Rappresentante della coalizione “Povratak” (Ritorno) nella Assemblea del Kosovo tra 2001 e 2004, a capo della Lista Serba per il Kosovo e Metohija nel corso delle recenti elezioni, Oliver Ivanović è uno dei principali esponenti politici dei Serbi del Kosovo. Nostra intervista
Oliver Ivanović
Osservatorio sui Balcani: Come valutate la designazione di Ramush Haradinaj a Primo Ministro del Kosovo?
Oliver Ivanović: La comunità serba è del tutto insoddisfatta di questa elezione. In primo luogo il Primo Ministro è un ex combattente dell’UCK, e noi accusiamo l’UCK per la espulsione di 200.000 Serbi, per le oltre 1.000 persone assassinate e circa 800 rapite. Il destino di quelle persone ancora oggi non è noto. In secondo luogo, il nuovo Primo Ministro dovrebbe dar vita a nuovi rapporti con la comunità serba. Noi non possiamo credere che qualcuno che ha cercato di uccidere ora possa avviare nuove relazioni pacifiche con la comunità serba. Poi c’è un problema con Belgrado. Una delle priorità del nuovo Primo Ministro dovrebbe essere quella di creare un qualche nuovo tipo di dialogo tra Pristina e Belgrado. Ma il governo di Belgrado è stato molto chiaro rispetto a questo: non è disposto a incontrare Ramush Haradinaj come Primo Ministro. Senza questo rapporto si elude uno degli standard principali, cioè il dialogo tra Pristina e Belgrado, ma anche il dialogo regionale. Infine, una delle condizioni più importanti poste dai rappresentanti della comunità internazionale è quella di dare vita a nuove relazioni con il Tribunale dell’Aja. Potete immaginare che tipo di rapporti possa avviare qualcuno che è già sospettato per crimini di guerra. Non è possibile immaginare nessun tipo di sviluppo o di miglioramento in questo settore.
Osservatorio sui Balcani: Lei pensa che le cose avrebbero potuto andare diversamente se la comunità serba avesse partecipato alle elezioni lo scorso 23 ottobre?
Oliver Ivanović: Sì. Nell’ultima Assemblea noi avevamo 22 seggi. Se avessimo avuto anche oggi 22 rappresentanti naturalmente avremmo potuto impedire la elezione a Primo Ministro di Ramush Haradinaj. Forse questo non avrebbe rappresentato una differenza fondamentale dato che la seconda opzione sarebbe stata probabilmente Hashim Thaci. Anche questa scelta sarebbe stata inaccettabile per noi e per la nostra comunità, per la cattiva immagine di Thaci. In ogni caso avremmo potuto avere molta più influenza, essere un fattore decisivo in quella Assemblea anche solo con 15 o 16 seggi, ma con 8 seggi non lo siamo per niente.
Osservatorio sui Balcani: Ritiene quindi che la decisione di non partecipare alle elezioni si sia trasformata in una sconfitta?
Oliver Ivanović: Dal mio punto di vista si è trattato di una decisione assolutamente sbagliata. Naturalmente ora dobbiamo subire l’effetto negativo del boicottaggio, e adesso sto chiedendo al governo serbo di dirci cosa dovremmo fare. Ma non rispondono, così come non rispondevano alla identica domanda che io avevo posto anche prima delle elezioni. Cosa succederebbe se ad esempio il 100% dei Serbi non votasse? E questa è grosso modo la situazione che ci troviamo a vivere oggi. Il governo serbo non ha mai dato una risposta a questa domanda.
Osservatorio sui Balcani: Il presidente Tadic ha tuttavia dichiarato che è importante che il dialogo con gli Albanesi in ogni caso continui. Cosa faranno i Serbi in Kosovo? Quale sarà il vostro atteggiamento rispetto a Haradinaj?
Oliver Ivanović: Personalmente sono d’accordo con Tadic, non possiamo essere noi a decidere chi sarà il nostro interlocutore nella comunità albanese, ma sono anche d’accordo con Kostunica, nel senso che è assolutamente inaccettabile che qualcuno sospettato di crimini di guerra possa essere nostro interlocutore. Non si tratta di una contraddizione. Certamente vogliamo avere qualcuno che rappresenti la comunità albanese, ma questo non può essere uno che molto presto potrebbe essere messo in stato d’accusa dal Tribunale dell’Aja.
Osservatorio sui Balcani: Prenderete parte ai lavori della Assemblea del Kosovo?
Oliver Ivanović: Non per il momento. A causa della bassissima partecipazione alle elezioni, le nostre mani sono legate. La bassa credibilità ci impedisce di prenderci la responsabilità di alcune decisioni. Dobbiamo cercare di migliorare il nostro livello di credibilità. Questo può avvenire in due modi. Il primo è che UNMIK, KFOR, la comunità internazionale qui in Kosovo, insieme con le istituzioni provvisorie, facciano quanto più possibile per migliorare il livello di sicurezza e di libertà di movimento per i Serbi del Kosovo nei prossimi due mesi. Il secondo è che prendano in seria considerazione la nostra proposta per il piano di decentramento. Se questo verrà fatto renderà più facile ogni partecipazione alle istituzioni provvisorie e prima di tutto alla Assemblea. E’ molto difficile peraltro immaginare che alcun Serbo possa prendere parte ad un governo sotto la guida di Haradinaj.
Osservatorio sui Balcani: Ci sono possibilità che nel prossimo futuro in Kosovo si verifichino nuovamente eventi quali quello del 17 marzo scorso?
Oliver Ivanović: Dubito che qualcuno possa commettere nuovamente azioni così insensate. Si è trattato di un evento estremamente negativo per la immagine degli Albanesi, e ora ne sono consapevoli. Alcuni rappresentanti della comunità internazionale, che prima erano a favore della indipendenza, adesso sono fortemente contrari, esattamente per quanto è avvenuto il 17 marzo. Ora gli Albanesi si rendono conto di quanto sia stata negativa la assenza di una reazione adeguata, il non condannare le violenze, non condannare la espulsione dei Serbi e l’incendio delle loro case. Solo pochissimi Albanesi, in veste personale, hanno cercato di fermare quanto stava accadendo. Nessuno ha cercato di farlo nella veste di rappresentante delle istituzioni provvisorie, e questo rende molto deboli quelle istituzioni, se non addirittura incapaci e immature. Questo è il motivo per cui ora tutti gli Albanesi sono molto preoccupati e ognuno di loro farà il possibile per evitare ogni ulteriore incidente paragonabile al 17 marzo.
Osservatorio sui Balcani: Voi sostenete la necessità di un forte decentramento per il Kosovo, con forti autonomie locali, è questa la vostra posizione?
Oliver Ivanović: Sì. Io credo che dare più potere alle municipalità e metterle in grado di avere successo e influenza può essere utile anche per attrarre la gente verso la vita politica. Questo può avvenire solo attraverso la possibilità di prendersi cura in primo luogo della educazione, degli affari sociali, della salute, e in secondo luogo delle privatizzazioni, almeno in una certa misura, della polizia locale e dei tribunali locali. Questo sarebbe molto utile e potrebbe dare una sensazione di maggiore forza alle comunità locali.
Osservatorio sui Balcani: Non crede ci sia il pericolo che un decentramento in Kosovo avvenga per linee etniche?
Oliver Ivanović: Io non sono favorevole all’idea di municipalità mono-etniche. Noi chiediamo che ci siano municipalità al massimo grado multi-etniche. In alcuni casi ovviamente non è possibile, come a Malisha, o a Glogovac, dove non ci sono Serbi, ma io insisto sul fatto che anche a Gracanica, ad esempio, dovremmo creare una municipalità multietnica. Questo è estremamente importante, avere una municipalità a maggioranza serba con una partecipazione della comunità albanese e delle altre comunità. Se gli Albanesi si troveranno in una posizione di minoranza in alcune località, come ad esempio a Gracanica, saranno più sensibili nei confronti delle nostre richieste e delle nostre preoccupazioni laddove siamo noi ad essere una minoranza. Questo rappresenterebbe anche una sfida e un test per noi Serbi: come ci comporteremo come maggioranza, abbiamo la capacità di affrontare una situazione simile? Credo che avere municipalità multietniche rappresenterebbe un esercizio molto utile per entrambi, Serbi e Albanesi.
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