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Sassi sul Gay pride

01.07.2009    Da Capodistria, scrive Stefano Lusa

Ljubljana (s0cialanimal/flickr)
Finisce a sassi e botte l’ottava edizione del Gay Pride sloveno. Nonostante la Slovenia abbia fatto passi avanti sul piano legislativo, sono ancora molte le resistenze verso la comunità LGBT. Il ministro dell’Interno Katarina Kresal è decisa a porvi rimedio
Tutto doveva filare liscio. La polizia aveva promesso che avrebbe vegliato sulle iniziative organizzate nell’ambito del Gay Pride. Negli scorsi anni non erano, infatti, mancati episodi di manifesta omofobia. Il ministro degli Interni, Katarina Kresal, aveva annunciato tolleranza zero. La comunità gay era soddisfatta. Finalmente, spiegavano gli attivisti, dopo un lungo periodo in cui le violenze contro gli omosessuali venivano considerate un reato marginale, le autorità avevano dato un segnale di voler voltar pagina.

Quest’anno l’intenzione non era solo quella di organizzare la tradizionale parata, ma di allestire un’intera settimana di iniziative. Il 25 giugno – data in cui in Slovenia si festeggiava il 18° anniversario della proclamazione dell’indipendenza – era in programma una serata letteraria in cui si sarebbe dovuta presentare una traduttrice e l’autore di un romanzo erotico gay.

Quello che doveva essere un tranquillo incontro, a un certo punto, è stato interrotto dall’arrivo di un gruppo di giovanotti incappucciati. La “squadraccia” ha preso a sassate il locale e ha pestato un noto attivista del movimento gay sloveno. Se l’è cavata con tre punti di sutura alla testa, alcune bruciature al collo e un braccio dolorante.

Oramai da anni gay e lesbiche slovene denunciavano l’aumento degli episodi di intolleranza e di violenza nei loro confronti. Quanto accaduto giovedì scorso, però, supera di molto quelli che si erano registrati sinora, visto che si tratta chiaramente di un’azione organizzata e premeditata.

L’accaduto ha scosso profondamente la società. Il ministro degli Interni Katarina Kresal, in segno di solidarietà, ha persino partecipato alla parata in programma domenica. Con lei c’erano circa 500 persone, molte di più rispetto agli anni scorsi, in cui si riuscivano a raccogliere a malapena 100-200 partecipanti.

Il Gay Pride si organizza a Lubiana dal 2001. La manifestazione, che gode del patrocinio del sindaco della capitale, era nata dopo che due omosessuali erano stati presi di mira dal personale di un locale nel pieno centro cittadino.

Fare “outing” in Slovenia, del resto, non sembra facile. Secondo le organizzazioni omosessuali, i gay sono ancora costretti a nascondere la propria identità. I più preferiscono rimanere nell’ombra o almeno non ostentare troppo la loro omosessualità. È innegabile, infatti, che nella società persista ancora una certa dose di machismo. Le battute sui “froci” si sprecano e l’essere gay – al di là delle dichiarazioni di facciata - significa non essere considerato del tutto normale. Del resto è significativo che non ci sia praticamente nessun personaggio pubblico e tantomeno nessun politico che abbia avuto il coraggio di confessare apertamente la propria omosessualità.

Dal punto di vista giuridico, comunque, esiste una legge che regola l’unione tra persone dello stesso sesso. Il provvedimento, entrato in vigore nel 2006, definisce una serie di questioni giuridiche e patrimoniali, ma per le organizzazioni gay è discriminatorio.

Ora la Kresal ha annunciato che intende proporre agli altri partner della coalizione di governo di porre rimedio alla questione all’interno della nuova Legge sul diritto di famiglia. È difficile prevedere come si comporterà la maggioranza di centrosinistra, ma appare scontata la chiusura in materia dell’opposizione di centrodestra.

La presidente del Partito demo liberale, così, dopo aver fatto dei passi concreti per risolvere la questione dei cancellati, ora si starebbe muovendo anche a favore degli omosessuali. La Kresal, che due anni fa aveva preso in mano un Partito demo liberale allo sfascio, sembra voler far tornare la formazione politica alle origini, puntando su un’interpretazione liberale della tutela dei diritti della persona.

I demo liberali, infatti, erano nati dalla Lega della gioventù socialista della Slovenia. L’organizzazione “socio – politica” dei giovani, negli anni Ottanta, diede spazio al suo interno ai cosiddetti “movimenti alternativi”, che contribuirono a democratizzare la società.

Proprio sotto l’egida delle strutture controllate dai “giovani” sorsero, tra il 1984 e il 1985, i primi gruppi organizzati di lesbiche e omosessuali. Lo scopo era quello di arrivare ad una “socializzazione” dell’omosessualità. Si trattava del primo coming out organizzato in un paese ad ordinamento socialista. Ovviamente ammettere di essere gay, in società anche più aperte di quella slovena, non era semplice, ma in quel periodo, nel clima di crescente libertà e tolleranza che si registrava in Slovenia, la cosa divenne possibile.

Il movimento avanzò anche una serie di precise richieste politiche. Si voleva che in tutta la Jugoslavia fossero cancellate le norme che sanzionavano l’omosessualità. Nella Federazione, infatti, la legislazione in materia variava a seconda delle repubbliche. Si chiedeva che nella Costituzione fosse inserita una norma che vietava le discriminazioni in base all’orientamento sessuale e che venisse spiegato nelle scuole che l’omosessualità era un modo di essere del tutto equiparabile all’eterosessualità.

Rispetto a quel periodo sono stati fatti notevoli passi avanti dal punto di vista legislativo, ma il clima nel paese non pare più essere tanto tollerante nei confronti di chi è ritenuto diverso. Del resto, nel processo che portò all’indipendenza della Slovenia più di qualcuno pensava che la soluzione vincente fosse quella di omogeneizzare il paese.

Da decenni sembra ci sia uno scontro aperto tra una concezione liberale e aperta della società e un’altra più conservatrice arroccata intorno alla difesa dei valori e delle tradizioni. Negli anni Ottanta, la prima dimensione aveva preso nettamente il sopravvento. La Slovenia pareva essere una società laica e urbana. Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, invece, è emerso uno spirito più conservatore, trincerato nelle campagne, che era stato zittito per decenni dal regime comunista.
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