia come un atto anti-nazionale. Questo è il carattere nazionalista dell’ideologia di potere di Enver Hoxha che ha alimentato l’accademia stessa, così indispensabile alla glorificazione e all’isolamento dell’Albania per rappresentarla come una fortezza che resisteva nei secoli ai nemici orientali e occidentali che fossero. E questo carattere è strettamente connesso al suo ruolo nelle scienze storiche e nella nostra linguistica, nell’archeologia, nel folclore e nell’etnografia. Queste scienze che sono state e rimangono le pietre miliari della nostra accademia, erano profondamente contaminate dall’ideologia nazionalista del partito al potere che le utilizzava come strumento per mantenere isolati gli albanesi, come utilizzava anche la parte comunista di questa ideologia per condannare il vecchio mondo, e le sue classi dominanti in nome di un nuovo mondo, in realtà in nome del suo potere.

Quindi la questione perché l’accademia sia riuscita a conservare uno status più stabile durante la transizione, che quello per esempio di cui ha goduto la Lega degli scrittori, nonostante lo scredito del potere che l’ha posta in essere e che poi l’ha utilizzata, è connessa proprio al fatto che una parte importante dei paradigmi nazionalisti sviluppati dagli accademici del comunismo, non si sono ancora svalutati perché quelli erano anche i paradigmi del nazional-romanticismo della Rilindja albanese che Enver Hoxha aveva integrato nella sua ideologia di potere e che continuano ad essere coltivati tuttora.

Più esplicitamente, i nostri accademici hanno solo cercato di provare scientificamente, i miti nazional-romantici albanesi, come quello dell’etnogenesi illiro-albanese, presentandoci le scoperte della civiltà greco-romana come ruderi illirici, con il paradigma che la lingua albanese non solo è stata influenzata da lingue come il greco antico e moderno, latino, paleoslavo, e lingue slave moderne, o turco, ma ha anche offerto a queste lingue, poiché la civiltà albanese è stata ugualmente brillante, con lo splendore albanese nel Medioevo, con la glorificazione di Skanderbeg come eroe nazionale, con l’oscuramento di 500 anni quando si era parte dell’Impero Ottomano, glorificando la Rilindja come una resistenza di “penna e fucile” contro il potere ottomano, e in generale dello slogan che il popolo albanese si è fatto strada nella storia con la spada in mano.

In altre parole, loro si sono occupati di qualcosa che non può essere definito scienza del XX secolo, poiché hanno mirato a trasformare in scienza ciò che in realtà era mitologia creata in nome della fomentazione della nuova identità trasformata poi in ideologia del potere. Basta anche solo aver conseguito la maturità in qualche liceo in Occidente, per rendersi conto che il lavoro scientifico dei nostri accademici non è scienza, bensì oggetto di scienza, qualcosa che merita di venir inserito negli studi scientifici sulla costruzione dell’identità del nuovo uomo albanese attraverso la mitologia del nazionalismo e del comunismo.

Perché Berisha ha preso di mira l’accademia

Se si parla di riformare l’accademia mirando a cambiare l’aspirazione del sapere albanese nei settori che ho menzionato, io penso che la scienza albanese della storia e della linguistica, che come ho cercato di spiegare, sono pietre miliari dell’accademia, hanno bisogno di venir riformate nei loro paradigmi. Le scienze albanesi della storia e della linguistica hanno bisogno di liberarsi innanzitutto dell’ideologia nazionalista che i paradigmi hanno loro prescritto. Questo porterà anche alla liberazione dalla cosiddetta albanologia. Non mi sembra esista qualche francologia, germanologia, o anglologia. Come mai? Perché l’albanologia come anche la balcanologia, e molte altre “logie” sono un prodotto del tempo in cui l’Occidente studiava questi popoli “primitivi”, che come sosteneva un grande storico tedesco dell’epoca, non erano ancora maturi per scrivere da soli la propria storia. Questo si deve proprio al fatto che invece di fare scienza, questi popoli producevano mitologia, usando la storia gli uni contro gli altri.

In breve la nostra storio-grafia ha bisogno di venir liberata dai miti dell’ideologia nazionalista, perché si faccia storia sul serio. Ma per diventare scienza storica, bisogna non solo riscrivere la storia del XX secolo, diversamente da come l’hanno scritta i comunisti, ma anche di decostruire miti come quello dell’etnogenesi, riscrivere il mito del nostro Medioevo, scrivere la storia di Skanderbeg, scrivere facendo luce sui 5 secoli oscurati della cosiddetta occupazione ottomana, riscrivere i nostri rapporti con i nostri vicini e con gli altri, riscrivere la storia della Lega di Prizren, quella delle guerre balcaniche, dell’indipendenza e così via. E tutto questo non va fatto con il metodo della rivelazione di verità finite secondo il diktat dell’ideologia, bensì lasciandole aperte alla ricerca e al dubbio scientifico. E se l’accademia del comunismo, non solo non ha contribuito a questo, ma ci ha fatto imboccare una strada sbagliata e senza via d’uscita, la transizione non ha fatto altro che spingere testardamente nella stessa direzione, continuando a tenerci lontano dalla scienza.

Quando l’opposizione sostiene che si stia tradendo la nazione modificando l’accademia, penso che si riferisca principalmente a questo contributo nazionalista dell’accademia, purtroppo dimostrando che tuttora, come ai tempi di Enver Hoxha, i suoi esponenti non sanno distinguere la scienza dall’ideologia di potere, senza dimenticare che in quell’opposizione c’è anche chi vede il regime di Enver Hoxha sotto una luce positiva.

Ma Berisha e il suo partito, sono coscienti delle questioni che ho proposto in alto quando parlano della riforma dell’Accademia? A parte il fatto che il PD di Berisha ha un’altra posizione su molte personalità e fatti del XX secolo, che il comunismo a torto ha fatto sparire dalla storia, e generalmente, per sfortuna, per quanto riguarda la parte nazionalista dell’ideologia di Enver Hoxha, condivide gli stessi paradigmi dell’opposizione, e forse anche peggio. Con “anche peggio” ho presente – se mi posso esprimere figurativamente – che nel PD si possono trovare a volontà persone che criticano l’Accademia non per l’ideologizzazione della scienza con i principi nazionalisti, cioè diciamo per la glorificazione degli albanesi sulla base dell’etno-genesi illiro-albanese, ma proprio perché questo è stato fatto meno di quanto si dovesse secondo loro, dato che per loro la nostra gloria nei secoli, ha delle radici ben più profonde, che risalgono ai pelasgi.

Fatta qualche rara eccezione di qualche personalità di cultura nel o intorno al PD, non ci sono studiosi che rappresentino lo spirito critico in scienze importanti per gli albanesi come la storia o la linguistica, l’archeologia, la critica letteraria, il folclore o l’etnografia. Basta sentire che gli “scienziati” del PD stanno cercando di smontare il mosaico nella facciata del museo Nazionale, pretendendo, come ha dichiarato il direttore PD-ista del museo, che quel mosaico non rappresenta “la sostanza albanese”, per capire che gli scienziati di oggi sono addirittura molto più lontani dalla vera scienza persino degli illiri socialisti, perché vivono nell’epoca dei pelasgi.

Secondo la logica del direttore, che mira a sostituire il mosaico esistente con un altro che rappresenti la sostanza albanese, noi dobbiamo abbattere anche tutte le moschee, perché non esprimono la sostanza dell’albanese pelasgico, ma anche le chiese perché i pelasgi non erano cristiani, e al posto del mosaico dobbiamo mettere qualche simbolo pelasgico, che in realtà non esiste, come non esiste nessuna sostanza definita e immutabile dell’albanese, poiché l’identità è solo un continuo processo storico, in cui fa parte anche ciò che siamo stati quando ci governava quel mosaico, altrimenti non saremmo stati dove siamo, per nostra grande sfortuna.

In realtà la presa di mira dell’accademia delle scienze da parte del PD, è molto banale per essere definita un tentativo di riformare la scienza albanese. Ciò ha a che fare con il fatto che oltre quel ruolo, chiamiamolo ideologico, ha avuto anche un ruolo più pratico, ma enormemente importante. L’accademia come anche la Lega degli scrittori e altre simili istituzioni, è stata uno strumento tramite cui compromettere l’intellighenzia in funzione del potere. L’uomo prima di fare scienza, musica o letteratura, ha bisogno di mangiare, bere, e mantenere la propria famiglia. L’Accademia come anche la Lega degli scrittori e altre istituzioni, dispensava la nostra intellighenzia, ottenendo la sua collaborazione con il potere centrale. Entrare a farvi parte era un’ambizione di non poco conto, non solo a causa della remunerazione ma anche dello status.

E’ questo il contesto in cui l’Accademia è stata presa di mira oggi, facendo parte della lotta per il potere tra illiri e pelasgi. Essa è stata considerata come un’istituzione creata dai comunisti e tenuta in vita dai loro eredi, i socialisti. Quindi, come un rifugio per la propria gente, che può anche avere qualche ruolo a loro sostegno nell’opinione pubblica. L’obiettivo del PD, sembra essere quello di creare, attraverso la ristrutturazione dell’accademia, la possibilità che da questo rifugio escano gli illiri ed entrino i pelasgi. E questo non ha nulla a che fare con la necessità di importanti cambiamenti radicali che bisogna attuare nelle scienze albanesi. Si tratta semplicemente di una lotta di potere, e se così è, come mi sembra evidente sia, se Berisha non si è reso conto che nel ’97 non ha perso il potere a causa della rivoluzione degli illiri bolscevichi sostenuti dalla CIA, e dai monarco-fascisti greci, bensì a causa dei pelasgi del PD e della loro incompetenza, e ignoranza, allora noi siamo condannati a vederci ripetere la storia.

Conclusione

E’ inconfutabile che oggi non si possa trovare un lavoro serio e di nuovo orientamento nell’Accademia o nelle istituzioni che essa precede, ma solo approfondimenti dei vecchi paradigmi. E’ altresì evidente, che la maggioranza del suo personale ha trovato nell’Accademia un rifugio sicuro, che gli ha anche dato qualche altra opportunità, per quanto modica, di sopravvivere materialmente, che poi hanno saputo compensare con altri lavori privati. E’ anche evidente che a causa della disastrosa situazione dell’Università pubblica, e dopo il pullulare delle università private, la maggior parte delle quali, solo per motivo di profitto, assume una mescolanza di accademici anziani, e giovani, molti dei quali hanno proprio bisogno di incominciare gli studi da capo, si è finiti per aver un caos di valori senza precedenti. Non sappiamo quali siano i nostri migliori studiosi e quali quelli di secondo ordine, chi apporta il nuovo spirito del tempo, e chi invece è strainvecchiato. Questo anche perché spesso ciò che determina il loro valore sono le affiliazioni politiche e non i meriti, che di questi tempi si sono complicati ancora più di prima, grazie alla capacità di molti di comprare e vendere influenze, posti di lavoro, e persino meriti.

In queste condizioni, la questione va affrontata partendo da un bisogno molto più semplice: cosa bisogna fare per avere una vera scienza storica e linguistica, e veri studi archeologici, folcloristici ed etnografici? Cosa bisogna fare per avere dei seri studiosi della nostra letteratura antica e moderna? Solo partendo da tali semplici bisogni, ma anche fondamentali, riusciremo a trovare il modo più efficiente per ristrutturare istituzioni del genere. Per riuscire a fare ciò nel miglior modo possibile, penso che il più delle cose vada rifatto da capo, con semplicità e modestia, considerando quanti danni l’Accademia delle scienze ha inflitto alla verità, da una parte, e il rischio di sostituire gli illiri con i pelasgi, d’altra parte, e quindi anche il bisogno di cambiare le strutture e lo spirito nazional-comunista, che è stato ereditato, e soprattutto attivare la ricerca degli uomini dallo spirito nuovo, che servano il sapere e la scienza, e non i poteri politici di una parte o dell’altra.
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