Di Giacomo Danielli - fotografie di Marc Souberbielle, pubblicato da Direonline, periodico del Dipartimento di ricerche europee Università degli studi di Genova
Attraversiamo un altro cimitero musulmano, saliamo sopra un’altra collina, entriamo in un
altro sobborgo, nel sobborgo di Halidgi-Oghli, abitato da una popolazione mista; una piccola città dove ad ogni svolto di vicolo, si trova una nuova razza e una nuova religione. Si sale, si scende, si rampica, si passa in mezzo alle tombe, alle moschee, alle chiese, alle sinagoghe; si gira intorno ai cimiteri e a giardini; s’incontrano delle belle armene di forme matronali e delle turche leggere che sbirciano a traverso il velo; si sente parlare greco, armeno spagnuolo,-lo spagnuolo degli ebrei-; e si cammina, si cammina. Si dovrà pure arrivare in fondo a questa Costantinopoli!- diciamo fra noi. - Tutto ha un confine su questa terra! Già le case di Halidgi-Oghli diradano, cominciano a verdeggiare li orti, non c’è più che un gruppo di abituri, vi passiamo in mezzo, siamo finalmente arrivati... (E. de Amicis, Costantinopoli, Milano, Touring Editore, 1997).
Così un inconsueto Edmondo de Amicis descrive gli ultimi sobborghi della sponda orientale del Corno d’Oro.
Il volto odierno dei sobborghi di Sutluce e Halicioglu ha fisionomie molto distanti dai caratteri multietnici e cosmopoliti dell’ultimo quarto del XIX secolo; le vicende seguenti al primo conflitto mondiale e alcuni episodi seguenti hanno portato ad una quasi totale “turchizzazione” del tessuto sociale di Istanbul.
Se a questo si aggiunge l’esplosione demografica che ha investito la metropoli turca nell’ultimo ventennio e la conseguente speculazione edilizia invasiva e dilagante, si può immaginare quanto questi quartieri abbiano perso l’identità descritta nel 1875 dallo scrittore italiano.
Trentacinque anni dopo la stesura di questo racconto di viaggio viene indetta un’asta per la costruzione della prima grande centrale elettrica di tutto l’Impero Ottomano, esattamente nei luoghi descritti nel brano di De Amicis.
La centrale elettrica di Silahtarağa: una breve cronistoria
L’ingresso del complesso museale
Le esigenze di modernizzazione dell’Impero, ormai prossimo al tragico smembramento che seguirà al primo conflitto mondiale, avevano come costante punto di riferimento le moderne società europee. Le recenti vicende storiche avevano avvicinato alle potenze mitteleuropee il Sultano in carica (Mehmet V), ormai poco più di un “fantoccio” nelle mani dei “Giovani Turchi”. Questa scelta di campo condizionerà soprattutto l’intervento ottomano nella Prima Guerra Mondiale, arrivando a sancirne - di fatto - il suo definitivo disfacimento.
Proprio grazie agli ottimi rapporti politico-economici intrattenuti con l’Impero Austro-Ungarico, la Compagnia Elettrica Ganz, con sede a Budapest, viene incaricata di realizzare la prima, imponente centrale elettrica dell’Impero, alimentata a carbone; obiettivo prioritario al momento dell’inizio dei lavori sarà quello dell’elettrificazione della capitale.
Posta su di una superficie complessiva di 118.000 metri quadri, comprendenti i locali dei boiler e dei motori, gli edifici amministrativi, gli alloggi del personale e ampi magazzini per lo stivaggio del combustibile fossile, la struttura viene ultimata negli ultimi mesi del 1913.
All’immediata vigilia della “Grande Guerra”, il giorno 11 febbraio 1914, la nuova centrale di Silahtarağa inizia l’erogazione di corrente elettrica alla rete tramviaria della capitale, giungendo a servire pochi giorni dopo i palazzi imperiali ed alcuni sobborghi attigui.
Le tragiche vicende del conflitto non fermeranno il processo di elettrificazione di Istanbul. Sebbene l’allora capitale fosse occupata dalle truppe dell’Intesa, già negli anni ’20 la potente centrale poteva servire molti quartieri della città ubicati nella sponda europea.
Grazie alla posa di un sistema di cablaggio sottomarino attraverso il Bosforo, nel 1926 anche la parte asiatica della città viene elettrificata e servita dall’impianto di Silahtarağa.
Nel 1937 l’intero complesso viene nazionalizzato e destinato l’anno successivo alla Municipalità d’Istanbul. I progetti di potenziamento della rete elettrica della metropoli avranno un costante incremento, ma la struttura resterà l’unica fonte di approvvigionamento elettrico fino al 1952.
Nel 1956 la capacità produttiva raggiunge il massimo potenziale di 120.000 kilowatt, allorquando emerge l’esigenza di incrementare il numero delle centrali di approvvigionamento elettrico. Da questo momento inizia il lento declino produttivo dell’impianto.
Il 13 maggio 1983, la centrale elettrica, ormai antiquata e particolarmente inquinante a causa della sua alimentazione a carbone, cessa la produzione e interrompe la sua gloriosa storia che ben ha rappresentato i contraddittori processi di modernizzazione della Nazione Turca.
Il progetto di recupero: il Museo dell’Energia
La sala di controllo della Centrale
Dopo l’esaurimento del suo ruolo produttivo, il destino della centrale istanbuliota diventa molto simile a quello di impianti omologhi ubicati in tutte le parti del globo.
Ormai in disuso, il progressivo deterioramento dell’impianto lo inserisce di fatto nel novero delle
strutture che vanno a comporre il tessuto dell’archeologia industriale della città.
Questo simbolo della modernizzazione post-imperiale del Paese resta per anni dimenticato, finché
nel 2004 il ministero dell’Energia assegna all’Università Bilgi d’Istanbul una concessione ventennale per il recupero dell’intera area e la riassegnazione della stessa ad attività accademiche e culturali. Il 17 luglio 2007 viene inaugurata dal premier Erdoğan la nuova “Santral Istanbul”. L’ambizioso progetto dell’Ateneo privato si può sintetizzare nella sostanziale integrazione di un nuovo campus dell’università stessa con due strutture museali.
Gli interventi degli architetti turchi Nevzat Sayın, Emre Arolat e Han Tümertekin si rivolgono innanzitutto al recupero dei locali destinati alle turbine e ai generatori e alla loro riconversione in museo dell’energia. L’approccio non invasivo alla struttura originaria mantiene sostanzialmente invariati sia i capannoni che i macchinari in esso contenuti, creando nel contempo alcune infrastrutture che facilitano la visita dell’intero spazio museale.
In un’atmosfera suggestivamente cupa si possono visitare entrambi i locali-motori, all’interno dei quali sono state dislocate postazioni interattive che conducono il visitatore in un percorso didattico attraverso la simulazione di alcuni principi fisici attinenti alla produzione di energia elettrica.
La sala di controllo conserva intatta una suggestiva atmosfera proto-industriale, esaltata dalla pavimentazione a piastrelle di cemento bianco dipinte a mano, tipica dell’architettura d’interni della città nei primi anni del ventesimo secolo. Al di sotto della sala di controllo sono stati ricavati dai locali dei trasformatori un atelier espositivo e un auditorium.
Il progetto di recupero: il Museo d’Arte Contemporanea
Mehmet Güleryüz-‘Climbing monkey’-1977
L’approccio rivolto alla creazione di un’area espositiva dedicata all’arte contemporanea si è concretizzato nella totale riedificazione di due locali ampiamente deteriorati e assegnati nei primi anni di attività della centrale ai boiler adibiti alla produzione termodinamica.
I due edifici di cinque piani integrano alla struttura portante in cemento armato un rivestimento esterno in vetro e acciaio. Il reticolo in metallo grigio permette alla luce diurna di filtrare all’interno dei locali del museo; nelle ore notturne un’apposita illuminazione fa risaltare le rifrazioni dei pannelli ed esalta le trasparenze del vetro, modificando l’aspetto esterno del complesso.
Di giorno, infatti, il contrasto della luce naturale con il rivestimento non permette di vedere l’interno della costruzione che si svela dopo il tramonto, contrastando fortemente con il relativo buio circostante.
Una struttura in vetro funge da ponte di collegamento tra i due edifici che sono, di fatto, integrati in un unico spazio espositivo di 7000 metri quadri.
Durante la recente Biennale d’arte, svoltasi l’autunno scorso, i locali del museo sono stati utilizzati per diverse mostre temporanee. Una di queste, intitolata “Modern ve ötesi” (“Moderno e oltre”), visibile fino al 15 giugno 2008, è un interessantissimo excursus attraverso le vicende artistiche plastiche e figurative del novecento turco. La mostra offre una visione sinottica delle tendenze e delle influenze delle avanguardie locali, prendendo in esame soprattutto il periodo che va dal 1950 ai giorni nostri. Sono più di 450 le opere esposte, provenienti da musei, collezioni private e universitarie della città. La visita dell’esposizione permette di apprezzare opere legate a schemi rappresentativi tipici delle scuole artistiche europee dell’epoca, con notevoli elementi di referenzialità ai contesti socio-culturali del paese, soprattutto rilevabili nelle opere concettuali più recenti.
Campus, infrastrutture:
All’interno dell’area della centrale dismessa sono stati realizzati gli edifici dedicati all’attività accademica, comprendenti un bel locale-mensa ubicato in una struttura indipendente in vetro e acciaio, aule, sale congressi, biblioteca.
Alcuni locali destinati a magazzini di stoccaggio sono stati riconvertiti in strutture informative, uffici o dedicati ad attività di ristorazione.
Visitando “Santral Istanbul” durante la settimana si può godere di un’atmosfera particolarmente vivace grazie alla presenza degli studenti dell’Università Bilgi che affollano i giardini del campus. Questo elemento contribuisce a rendere più viva tutta l’area recuperata, fornendo un piacevole contrasto con le imponenti strutture industriali attigue.
La realizzazione dell’intero progetto s’inserisce all’interno di un quadro complessivo di recupero di intere aree di Istanbul, ivi compreso il restauro di edifici storici ubicati in quartieri particolarmente degradati della città. La municipalità e il governo stanno moltiplicando gli sforzi in vista del 2010, quando la metropoli turca sarà Capitale Europea della Cultura, con la finalità di rivitalizzare l’immagine complessiva della città, troppo spesso considerata esclusivamente negli aspetti legati alle parti monumentali a maggiore attrazione turistica.
INFORMAZIONI:
Per chi visitasse Istanbul, l’indirizzo di Santral Istanbul è:
Eski Silahtarağa Elektrik Santrali (Ex Centrale Elettrica di Silahtarağa) Silahtar Mah. Kazım Karabekir Cad. 1 Eyüp-Istanbul
Il modo più comodo per raggiungere Santral è un servizio navetta che parte ogni 30 minuti da piazza Taksim.
Santral Istanbul è aperta tutti i giorni escluso il lunedì dalle 10 alle 20. Tutti gli spazi espositivi sono ad ingresso gratuito.
Per informazioni web:
www.santralistanbul.com.tr