Bosnia Erzegovina, il primo coming out
09.09.2008
Da Mostar,
scrive Dario Terzić
Accolto tra mille polemiche, a fine settembre si svolgerà a Sarajevo il primo festival queer bosniaco, organizzato dall'Associazione Q. In Bosnia sono ancora molte le resistenze verso la comunità di gay, lesbiche e transessuali (LGBT) ma c'è chi ha deciso di uscire allo scoperto
Sarà un’avventura, dicono alcuni. Sarà una provocazione, dicono altri. Il primo Queer festival in Bosnia Erzegovina (BiH), organizzato dall’associazione Q - lesbiche, gay queer, trans di Sarajevo. Perché una provocazione? Soprattutto perché coincide con il mese del Ramadan, ritengono i credenti islamici.
Il festival dovrebbe svolgersi dal 24 al 28 di settembre a Sarajevo, ma la prima conferenza stampa è stata organizzata a Mostar il 4 settembre scorso. Già un mese prima della partenza ufficiale, questo festival aveva già suscitato parecchio scalpore. Il quotidiano “Dnevni Avaz”, concedendo spazio ai vip, conservatori e religiosi islamici, (in)direttamente ha attaccato più volte il Festival e i suoi organizzatori.
Enes Ljevaković, docente alla Facoltà di scienze islamiche di Sarajevo, si chiede il perché di questa esibizione di idee estranee a tutte le religioni. Il segretario del SDA, partito nazionalista musulmano, è chiaro: “Quella gente ha bisogno di aiuto”. Semiha Borovac, sindaco di Sarajevo lancia un appello per rimandare il festival dopo il Ramadan. Il segretario del partito serbo nazionalista SNSD di Milorad Dodik, Rajko Vasić afferma: “E’ un comportamento innaturale, una deviazione”.
Intervistata per il settimanale “Dani”, Amila Alikadić Husović, responsabile della clinica di oftalmologia di Sarajevo e membro del partito Stranka za BiH, parlando del movimento Queer dice: “Queste non sono libertà, per me è gente malata e va aiutata.” Tutto questo detto da un medico specialista, docente alla Facoltà di medicina di Sarajevo. Dimenticando, forse, che la stessa OMS (Organizzazione mondiale della sanità) da decenni ha tolto l’omosessualità dalla lista delle malattie.
Mentre gran parte dei partiti nazionalisti è contro la manifestazione e contro il movimento gay in generale, il partito Naša stranka, del premio Oscar Danis Tanović, la pensa diversamente ed è contrario a tutte le dichiarazione discriminatorie pronunciate dai rappresentanti religiosi e dai politici.
Il rappresentante della comunità ebraica di Sarajevo Boris Kozenskjin ribadisce che è giunta l’ora che in Bosnia Erzegovina si approvi una legge contro tutte le discriminazioni, legge che finalmente porterebbe il rispetto verso tutte le minoranze, siano esse religiose o sessuali.
Svetlana Djurković, dell’organizzazione Q, dichiara che il Festival ha l’intento di presentare le tendenze storiche e contemporanee di ciò che riguarda la cultura di gay, lesbiche e transessuali. Per quanto riguarda la coincidenza col Ramadan, la Djurković dice che il festival è stato programmato un anno fa, e aggiunge: “Anche tra di noi ci sono dei credenti”.
Tutto quanto sta accadendo attorno a questo festival, può far capire quanto la società bosniaco-erzegovese sia chiusa rispetto al tema dell’omosessualità. Ma per avere un quadro più completo vale la pena ricordare alcuni fatti.
Nell’ex Jugoslavia l’omosessualità era un reato, e solo dopo la guerra arrivano le nuove leggi. Dal 1996 in Federazione BH e dal 1998 in Republika Srpska (le due entità che compongono la Bosnia Erzegovina) essere gay non e più reato. Tuttavia il solo il cambiamento della legge non è sufficiente. Secondo la tradizione, l’homo balcanicus deve essere sempre un vero uomo, un macho, mai un “frocio”. E' una vergogna per tutti, soprattutto per la famiglia, avere un omosessuale in casa. L’omosessualità continua ad essere considerata alla stregua di una malattia.
Per chi durante la guerra è andato via dalla Bosnia è stato più facile guardarsi allo specchio e fare i conti con la propria sessualità. Soprattutto per chi adesso vive in Scandinava. I giornali bosniaci riportano la notizia che nel 2004 il “Mister gay” della Norvegia era Nedim Hasanbegović, un ragazzo bosniaco. Nel frattempo arrivano anche altre storie di ragazzi bosniaci che all’estero non hanno nessun problema ad “essere se stessi”, ad essere gay.
Ma in Bosnia Erzegovina è tutta un’altra cosa. Solo nel 2002 nascono le prime iniziative, come “Bosnia 14 settembre” composta da solo due persone, e poi l’Associazione Q. Ufficialmente l’associazione Q è stata registrata nel 2004. Era il primo passo, ma si trattava pur sempre di “quattro gatti”. Tre o quattro donne che ogni tanto venivano invitate a parlare di tematiche gay sui media bosniaci più aperti. Ci sono stati alcuni matrimoni gay, ma non ufficiali: due ragazze portoghesi che organizzano un finto matrimonio omosessuale per gli amici e cose del genere. Ma per il pubblico bosniaco tutto questo non è che pura curiosità, semplice costume. E nessuno ci bada più di tanto.
Passano gli anni e nella regione (Croazia e Serbia) ci sono alcuni tentativi di Gay pride. I protagonisti, quasi sempre finiscono attaccati, picchiati, feriti. Quest’anno a Zagabria tra i 300 manifestanti c’erano anche una ventina di bosniaci, ma il primo Gay pride della Bosnia Erzegovina è ancora molto lontano.
Oggi, settembre 2008, davanti a noi c’è il primo Queer festival della BiH. Svetlana Djurković dell’Associazione Q annuncia che saranno presentati diversi programmi culturali: uno a Mostar con le 20 persone della Bosnia che si sono dichiarate come lesbiche, gay o queer. Una mostra di fotografie firmate dal fotografo Irfan Redžović. E tante altre iniziative.
Ma solo una decina giorni fa, mentre era in corso il Film Festival di Sarajevo, un ragazzo di nome Mirza Beširović dopo essersi scambiato un bacio col suo fidanzato, è stato aggredito e picchiato da un gruppo di “macho” bosniaci. Questa aggressione e il fatto che sia accaduta proprio pochi giorni prima del Queer festival spingono Mirza a fare il primo vero coming out della Bosnia Erzegovina. E lo fa in un’intervista per il settimanale “Dani”.
Mirza studia inglese, è vissuto in Inghilterra e poi è tornato a vivere a Sarajevo. Mirza l’ha fatto. Ma molti non lo faranno mai. Una nostra fonte di Mostar (che ha preferito rimanere anonima) ci racconta le sue esperienze, ci racconta di centinaia di ragazzi e uomini che spesso frequentano segretissimi gay party, dove vengono prevalentemente gli uomini sposati.
In BiH sono sempre in aumento i siti con contatti per incontri occasionali tra uomini. Ma l’ipocrisia è fortissima da queste parti. Accade tutto sotto la superficie, a galla deve essere tutto bello e pulito. Si continua a vivere in un paese dove essere un ladro, un assassino o un corrotto non è una grande vergogna. Lo è invece essere gay. A tutti va bene parlare dei diritti della persona ma questi diritti rimangono solo sulla carta.