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È una delle fondatrici dell'Alleanza contro la discriminazione delle persone LGBT. Preferisce restare anonima, per timore di ritorsioni. In questa intervista esclusiva per OBC, Marlen D. spiega cosa si può fare per rendere più tollerante l'Albania
Qual è la situazione della comunità LGBT in Albania?
In Albania non esiste una vera e propria comunità LGBT. Nel 1995 ci sono stati dei tentativi di mettere in piedi un'associazione e cercare di definire la comunità, ma non ha funzionato molto, perché la gente era estremamente spaventata e non voleva ammettere in pubblico la propria omosessualità. Ci sono stati poi diversi tentativi di minore portata da parte di organizzazioni che si occupano di diritti umani, ma per cambiare le cose manca ancora molto. Per riuscire a migliorare lo stato attuale, oltre al contributo di alcune iniziative della società civile, è importante il coinvolgimento delle persone della comunità LGTB in prima persona. Bisogna che siano queste persone ad alzare la voce per diventare parte della vita pubblica, per poi riuscire a sensibilizzare l'opinione pubblica sul fatto che noi esistiamo, siamo esistiti e continueremo a esistere tra loro nonostante le loro opinioni. Soprattutto bisogna definire una comunità gay per far vedere agli altri che siamo persone normali, non siamo malati, e neanche strani.
Qual è l'opinione più diffusa sulla comunità LGBT in Albania?
Circolano numerosi miti su di noi, e sull'omosessualità. Veniamo visti come malati o come affetti da una deviazione psicologica, e l'omosessualità è considerata come una sorta di malattia. Naturalmente questa è una conseguenza della mancanza di informazione nella società albanese su questo fenomeno. Per questo motivo voglio sottolineare la nostra partecipazione nella vita pubblica, per riuscire in tal modo anche a dare l'informazione necessaria su questo fenomeno, e su di noi. Per far capire in breve a chi non lo sapesse, che siamo gente normale, con una professione, una personalità, che intendiamo creare rapporti sentimentali stabili, e anche delle famiglie come tutti gli altri. Per ora c'è molta discriminazione fisica e verbale nei confronti della nostra comunità. Dichiararsi omosessuali in Albania vuol dire prefiggersi l'obiettivo di sfidare la mentalità tradizionalista, consolidata dall'incapacità di accettare il diverso.
Perché tanta intransigenza?
Non penso che si possa legare al fatto che siamo una popolazione a maggioranza musulmana, o tradizionalista. Dipende più che altro dal nostro isolamento, ai tempi del comunismo e in parte ora, dalle barriere Schengen. Essendo così isolati non abbiamo avuto modo di avere le informazioni necessarie sulle trasformazioni e l'evoluzione sociale del resto d'Europa. Eravamo del tutto ignari di tutto ciò che succedeva fuori dalla nostra piccola isola, l'Albania è come una piccola isola. Molta gente omosessuale fino a poco tempo fa non aveva modo di accorgersene poiché non conosceva il concetto. Invece le nostre religioni non hanno alcun peso, perché il loro ruolo è completamente indebolito dal comunismo, e comunque non ci siamo mai distinti per una forte religiosità.
Che ruolo hanno le televisioni straniere e Internet nel rompere queste barriere?
A mio avviso tutti i mezzi della comunicazione hanno dato un contributo molto importante da questo punto di vista. Ma sarebbe meglio che invece dei modelli degli omosessuali presi in prestito dalle esperienze degli altri paesi, si introducesse la presenza dei gay albanesi, per far vedere quella parte della nostra società che effettivamente c'è tra noi. I film, e i diversi programmi televisivi dei canali stranieri, hanno aiutato molto i gay a capire se stessi, e bisogna ammettere che hanno dato modo anche al resto della gente, agli etero, di avvicinarsi al mondo LGBT. Tra l'altro è interessante sottolineare che negli ultimi tempi, i modelli offerti dai media hanno fatto sì che prendesse piede un nuovo fenomeno. Quello che io definirei, il “lesbismo trendy”. Si tratta di una vera e propria moda diffusa tra le ragazze urbane, giovani e giovanissime, che per attirare l'attenzione decidono di creare rapporti con altre ragazze. Personalmente non ho nulla contro questa tendenza, perché sono degli eccessi necessari per la fase attuale della società albanese, per far aumentare la familiarità con l'omosessualità. Ma non c'è altrettanta libertà da parte delle persone realmente omosessuali a dimostrare la propria identità sessuale apertamente.
Questa moda però non riguarda anche l'omosessualità maschile?
Per gli uomini è ancora più difficile mostrarsi in pubblico. Il lesbismo è più accettabile esteticamente dalla mentalità maschile. Invece un rapporti tra due uomini è visto come uno schiaffo in faccia alla mascolinità. In questi casi le reazioni sono delle più aggressive, spesso si verificano anche casi di violenza, anche semplicemente perché alcuni ragazzi hanno modi di fare effeminati.
Tu hai subito questa discriminazione?
La discriminazione la percepisco tutti i giorni, quando vedo la gente parlare con disprezzo degli omosessuali. Non è facile dimostrare affetto in pubblico, o andare in giro mano nella mano. È sempre meglio evitare, perché in caso di violenza di solito si ha paura anche di denunciare il fatto alla polizia, perché poi bisogna ammettere di essere stati aggrediti perché omosessuali. È successo diverse volte che i poliziotti invece di aiutare gli aggrediti, si sono comportati in modo ancora più discriminatorio, spesso non reagiscono, o abusano anche loro degli aggrediti. Le vittime più frequenti sono per lo più gli uomini.
Che ruolo hanno le associazioni per la comunità LGBT in Albania?
Associazioni vere e proprio non ci sono. Ci sono delle associazioni della società civile che si occupano di altri settori, che sporadicamente hanno organizzato attività sugli omosessuali. Ma si tratta di singole iniziative molto limitate, che non hanno fatto molto per l'opinione pubblica. Esistono diversi gruppi organizzati dai gay, ma che rimangono su un piano d'azione molto limitato.
Come nasce l'Alleanza contro la discriminazione delle persone LGBT?
L'
Alleanza contro la discriminazione delle persone LGBT è stata creata negli ultimi mesi. Si tratta in realtà di un'iniziativa di persone straight e gay, nata su
facebook. Era un modo per scambiare idee, mettere le persone in contatto. Ma inizia ad avere un suo riscontro anche oltre. Abbiamo partecipato ad alcune attività in occasione della giornata contro l'omofobia. Quest'anno è stata celebrata per la prima volta in Albania, con il sostegno delle ambasciate americana e olandese.
Qual è l'obiettivo dell'Alleanza LGBT?
L'obiettivo è quello di creare una comunità gay in Albania, per far in modo che le persone non si sentano più isolate, e abbiano la possibilità di conoscersi e di sostenersi tra di loro. Stiamo organizzando diverse attività a cadenza settimanale, poiché a Tirana, e tanto meno nelle altre città albanesi, non esistono dei luoghi di riferimento per la comunità gay, non ci sono dei locali della comunità. Da quel che abbiamo organizzato finora sono molto soddisfatta. L'adesione è stata enorme, perché la gente aveva bisogno di questo. La comunità LGBT inizia quindi a non essere solo virtuale come lo era fino a poco tempo fa su Facebook, o su altri network sociali. Tutte le settimane organizziamo diversi incontri, proiezioni di film, documentari, party e la partecipazione aumenta ogni volta.
A Tirana non si è mai parlato di un gay pride, ma avete partecipato ad altri gay pride?
Per ora a Tirana non si può proporre un gay pride. Non è stato ancora raggiunto un ambiente sicuro, per poter uscire liberamente in piazza. Innanzitutto perché non siamo ancora tutelati dalla legge contro la discriminazione. Siamo in attesa dell'approvazione della legge. Poi saremo più sicuri, anche per il riconoscimento dell'Alleanza in termini giuridici. Per ora abbiamo partecipato al Gay Pride di Zagabria, sventolando la bandiera albanese. Abbiamo instaurato dei buoni rapporti con le associazioni croate e stiamo cercando di metterci in contatto anche con quelle di altri paesi vicini, e soprattutto con il Kosovo. La comunità gay in Kosovo è più consolidata della nostra. Spero che in futuro si riesca a organizzare un gay pride comune.
Intanto in molti preferiscono emigrare nei paesi occidentali per motivi di discriminazione sessuale...
Non mi sembra un motivo valido per andarsene. Ma una ragione per continuare a restare qui, e per contribuire a cambiare le cose. Questo è ciò che sto cercando di fare, e che vorrei facessero tutti gli appartenenti alla comunità LGBT. Ma per ora sono numerosi i gay che hanno emigrato perché non riuscivano più a sopportare la pressione della società. Bisogna però cambiare atteggiamento e convincersi che se non proviamo a cambiare questa società, nessuno la cambierà per noi.