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Questioni di gas

23.01.2009    scrive Mihaela Iordache

La guerra del freddo tra Mosca e Kiev ha avuto conseguenze anche in Romania. Ma meno che in altri Paesi dell'area. E intanto a Bucarest ci si interroga sui progetti di nuovi gasdotti, dal Nabucco a South Stream
Dall’ultima “guerra del gas” tra Russia e Ucraina la Romania esce con qualche decina di milioni di dollari di perdite e due “misteriose” telefonate tra il premier russo Putin e il presidente Basescu, finalmente cercato attivamente dagli interlocutori di Mosca. Conversazioni misteriose soprattutto per l'opinione pubblica romena, cui nessuno ha raccontato cosa si siano detti i due, a parte il fatto che Putin ha chiamato Basescu per parlare delle forniture di gas bloccate dal 7 gennaio.

Altro non è trapelato da palazzo Cotroceni, sede della presidenza romena, anche se il governo russo non ha avuto difficoltà nel rendere pubblico qualche dettaglio sull’ultima telefonata (fatta a metà gennaio) tra i leader di Mosca e Bucarest. “Putin ha comunicato al presidente della Romania che Kiev blocca il gas che transita sul territorio ucraino e destinato ai clienti europei.”

E sempre da Mosca si è saputo che “il presidente Basescu condivide la posizione della Russia per quanto riguarda la responsabilità dell’Ucraina circa il blocco del transito del gas verso l’Europa”. Bucarest non ha né smentito né confermato le informazioni lasciate trapelare, consentendo a Mosca di promuovere la propria posizione (proprio mentre era in cerca di alleati durante la crisi), nonostante i due paesi abbiano avuto finora rapporti freddi e addirittura ostili soprattutto da parte romena a causa dei ricordi del periodo dell’ex Unione Sovietica.

L’Urss non c’è più, ma la guerra fredda si è trasformata nella “guerra del freddo” tra Mosca e Kiev che si è ripetuta in più riprese, sempre d’inverno, e che stavolta ha fatto davvero tremare l’Europa. L’Ue importa in media il 25% del gas dalla Russia, mentre per la Romania la percentuale sale al 31%. Questo - scrivono i giornali di Bucarest - significa che il paese è pur sempre meno dipendente dal gas russo rispetto a Bulgaria (90%), Ungheria (65%) e Polonia (46%).

In piena crisi, Putin ha fatto un' offerta a sorpresa alla Romania, anche se a Bucarest alcuni hanno temuto trattarsi di un “depistaggio politico”. Il premier russo ha dichiarato che la Federazione Russa può intrattenere rapporti diretti con le compagnie di stato romene per il rifornimento di gas, e ha pregato il corrispondente della tv pubblica romena a Mosca di comunicare al presidente Basescu che la Russia è pronta a mettere il suo gas a disposizione delle compagnie statali romene che potrebbero poi rivenderlo all’Ucraina.

In pratica si tratta della disponibilità da parte russa di fornire gas alla Romania senza intermediari. “E' una buona offerta?” si è poi chiesto retoricamente Putin, aggiungendo poi di ritenerla “difficile da rifiutare”. Stupore in Romania. Per molti, però, Putin non parlava sul serio. Bucarest, quindi, non si è mossa e ha preferito tacere sulla vicenda.

Qualche eco delle telefonate tra Putin e Basescu hanno avuto però riflessi a Kiev. Il vice ministro degli Esteri ucraino, Konstantin Eliseev, ha dichiarato che l’ambasciatore romeno in Ucraina gli ha dato assicurazioni sul fatto che Basescu non avrebbe condiviso la posizione della Russia per quanto riguarda la responsabilità dell’Ucraina circa il blocco del transito del gas verso l’Europa. Il viceministro ucraino ha chiesto inoltre al paese vicino di smentire le informazioni pubblicate dalla stampa russa. Silenzio, invece, dal ministero degli Esteri romeno.

Dopo due settimane di gelo le due ex repubbliche sovietiche hanno firmato nuovi contratti per un periodo di dieci anni su forniture e prezzo del gas per l’Ucraina. Da Mosca è arrivato quindi l'ordine di riaprire i rubinetti dell' “oro blu”. I documenti firmati eliminano gli intermediari tra la società russa Gazprom e quella ucraina Naftogaz. Per il 2009 la tassa di transito pagata dalla Russia rimane invariata, l’Ucraina pagherà il gas ad un prezzo del 20% inferiore a quello europeo - 360 dollari per mille metri cubi (contro i 450 dollari del prezzo di mercato) - ma pur sempre doppio rispetto a quanto pagato da Kiev l’anno scorso (180 euro).

Chiusa la crisi l’Europa torna a parlare di fonti alternative. Il presidente della Commissione europea Barroso ha ricordato il rischio che corrono i paesi europei: “Una delle conclusioni da trarre dalla crisi, per gli Stati membri, l'opinione pubblica e i consumatori, è che il gas proveniente dalla Russia attraverso l'Ucraina non è sicuro: è un fatto obiettivo e bisogna trarne delle conseguenze per il futuro". Barroso ha poi definito la crisi come una vicenda dolorosa e ha ribadito l’urgenza che l’Ue prenda davvero sul serio il tema della sicurezza energetica.

Intanto il progetto Nabucco, spesso invocato come alternativa, rimane sulla carta. Nabucco è destinato ad approvvigionare di gas l’Europa dall’Asia centrale, bypassando la Russia. Sei i paesi coinvolti: Austria, Ungheria, Romania, Bulgaria, Turchia e Germania. Lo scopo è quello di ridurre la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia. Ma i finanziamenti sono insufficienti e gli analisti temono ulteriori rinvii a causa delle crisi economica.

Nabucco doveva partire dal 2013, ma ultimamente si parla di 2015, anno in cui il gas dal Mar Caspio, passando attraverso Turchia e Balcani dovrebbe arrivare in Austria. Le ultime stime sui costi del gasdotto parlano di 7,9 miliardi di euro contro i 4,4 iniziali. Il gas potrebbe essere acquistato dall’Iran, ma resta sempre una possibile resistenza politica degli Usa verso questa alternativa.

Il principale concorrente di Nabucco è il progetto russo-italiano South Stream, a cui hanno aderito anche Bulgaria e l’Ungheria. E mentre l’Ue parla di rilanciare il Nabucco, la Russia sostiene che bisogna accelerare la realizzazione di South Stream. ''Bisogna accelerare il lavoro preparatorio ed economico del gasdotto South Stream'', ha dichiarato Serguei Kouprianov, portavoce di Gazprom. South Stream dovrebbe entrare in funzione nel 2013 e permetterà il transito del gas russo dal Mar Nero verso Bulgaria, Grecia, Serbia, Ungheria ed Italia.

Putin, durante la crisi, ha precisato che la Russia non si oppone ad una participazione della Romania al progetto South Stream. Molti analisti romeni avvertono però che South Stream renderebbe la Romania più dipendente dalla Russia, facendo notare che l’impatto dell’ultima crisi del gas sulla Romania è stato ridotto rispetto a quanto successo nella vicina Bulgaria.

Durante la crisi la Romania non ha né fornito né ricevuto gas da altri paesi. Questo perché, come ha spiegato il direttore generale di Transgaz, Ioan Rusu “per quanto riguarda il gas naturale, non possiamo né ricevere aiuto né darne, visto che non disponiamo delle condizioni tecniche necessarie”. Nei giorni della crisi, i due produttori di gas della Romania, Petrom e Romgaz, hanno fornito gas al massimo delle loro capacità. In ogni caso, ha concluso Rusu “possiamo cavarcela con quello che abbiamo”.

Rispetto ai paesi vicini, la Romania ha in corso un unico progetto, con l’Ungheria. Si tratta di un gasdotto in costruzione tra Arad e Szeged. Il gasdotto (di 109 km) dovrebbe essere pronto entro il primo gennaio del 2010, ed avrà una capacità di 4,4 miliardi di metri cubi/anno.
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