Di Biljana Korica Vukajlović, 3 marzo 2008, Ekonomist (titolo orig.: «Šta je naše na Kosovo?»)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Con la dichiarazione unilaterale d’indipendenza del Kosovo, sono state attualizzate molte questioni economiche, fra le quali quella riguardante l’energia è probabilmente una delle “più scottanti”.
Riguardo questa questione, la posizione ufficiale del ministero delle Risorse Minerali ed Energia della Serbia è rimasta invariata rispetto al periodo precedente: secondo la Risoluzione 1244, il Kosovo e Methoija fa parte della Serbia, alla quale, pertanto, appartengono anche tutte le risorse e le potenzialità esistenti su questo territorio. A dire il vero, negli anni precedenti durante la preparazione del bilancio energetico annuale, e del piano strategico per lo sviluppo energetico della Serbia fino al 2015, non si teneva conto delle risorse del Kosovo, motivando questa scelta col fatto che questa provincia era momentaneamente sotto l’amministrazione dell’UNMIK. Ma allora, cosa possiede la Serbia in Kosovo?
Potenziali
In realtà, il potenziale energetico del Kosovo è stato esaminato in modo dettagliato soltanto all’inizio degli anni ottanta del secolo scorso. Gli studi dell’Istituto minerario di Zemun e della Facoltà di mineralogia e geologia di Belgrado hanno dimostrato che la risorsa più importante del Kosovo è la lignite, le cui riserve raggiungono circa le 15 miliardi di tonnellate, il che rappresenta oltre il 75 per cento delle risorse totali di questo carbone in Serbia e il quinto giacimento al mondo per quantità di riserve. Lo sfruttamento delle risorse per cui esistono condizioni favorevoli per uno sfruttamento proficuo in superficie è pari ad oltre 10,8 miliardi di tonnellate, per un valore di oltre 85 miliardi di euro. Fino alla fine del 1998, cioè finché la Serbia ha potuto controllare lo sfruttamento del carbone del Kosovo, sono state scavate più di 226 milioni di tonnellate di questo minerale cioè il due per cento del totale di risorse sfruttabili. Si stima che lo sviluppo energetico della Serbia a lungo termine, senza la lignite kosovara, già verso la metà di questo secolo dovrà basarsi prevalentemente sull’energia primaria d’importazione.
Questo tipo di carbone, fra l’altro, viene estratto in due zone di scavo a giorno, nelle miniere Belaćevac e Dobro selo, dove è possibile estrarre circa sette milioni di tonnellate di carbone all’anno. Invece, a causa della bassa qualità, la lignite kosovara dovrà essere sfruttata in un raggio di trasporto economicamente giustificabile, che è stimato a circa 50 chilometri dal giacimento, cioè necessita di un consumatore stabile e geograficamente vicino. E’ possibile superare il problema rendendo la lignite più ricca, cioè con i procedimenti di asciugatura, bricchettaggio oppure con la gassificazione, per aumentare il suo potere energetico.
Fino ad ora i più grandi consumatori di lignite sono state le centrali termoelettriche Kosovo A e Kosovo B, con una forza istallata di circa 1.200 megawatt (MW). Nella sola Serbia la capacità della forza istallata delle centrali termoelettriche che vanno a lignite è di circa 4.000 megawatt.
Un contributo modesto alla produzione dell’elettricità in Kosovo arriva anche da una centrale idroelettrica con una forza di 35 MW. L’esistente capacità idro-energetica dell’intera Serbia supera i 2.800 MW.
Infine, nel sistema di trasporto della Serbia è incluso anche il sistema per il trasporto dell’energia elettrica fino e oltre il Kosovo, cioè il trasporto fino alla Grecia, di 400, 220 e 110 chilovolt (kV).
Le ricchezze minerali
Oltre alla lignite, in Kosovo ci sono notevoli riserve di piombo e di zinco. Si stima che sia presente una quantità di circa 50 milioni di tonnellate di questi minerali. Poco più di un decimo di questi minerali (circa 6,5 milioni di tonnellate) si trova nel nord del Kosovo. Secondo i prezzi dei metalli sul mercato mondiale, il piombo e lo zinco del Kosovo hanno un valore di circa 8 miliardi di euro.
Esistono inoltre giacimenti di altri minerali: ferro nichel, cromo, bauxite, magnesite… A causa della inattività e della mancata manutenzione tutte le miniere kosovare hanno subito enormi danni e richiedono grandi investimenti per far sì che tornino in funzione.
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Gli anni della carestia
Fino alla fine degli anni novanta del secolo scorso circa il 98 per cento dell’energia elettrica del Kosovo veniva prodotta nelle centrali termoelettriche, mentre il contributo della potenzialità idrica in questa produzione era soltanto del due per cento. La produzione in sette blocchi delle centrali termoelettriche generalmente copriva i bisogni di energia elettrica dell’economia kosovara e della sua popolazione, e i surplus venivano esportati. In questo momento il Kosovo importa l’energia elettricità, e le restrizioni sono quasi quotidiane, in modo particolare nel periodo invernale. Viene stimato che in questo momento il Kosovo, grazie alla produzione propria, possa soddisfare in modo quotidiano solo poco più del 50 per cento dei bisogni totali, che arrivano a circa 18 milioni di kWh al giorno, mentre il resto viene importato principalmente dalla Bulgaria e dalla Macedonia tramite i commercianti regionali. Una delle cause principali di questa situazione è data dal fatto che le esistenti centrali termoelettriche lavorano a capacità ridotta e producono la metà dell’energia elettrica che si produceva nel 1999, quando l’amministrazione del Kosovo è passata all’UNMIK. La situazione è simile anche per quel che riguarda gli scavi a giorno del carbone.
La produzione nel primo blocco della centrale termoelettrica Kosovo A è iniziata nel lontano 1962, e nei successivi 13 anni sono stati attivati altri quattro blocchi, così la potenza complessiva di questa centrale termoelettrica ha superato i 600 MW. Gli anni con più successo sono quelli compresi tra il 1975 e il 1982, dei quali il 1978 è stato l’anno più proficuo, quando sono stati prodotti circa 3.400 GWh di energia elettrica. Sette anni dopo la produzione è stata ridotta a quasi un terzo, per scendere al di sotto dei 1.000 GWh nel 1999. La produzione nel primo blocco del Kosovo B è iniziata nel 1983, e nel B2 un anno dopo. All’inizio del suo funzionamento la produzione media di energia elettrica nella centrale termoelettrica Kosovo B era di circa 3.200 GWh all’anno, mentre negli anni novanta è scesa a circa 2.000 GWh all’anno.
I funzionari statali della Serbia stimano che la proprietà dell’Azienda elettrica della Serbia (EPS) in Kosovo abbia un valore di circa tre miliardi di euro, senza dare spiegazioni più precise. Dal 1999 la Serbia e l’EPS non stanno usando alcun stabilimento o alcuna risorsa del Kosovo, e non esistono nemmeno dati validi per poter sapere in che stato si trovano in questo momento. Nella squadra di economisti del Governo della Serbia per il Kosovo e per il sud della Serbia, per fare un esempio, dicono che le capacità vengono usate ma in modo “non professionale”.
L’azienda elettrica del Kosovo (KEK), che non è riconosciuta dal governo attuale e nemmeno dalla EPS, gestisce gli elettro-stabilimenti del Kosovo.
Una delle rare compagnie serbe del settore energetico che lavora in modo intensivo sul territorio del Kosovo è la Rete elettrica della Serbia (EMS), che in base ad un contratto con l’Associazione europea degli operatori del trasporto (ETSO) ha avuto il diritto di rimanere come unico operatore del sistema di trasporto dell’energia elettrica in Kosovo fino al novembre 2009. Pertanto, l’unico canale per l’importazione dell’energia elettrica del Kosovo passa attraverso la Serbia. Succede, invece, durante i periodi di crisi e durante le avarie che l’Azienda elettrica kosovara si “serva” dell’energia elettrica della Serbia, che in seguito viene pagata dall’UNMIK, a dire il vero, in ritardo.
Gli investimenti
Nonostante in questo momento ci sia carenza di energia elettrica, alcuni analisti internazionali ritengono che il Kosovo, grazie alle riserve di carbone, già verso la metà del prossimo decennio potrebbe di nuovo diventare un esportatore di energia elettrica, a condizione che nel frattempo vengano realizzati i progetti pianificati riguardanti la costruzione di nuove capacità energetiche.
Nel 2006 l’UNMIK e il governo temporaneo del Kosovo hanno reso noti i piani sulla costruzione della nuova grande centrale termoelettrica a base di lignite con una capacità di 2.100 MW, e la rispettiva capacità di trasporto. La nuova centrale termoelettrica verrebbe alimentata con il carbone dalla nuova miniera Šibovc, ed è stata prevista anche la riabilitazione delle unità esistenti della centrale termoelettrica Kosovo A. Si stima che per questo lavoro sarebbe necessario un investimento di addirittura tre miliardi e mezzo di euro.
Dopo aver analizzato le offerte ricevute, nella prima selezione come potenziale investitore sono entrati il consorzio ceco-americano ČEZ/AES, il tedesco RWE, il tedesco-americano EnBW/WGI e quello italo-greco Enel/SenCap. Tuttavia, lo studio pubblicato verso la metà dell’anno scorso dall’organizzazione Forum di Pristina 2015, ha seriamente messo in discussione questi piani. Gli autori dello studio credono che basterebbe anche una centrale termoelettrica di una capacità molto inferiore per soddisfare i bisogni del Kosovo, e che in questo caso non chiuderebbe il settore energetico a futuri investimenti, il che potrebbe accadere nel caso in cui si costruisse la Kosovo C di 2.100 MW.
La nuova centrale termoelettrica, affermano gli autori, potrebbe provocare anche dei gravi problemi ecologici, perché dovrebbero spostare un grande numero di abitazioni, oltre al fatto che le acque di scarto e lo spazio per il deposito delle ceneri della centrale termoelettrica distruggerebbe addirittura il 15 per cento della superficie complessiva coltivabile del Kosovo. Tenendo presente il fatto che il fiume Sitnica, che unisce il nord e il sud del Kosovo, è già molto inquinato, gli autori di questo studio hanno stimato che con la costruzione della centrale termoelettrica, il Kosovo entro il 2050 rimarrebbe senza risorse idriche. Il ministero kosovaro dell’Energetica ha rigettato i risultati dello studio, ma comunque l’intero progetto è stato rallentato.
L’idea di sfruttare la lignite kosovara, ma nella nuova produzione dell’energia elettrica in Serbia, è venuta anche alla compagnia tedesca RWE, che ha reso nota l’intenzione di costruire una centrale termoelettrica al sud della Serbia. Considerando il fatto che l’EPS momentaneamente non può più entrare sul territorio del Kosovo, questa soluzione potrebbe andare bene per la Serbia. A causa dei problemi politici del precedente periodo riguardanti la questione del Kosovo, e anche a causa delle minacce ecologiche delle risorse idriche del Kosovo, questo progetto continua a rimanere in attesa.
I rappresentanti dell’UNMIK e del governo temporaneo kosovaro alcuni anni fa hanno valutato che per i progetti di investimento nel settore energetico del Kosovo entro il 2020 è necessario investire circa 1,9 miliardi di euro, dei quali la somma più alta, circa 1,5 miliardi, andrebbe per il settore dell’energia elettrica. Per ora non è chiaro chi amministrerà l’eventuale capacità futura.