Protestano i serbi a nord del Kosovo
20.02.2008
Da Kosovska Mitrovica,
scrive Tatjana Lazarević
Manifestazione nel Kosovo settetrionale (foto T. Lazarevic)
Dure le reazioni dei serbi del Kosovo settentrionale alla dichiarazione di indipendenza. Incidenti e scontri nei punti di frontiera tra Serbia, Kosovo e Montenegro. Per i leader locali le proteste sono legittime e spontanee, mentre c’è chi sostiene che siano organizzate
La mattina del 19 febbraio i serbi del Kosovo settentrionale hanno colpito alcuni posti di frontiera e di polizia sul confine tra il Kosovo e la Serbia centrale. Secondo il portavoce del Consiglio nazionale serbo del Kosovo settentrionale Rade Negojević, più di un centinaio di persone provenienti da quattro municipalità del nord, Kosovska Mitrovica, Zvečan, Zubin Potok e Leposavić, hanno preso d'assalto i valichi amministrativi a seguito della diffusione della notizia che nella giornata sarebbe stata issata la nuova bandiera dello stato del Kosovo.
I membri e i leader di quella che è l'organizzazione politica più influente al nord, hanno sottolineato a più riprese nell'arco della giornata di ieri, che si è trattato di un raduno spontaneo, che avrebbe raggruppato più di 10 mila manifestanti.
A Jarinja è stata incendiata la stazione di polizia, a Brnjak, presso Zubin Potok, si è verificata un'esplosione.
Edifici della dogana UNMIK, del corpo di polizia del Kosovo (KPS) e della Banca kosovara KASA sono stati dati alle fiamme. Una decina di auto della polizia e dell'UNMIK sono state danneggiate. Gli impiegati di queste organizzazioni hanno assistito all'assalto delle loro postazioni di lavoro, ma non sono stati colpiti dai dimostranti. Alcuni poliziotti delle forze internazionali, prima del loro attacco, si sono rifugiati nella vicina stazione della polizia serba, MUP, che, secondo l'agenzia stampa nazionale serba Tanjug, ha prestato loro soccorso e si è messa in contatto con le forze UNMIK, dopo di che i poliziotti sono stati fatti evacuare.
Non ci sono stati scontri nemmeno con i soldati francesi della KFOR, che hanno cercato di bloccare le strade che collegano Kosovska Mitrovica al confine amministrativo a nord con mucchi di ghiaia sulla strada. Il gruppo di manifestanti, però, ha liberato la strada bloccata che, così, è tornata ad essere percorribile. Il radiogiornale dell'emittente locale Kontakt plus ha riportato che i soldati francesi della KFOR “si sono comportanti molto correttamente, permettendo ai serbi di passare”.
Durante la protesta, si sono visti anche i membri del contingente americano della KFOR sistemarsi nella base più vicina in “completa veste da combattimento”, come sono stati descritti dai protagonisti della protesta, aggiungendo anche che non hanno intrapreso nessuna azione militare.
I giornalisti, invece, hanno avuto meno fortuna. In base alle loro stesse affermazioni, alcuni di loro sono stati presi a pugni, dopo che un gruppo di serbi aveva offeso verbalmente i soldati della KFOR. Il giornalista dei quotidiani “Kurir” e “Glas javnosti” di Belgrado Zoran Šaponjić, è rimasto ferito quando “un dimostrante non identificato, l'ha colpito tre volte al volto”, mentre lui, come ha poi dichiarato all'agenzia Tanjug, cercava di fotografare i manifestanti. I giornalisti locali non sono stati colpiti, e una delle spiegazioni è che questi conoscono la mentalità degli abitanti del luogo in tali situazioni, e di conseguenza agiscono in modo meno provocatorio. Secondo alcuni testimoni che hanno preferito restare nell'anonimato, i dimostranti non sarebbero stati ben disposti nei confronti della maggioranza dei giornalisti lì presenti.
Nell'altro punto di confine, quello di Brnjak, nel triangolo tra Serbia, Montenegro e il Kosovo, la protesta è scoppiata quasi contemporaneamente.
Slaviša Ristić, presidente della municipalità di Zubin Potok, nei pressi della frontiera amministrativa, ha affermato che le stazioni di valico “sono state incendiate durante la protesta dopo che i serbi di Zubin Potok hanno sentito dire che al confine con la Serbia erano arrivati i doganieri albanesi, cosa che ha provocato la rivolta della popolazione locale”.
“Non possiamo permettere che ci vengano imposte delle istituzioni di uno stato inesistente e che paghiamo le tasse ad un Kosovo indipendente”, ha dichiarato Ristić.
Egli ha inoltre affermato che nemmeno in questa zona ci sono stati scontri con le unità KFOR, aggiungendo che la sua presenza è legittimata dalla risoluzione 1244, e i serbi non hanno nulla in contrario.
“Però, se ci fosse un altro tentativo di imporre una qualche istituzione di un falso stato, i cittadini reagiranno sicuramente di nuovo”, ha detto il presidente della municipalità di Zubin Potok. Al contempo Ristić si è appellato all'UNMIK e alla KFOR affinché proteggano i serbi del Kosovo dal potere arbitrario e dalle pressioni di Pristina e mantengano la pace in Kosovo e Metohija.
Entrambe le proteste sono cessate prima delle 13 dello stesso giorno.
I membri dell'UNMIK e della KFOR hanno poi deciso di chiudere le frontiere di Jarinje e di Brnjak a nord del Kosovo per 24 ore.
“KFOR e UNMIK hanno deciso di chiudere per 24 ore le frontiere 1 (Jarinje) e 31 (Brnjak)”, ha dichiarato il capo dell'UNMIK Joachim Rücker, condannando “gli attacchi serbi alle stazioni di frontiera in Kosovo”.
“Ogni forma di violenza è inaccettabile e non sarà tollerato. Ho richiesto al commissario di polizia dell'UNMIK e dal comandante della KFOR di stabilire l'ordine in queste stazioni di frontiera“, ha affermato Rücker.
Il portavoce del servizio di polizia del Kosovo Veton Eljšani sostiene che in tutto il territorio del Kosovo sono state rafforzate le misure di sicurezza e che, a parte Jarinje e Brnjak, non si registrano altri incidenti.
In base alle sue parole, sono state inviati rinforzi KFOR e UNMIK in Kosovo settentrionale per far calmare le acque. Eljšani ha invitato tutti gli abitanti del Kosovo a far di tutto per mantenere la pace e la sicurezza.
Il presidente del Consiglio nazionale serbo del Kosovo settentrionale Milan Ivanović ha dichiarato all'agenzia Tanjug che la chiusura dei punti di frontiera amministrativa con la Serbia centrale, a Leposavić e Zubin Potok, rappresenta una violazione del diritto dei serbi della zona e della loro libertà di movimento.
Ivanović ha affermato che tale decisione dell'UNMIK costituisce anche un tentativo di “isolamento della parte settentrionale del paese dalla patria serba” e si domanda se “ciò significa che i pazienti dell'ospedale di Kosovska Mitrovica non potranno essere trasportati in Serbia centrale per le cure e se sarà possibile ricevere ossigeno e farmaci indispensabili per il loro ospedale”.
Il portavoce dell'UNMIK Aleksandar Ivanko, anch'egli in una dichiarazione a Tanjug, ha detto che al momento le forze KFOR si trovano nei punti di valico e allo scadere delle 24 ore torneranno le forze ONU e la polizia doganale.
“L'attacco e la distruzione delle stazioni di polizia di confine a Jarinje e a Brnjak sono la conseguenza dell'immediata reazione della popolazione che non riconosce la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo”, ha dichiarato il ministro per il Kosovo e Metohija Slobodan Samardžić ospite del programma televisivo di B92 “Poligraf”. Questi ha detto poi che l'azione dei serbi del Kosovo settentrionale non è stata un'iniziativa di Belgrado, anche se si tratta di “un'azione conforme alla politica del governo serbo sull'occupazione della frontiera politica”.
“Questa è un'azione spontanea, che in linea di principio è legittima perché queste stazioni di frontiera devono essere rimosse. Esiste il pericolo che diventino parte del confine di stato tra Serbia e Kosovo. Noi questo non lo permetteremo, e ovunque c'è l'influenza delle istituzioni di Pristina, e negli affari doganali questa influenza esiste, anche se l'UNMIK ha il controllo della giurisdizione, è necessario impedirla anticipatamente” ha affermato Samardžić, dicendo che la Serbia prenderà sicuramente il controllo di quei settori in cui finora non aveva potere, a differenza della sanità, l'istruzione e il sistema sociale nei territori del Kosovo.
Ieri, invece, si sono potute sentire dichiarazioni e valutazioni che sostenevano si fosse trattato di un'azione ben organizzata da parte dei serbi nel Kosovo settentrionale. Così il giornalista Dejan Anastasijević, che prima si trovava in Kosovo, ha dichiarato a B92 che crede che l'azione fosse organizzata.
Nella parte settentrionale di Kosovska Mitrovica, simbolicamente alle 12.44 di ieri, è iniziata l'annunciata protesta pacifica degli studenti dell'Università di Pristina con sede a Kosovska Mitrovica. Gli studenti hanno invitato tutti i cittadini a partecipare alla protesta per le vie della città, che avrà luogo ogni giorno alle 12.44 attirando l'attenzione dell'opinione pubblica locale e internazionale sull'obbligo di rispettare la Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Il corteo di studenti è stato guidato dal rettore dell'Università Zdravko Vitošević e dai docenti della Facoltà di medicina, mentre la banda di tamburi conduceva la marcia dando il ritmo. Gli studenti suonavano i fischietti e gridavano “Il Kosovo è il cuore della Serbia, il cuore della Serbia”. C'erano molte bandiere della Serbia e, tra queste, anche stemmi della Facoltà di medicina e dell'Università.
Gli studenti fanno sapere che non riconoscono “l'illegale decisione unilaterale dell'indipendenza del Kosovo e che resteranno all'interno del sistema d'istruzione serbo”; questi sottolineano che l'obiettivo dell'impegno studentesco è quello di dimostrare al mondo intero che non si può riconoscere ciò che non è mai esistito: il Kosovo indipendente”.
Bojan Vasić, studente della Facoltà di giurisprudenza, in una dichiarazione per l'Osservatorio dice che si organizzeranno proteste fino al 17 marzo, quando nella principale piazza cittadina “Šumadija” ci sarà un grande raduno di protesta a cui prenderanno parte studenti e professori di tutte le università della Serbia.
“In questo modo desideriamo segnalare il giorno in cui, il 17 marzo di quattro anni fa, ha avuto luogo il pogrom sui serbi del Kosovo, sulle loro proprietà”, afferma Bojan mettendo in luce il sostegno che ricevono dall'Università in Serbia, in Republika Srpska ma anche da molti studenti di tutto il mondo, da cui ogni giorno giungono mail di solidarietà e supporto.
Oggi i valichi amministrativi sono “chiusi ermeticamente”. In Kosovo settentrionale non sono arrivati latte né altri viveri, mentre sono stati fatti pervenire quotidiani e pane per vie secondarie.
Gli abitanti, tramite i loro rappresentanti delle municipalità, chiedono alla KFOR di riaprire le frontiere. Ci si aspetta che ciò avvenga oggi alle 18, e come rendono noto i rappresentanti della comunità internazionale, ai valichi ci saranno esclusivamente i membri della KFOR e la polizia internazionale.