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Paura della pace

11.12.2009    Da Ankara, scrive Alberto Tetta

(Foto Darkmatter, Flickr)
Il dibattito parlamentare in Turchia sul piano di pace con i kurdi proposto dal governo. Le contestazioni dei repubblicani, la tensione nel Paese. Manifestazioni nelle città kurde, ucciso uno studente di 21 anni a Diyarbakır
Il ministro degli Interni turco, Beşir Atalay, ha riferito in parlamento all'inizio di novembre sulla strategia del governo per arrivare alla pace con il partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Il dibattito parlamentare fissato, non a caso, il 10 novembre, anniversario della morte del padre della patria Mustafa Kemal Atatürk, si è svolto in un clima rovente con accuse di tradimento dei valori nazionali da parte dei parlamentari del partito Repubblicano del Popolo (CHP). L'intervento di Atalay è stato interrotto più volte, prima dall'opposizione nazionalista poi dalle urla della madre di un soldato turco ucciso dal PKK e, infine, da un gruppo di giovani che hanno cominciato a scandire lo slogan “i martiri non muoiono, la patria non si divide”. Viste le proteste il presidente della Camera, Ali Şahin, è stato costretto a sospendere la seduta.

La contestazione del ministro Atalay in parlamento (Manifesti: "Siamo sulla strada di Ataturk")
Il dibattito è ripreso tre giorni dopo con l'intervento dei capi gruppo. Mentre il pro-kurdo partito della Società Democratica (DTP) ha dato il suo appoggio all'iniziativa del governo, pur criticando l'esecutivo per non essere abbastanza chiaro sul contenuto del piano di pace, i partiti di opposizione hanno reiterato la loro forte contrarietà. I repubblicani, in particolare, si sono scagliati contro Erdoğan. Durante il suo intervento il vice-presidente del CHP, Onur Öymen, ha utilizzato un'espressione che ha causato un terremoto politico nel Paese: “Le madri non hanno forse pianto anche dopo la rivolta di Sheik Said? Le madri non hanno pianto dopo la rivolta di Dersim?”

Col riferimento al massacro di decine di migliaia di kurdi-aleviti perpetrato dal governo del successore di Atatürk, Ismet Inönü, per sedare la rivolta del 1936, Öymen ha implicitamente rimproverato ad Erdoğan, che ha spesso dichiarato che il conflitto turco-kurdo va risolto affinché nessuna madre debba più piangere per la morte di un figlio, di non usare la stessa durezza usata in passato per reprimere i kurdi.

Proteste degli aleviti contro Onur Öymen
Le parole usate dall'esponente repubblicano hanno creato scalpore nel Paese, e molte voci si sono levate per chiedere le dimissioni di Öymen. Anche all'interno del suo stesso partito, il CHP, alcuni dirigenti, tra i quali l'ex-candidato a sindaco di Istanbul Kemal Kılıçdaroğlu, hanno chiesto la testa del parlamentare. Se le polemiche interne sono state sedate grazie alla presa di posizione del segretario del partito, Deniz Baykal, che ha difeso il suo vice la cui unica colpa sarebbe stata quella di essere un “difensore del kemalismo”, le parole del dirigente non sono servite a rassicurare i militanti aleviti del partito, che si sono dimessi in massa.

Nonostante l'appoggio del DTP, e con un'opposizione indebolita dalle polemiche interne, il governo non è dunque riuscito a far fare passi avanti decisivi al processo di pace. Questa condizione di stallo da una parte insospettisce i kurdi, già abbastanza scettici verso l'iniziativa del governo, dall'altra sta dando all'opposizione il tempo di organizzare la controffensiva.

Una donna di Izmir mentre attacca il convoglio del DTP
I primi segnali di come la durezza dello scontro politico potrebbe trasformarsi in aperto conflitto sociale sono arrivati dall'egea Izmir, terza città in Turchia per numero di abitanti e fino ad ora considerata quella più aperta e tollerante nell'intero Paese. Lo scorso 22 novembre il pullman che trasportava il segretario del DTP, Ahmet Türk, a un comizio a sostegno del processo di pace, è stato bloccato da un nutrito gruppo di cittadini mentre attraversava il quartiere di Basmane. La gente, dopo aver insultato il leader e i militanti del partito che viaggiavano con lui, ha dato inizio ad un fitto lancio di sassi contro il convoglio. Erdoğan ha stigmatizzato la violenta protesta anti-kurda di Izmir, dichiarando che nessun cittadino della Repubblica Turca è legittimato a impedire una manifestazione politica autorizzata, criticando però anche il DTP per il suo “atteggiamento provocatorio”.

Allo stesso tempo la resa dei militanti del PKK e il ritorno dei profughi kurdi dal Nord Iraq, finora unica conseguenza concreta dell'apertura del governo, iniziata il 18 ottobre con l'arrivo del primo “gruppo di pace”, non ha avuto alcun seguito. Erdoğan ha infatti fatto retromarcia, spaventato dalla dura reazione dell'opinione pubblica turca che ha percepito il ritorno dei militanti come un segno di resa dello Stato di fronte al terrorismo.

Nonostante l'AKP di Erdoğan e i dirigenti kurdi continuino a dichiararsi favorevoli a un accordo, molti analisti in Turchia iniziano a chiedersi se il processo di pace debba considerarsi fallito.

Il partito della Società Democratica DTP inoltre, nelle ultime settimane, ha abbandonato la pacatezza degli scorsi mesi, adottando una strategia più aggressiva per fare pressione sul governo affinché dia un segnale forte all'opinione pubblica turca e a quella kurda. Secondo il DTP l'annunciata apertura di un corso di kurdo a Mardin o la nuova legge che permette ai media di trasmettere programmi in lingua kurda senza dover chiedere un'autorizzazione all'Autorità per le Comunicazioni non sono misure sufficienti, ed Erdoğan deve dimostrare che è davvero intenzionato a fare concessioni importanti ai cittadini kurdi.

Le operazioni militari nel Sud Est a maggioranza kurda e in Nord Iraq devono finire, la costituzione scritta durante il regime militare di Kenan Evren nel 1980 - che discrimina i kurdi - deve essere emendata, ai kurdi deve essere garantito il diritto a studiare nella propria lingua madre. Sono queste le richieste del DTP. Il governo, però, ha autorizzato l'esercito a condurre nuove operazioni militari, e ha dichiarato che per ora non è intenzionato a cambiare la costituzione.

Ulteriore ostacolo al processo di pace è l'annuncio, fatto dalla Corte Costituzionale, che entro la fine di questa settimana i giudici decideranno se dichiarare illegale proprio il partito della Società Democratica DTP, accusato di essere il braccio politico del PKK. Per protestare contro la chiusura del partito pro-kurdo, e chiedere l'istituzione di una commissione che verifichi le condizioni di salute del leader del PKK Abdullah Öcalan, dal 27 novembre, anniversario della fondazione del gruppo armato, le città kurde sono animate da imponenti manifestazioni. Il 6 dicembre, a Diyarbakır, è morto negli scontri con la polizia Aydın Erdem, studente universitario di 21 anni.

La pace, che solo un mese fa sembrava a portata di mano, sembra ora farsi di giorno in giorno più lontana.
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