Joso Mraovic tiene in mano il sacchetto con le ossa (Foto Novi List)
Ritorna di drammatica attualità la questione della libertà di stampa in Croazia. Alcuni uomini di potere e frange della criminalità organizzata continuano a rappresentare una seria minaccia per il pensiero critico e il lavoro dei giornalisti
In una sola settimana i giornalisti croati hanno subito tre brutali attacchi, che, nonostante nessuno sia stato aggredito fisicamente, hanno fatto rabbrividire l’opinione pubblica. I messaggi inviati ai giornalisti non erano solo decisamente offensivi, umilianti e volgari, ma anche piuttosto pericolosi, con minacce a cui in futuro potrebbero trovarsi a far fronte.
Davanti all’ingresso del Tribunale distrettuale di Rijeka, dove si giudica Joso Mraovic, imprenditore e proprietario di un hotel a Gospic, per violenze nei confronti della giocatrice di basket americana Ilisha Jarrett, e davanti a tutti i giornalisti presenti l’accusato ha gettato uno straccio ricolmo di ossa bovine. Appellando i giornalisti "coyote", Mraovic ha detto di aver portato le ossa per farle rosicchiare da questi ultimi.
“Eccovi cani, coyote, razza di banditi, rosicchiate, adesso avrete di che scrivere”, ha urlato Mraovic. A Gospic, nella provincia croata della Lika, dove Mraovic vive e lavora, a causa del suo atteggiamento che lì ha adottato lo chiamano “il Tudjman della Lika”, e quanto sia potente in questa città lo testimonia anche la scandalosa sentenza emessa per lo stesso delitto per il quale adesso viene giudicato di nuovo presso il tribunale di Rijeka. Mraovic è accusato di stupro, nella fattispecie di essere entrato, nel suo hotel, nella camera della cestita americana e di averle con violenza infilato un dito nell’ano. Al processo di Gospic Mraovic è stato prosciolto e il giudice in motivazione della sentenza ha detto che né il dito né l’ano sono organi genitali pertanto il mettere un dito nell’ano non può essere paragonato allo stupro perché in quel caso “qualsiasi stretta di mano indesiderata potrebbe essere equiparata allo stupro”. Questa incredibile sentenza è stata annullata dall’Alta corte croata, e Mraovic adesso viene giudicato a Rijeka, dove ha scagliato la sua arroganza e il suo primitivismo contro i giornalisti.
Il giorno stesso in cui Mraovic ha gettato le ossa davanti ai giornalisti, Milko Peko, editorialista del settimanale “Makarska kronika”, viaggiando verso il posto di lavoro, a Makarska, ha notato nei pressi di un edicola di Gradac, cittadina sulla costa adriatica, la sua tomba improvvisata. Fra i crisantemi piantati nelle vicinanze dell’edicola qualcuno aveva messo una lapide di legno simile a quelle che si mettono sulle tombe e sulla quale sottoforma di anagramma, con la stella a cinque punte, compariva il nome e cognome del giornalista.
Peko ha interpretato tutto ciò come una evidente minaccia a causa di quello che ha scritto, come afferma lui stesso, in alcuni suoi recenti articoli sul potente politico locale, sindaco di quella città.
Ma due giorni dopo, una simile, ma molto più grave, minaccia, l’ha subita il giornalista di Zagabria Dusan Miljus, noto per i suoi testi sulla criminalità organizzata in Croazia. Il noto giornalista che tempo addietro aveva lavorato per il quotidiano croato a maggior tiratura, il “Vecernji list”, mentre oggi scrive per il concorrente “Jutarnji list”, ha ricevuto una pesante minaccia, pubblicata nello spazio per gli annunci a pagamento, nella rubrica degli annunci funebri del “Vecernji list”. L’annuncio in cui si nomina il giornalista con nome e cognome, nel contesto delle responsabilità per la morte di Davor Zecevic, un uomo dell’ambiente criminale zagabrese, ucciso per strada qualche giorno prima, è stato pagato dalla famiglia del defunto Zecevic.
L’editorialista dello “Jutarnji list” Davor Butkovic afferma che la pubblicazione di un annuncio tra gli annunci funebri, con cui è stato minacciato Miljus, “è una delle forme di comunicazione fra i clan della criminalità organizzata di Zagabria”. In modo del tutto simile la interpreta il vice presidente dell’Ordine dei giornalisti croati, Luko Brailo: “Ciò che è accaduto con l’annuncio funebre sul ‘Vecernji list’ è semplicemente vergognoso e inammissibile. In questo modo è stato detto a Miljus che lui sarà il prossimo se continuerà a parlare e scrivere sulla criminalità organizzata in Croazia, ma non bisogna essere un grande esperto di media per capirlo”.
Brailo avverte anche del pericolo che minaccia i giornalisti croati, e cioè che le minacce verbali e gli annunci funebri sui giornali si trasformino in attacchi fisici, quando non in uccisioni, come accade in altri paesi.
“Tra i nostri vicini, in Serbia e Montenegro, esistono già casi in cui i giornalisti sono stati aspettati e pestati. Da noi quelle azioni accadevano negli anni novanta e lo si giustificava con la guerra, ma oggi, dieci, dodici anni dopo la guerra, si tratta di un segnale non solo per l’Ordine dei giornalisti, ma di un segnale per ogni governo che voglia guidare questo Paese”, afferma Brailo.
Lo stesso Miljus dice di non essersi spaventato dall’annuncio con cui è stato minacciato, ma che di sicuro non è stato per niente piacevole. “Non avverto una minaccia fisica, ma lo spazio dove è stato pubblicato, così come anche il suo contenuto, indicano che non è un messaggio solo rivolto a me, bensì anche ai miei colleghi, pertanto non sarebbe intelligente banalizzarlo. Se qualcuno non è soddisfatto di ciò che ho scritto, esiste spazio in ogni media dove esprimere eventuali opinioni. In nessun media la rubrica degli annunci funebri è il luogo adatto per pubblicare quel tipo di contenuti”, dice Miljus.
Il professor Ivo Banac, che da poco è alla guida del Comitato di Helsinki per i diritti umani in Croazia, si dice preoccupato per quanto accaduto. Secondo lui non si tratta solo di una minaccia ai giornalisti ma si tratta anche della libertà dei media in Croazia: “Sono cose assolutamente inconcepibili che indicano la profonda incomprensione per la libertà dei media in questa società, questi attacchi sono mirati ad impedire il pensiero critico nel giornalismo”, afferma Banac.
Dopo il recente arresto del giornalista Zeljko Peratovic, a causa della pubblicazione di documenti ritenuti segreti, di cui
Osservatorio Balcani ha già scritto, la Croazia, coi brutali attacchi ai giornalisti avvenuti la scorsa settimana, si ritrova nella situazione in cui l’attenzione sulla libertà dei media non è certo un tema che si possa mettere agli atti.