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Giovani democrazie

17.03.2009    Da Chişinău, scrive Iulia Postica

Elezioni in Moldavia (McDonald/Flickr)
Dall’ indipendenza, nel 1991, in Moldavia si sono tenute quattro elezioni parlamentari. La quinta tornata si terrà il prossimo 5 aprile 2009. Nonostante alcune difficoltà strutturali, oggi il pluralismo politico appare ben radicato nella società moldava. Una breve panoramica
Dal riconoscimento dell’indipendenza, nel 1991, in Moldavia si sono tenute quattro elezioni parlamentari (1994, 1998, 2001 e 2005), due delle quali anticipate (1994 e 2001); la quinta si terrà a breve, il 5 aprile 2009.

Tutte le elezioni si sono svolte secondo un sistema proporzionale assoluto a circoscrizione nazionale unica, stabilito dal Parlamento in risposta alla crisi in Transnistria e causa l’impossibilità di aprire sezioni elettorali nella regione. Gli abitanti dei distretti orientali potranno però votare in sezioni vicine al confine con la Transnistria, sul territorio controllato dal governo centrale moldavo. Queste sezioni sono considerate poco rilevanti per l’esito complessivo del voto, ma il sistema corrisponde agli standard internazionali, come dichiarato dagli osservatori.

Risultati elettorali in Moldavia dal 1994 al 2005

- Febbraio 1994. Nelle prime elezioni politiche dopo l'indipendenza, è il Partito agrario democratico a raccogliere la maggioranza relativa (43,18%) seguito dalla coalizione Partito socialista/Movimento Yedinstvo (22%). Entrano in parlamento anche il movimento Contadini e Intellettuali e il Fronte popolare cristiano-democratico

- Marzo 1998. Dopo essere stato bandito, il Partito dei comunisti viene riammesso alle elezioni, e conquista ben 40 dei 101 seggi in parlamento col 30.1% dei voti, seguito dalla Convenzione democratica (19.2%), dal Movimento per una Moldavia prospera e democratica (18,2%)e dal Partito delle forze democratiche (8,8%). Questi ultimi tre partiti confluiranno nell'Alleanza per la democrazia e le riforme, assumendo il governo del paese.

- Febbraio 2001. Solo tre partiti superano la soglia di sbarramento del 6%: il Partito dei comunisti (49.9%) risulta vincitore, divenedo così il primo partito comunista non riformato a tornare al potere in uno stato ex-sovietico.

- Marzo 2005. Il Partito dei comunisti vince ancora, stavolta col 46% dei voti che valgono 56 dei 101 seggi in parlamento. Seguono il Blocco Moldavia democratica (28,5%), e il Partito popolare democratico-cristiano (9,1%).
La partecipazione al voto è in costante caduta: se nel 1994 si era espresso il 79,3% degli aventi diritto, l’affluenza è in seguito scesa al 69.12% (1998), 67.52 % (2001) e 64.84% (2005). Di fronte al continuo declino economico e sociale, la popolazione è sempre più scettica verso le promesse elettorali, mentre i sentimenti di nostalgia ritornano a ondate ogni volta più forti.

Il sistema partitico

La democrazia liberale moldava ha una storia recente: ha cominciato infatti ad affermarsi alla fine degli anni Ottanta, con l’emergere di formazioni politiche altre rispetto all’allora onnipotente partito comunista. Ad oggi, tuttavia, il pluralismo è un fenomeno ben radicato nella società: il sistema partitico che era nato nell’ombra dell'eredità negativa di decenni di regime ha beneficiato dello sviluppo istituzionale durante la transizione post-comunista, pur nella cornice di leggi elettorali in continuo cambiamento.

Secondo i politologi, la competizione fra partiti si basa su tre principali strategie che possono rafforzare democraticamente il sistema politico: la relazione clientelare tra partiti ed elettori, il carisma dei leader politici e – il fattore più importante – ideologie e programmi.

Lo sviluppo istituzionale avviato dalla transizione – con il sistema proporzionale, la limitazione dei poteri del presidente e la responsabilità dei ministri di fronte al parlamento – ha avuto un impatto positivo sulla formazione di un sistema partitico orientato ai programmi. Tuttavia, l’eredità socio-economica, caratterizzata dalla mancanza di solide pratiche democratiche e da un diffuso clientelismo nell’apparato burocratico, ha ostacolato il radicarsi di un sistema partitico ideologicamente e programmaticamente ben sviluppato.

Migliorare la legge elettorale

Fin dal 1993, le elezioni parlamentari si basano su un sistema proporzionale assoluto: un paese, una circoscrizione elettorale. Tuttavia, molti ritengono che questa non sia l’opzione migliore per la Moldavia. La legge elettorale è infatti la norma più dibattuta nei circoli politici: quella attualmente in vigore è stata adottata nel novembre 1997, ma ha subito molti cambiamenti nel corso degli anni – sono state infatti approvate più di 15 leggi per la sua modifica, per un totale di 250 emendamenti che hanno coinvolto oltre un terzo dei 205 articoli.

Questa crescente attenzione alla legge elettorale ha molte ragioni. In primo luogo, nota l’esperto Igor Boţan, ogni ciclo elettorale evidenzia delle carenze cui porre rimedio: in questo caso le modifiche sono proposte dalla Commissione Elettorale Centrale o dalle organizzazioni locali e internazionali, e contribuiscono effettivamente al miglioramento del sistema.

Un secondo gruppo di cambiamenti è quello proposto e implementato dal partito di maggioranza, con il solo obiettivo di avvantaggiarsi all’elezione successiva: questi si concentrano soprattutto sulla soglia di sbarramento per partiti, coalizioni e candidati indipendenti. Ad esempio, nel 2000 lo sbarramento è passato dal 4% al 6%, mentre nel 2002 è stato fissato al 3% per i candidati indipendenti, al 6% per i partiti, al 9% per le coalizioni a due partiti e al 12% per i blocchi di tre formazioni.

Una terza serie di modifiche è quella avviata dai partiti d’opposizione con l’intento di rimuovere gli interventi della maggioranza: ad esempio, una di queste iniziative prevedeva l’introduzione di un nuovo sistema elettorale – un proporzionale “limitato”, con una singola circoscrizione e diversi mandati – invece dell’attuale proporzionale assoluto. Le proposte del terzo tipo sono solitamente respinte dalla maggioranza, anche quando hanno lo scopo di migliorare il sistema.

Sfortunatamente, il proporzionale assoluto – che ha l’obiettivo di rispettare la volontà dei partiti piuttosto che quella dell’elettorato – impedisce lo sviluppo di un rapporto diretto fra elettori ed eletti: infatti, i primi sono costretti a dare il voto non a un candidato, ma a una lista generale presentata da ciascun partito.

Inoltre, il sistema può creare distorsioni di rappresentanza, come ad esempio nel 2001, quando il 28% dei voti espressi non arrivò in Parlamento a causa dello sbarramento al 6%. È lampante quindi la necessità di cercare un equilibrio fra il diritto degli elettori a scegliere il candidato desiderato e una rappresentanza proporzionale della volontà dei cittadini.
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