Verrà inaugurato oggi l'undicesima edizione del Festival internazionale di Sarajevo. Nato durante l'assedio sta crescendo ogni anno di importanza. Quest'anno, presidente della giuria, sarà Miki Manojlovic
L'attore serbo Miki Manojlovic presidente della giuria, il regista americano Alexander Payne ("Sideways") ospite d'onore cui è dedicata una personale. Ma soprattutto tanta voglia di vedere e far vedere film e confrontarsi sul cinema. L'undicesimo Festival internazionale di Sarajevo (www.sff.ba) che si svolge dal 19 al 27 agosto nel decennale della fine della guerra di Bosnia si apre con premesse molto incoraggianti.
Ogni anno la manifestazione cresce di importanza e si pone come principale punto di riferimento per tutta l'area dell'Europa sud-orientale. Le sezioni sono come sempre numerose: i concorsi regionali di lunghi e cortometraggi, i documentari, i panorama, le proiezioni di mezzanotte, gli incontri con registi e attori, la vetrina della produzione bosniaca.
Il Festival di Sarajevo è una manifestazione per la città, una festa iniziata ancora sotto l'assedio e che prosegue senza aver perso il suo spirito. Diventando anzi un seme di riavvicinamento tra i popoli divisi dai conflitti degli anni '90.
Non mancano film serbi e croati, alcuni di questi (il tragicomico "Sorry for Kung Fu" del croato Ognjen Svilicic in gara o il sorprendente "Povratnik" dell'esordiente serbo Jovan Arsenic o il duro "Sogno di una notte d'inverno" del grande Goran Paskaljevic con un Lazar Ristovsky al meglio) raccontano di postumi della guerra con reduci faccia a faccia con il ritorno a casa.
In concorso spiccano il bosniaco "Well Tempered Corpses" di Filipovic e il kosovaro, una novità assoluta, "Kukumi" di Isa Qosja. Ancora il bizzarro musical "Johanna" dell'ungherese Kornél Mundruczó e, dalla Bulgaria (cinematografia emergente che l'anno scorso vinse a Sarajevo con "Mila from Mars"), "Lady Zee" di Georgi Djulgerov.
In apertura, fuori gara, "Waiting for the Clouds" della turca Yesim Ustaoglu, commovente storia su più piani temporali che riattraversa i conflitti turco-greci. Fuori gara anche lo sloveno "Ruins" di Janez Burger, il collettivo "Lost and Found", film a episodi di giovani registi dell'Europa dell'est, e il bellissimo "La morte del signor Lazaresco" di Cristi Puiu vincitore a Cannes della sezione "Un certain regard".
Oltre a tanti documentari il festival sarà l'occasione per vedere "Go West" di Ahmet Imamovic, contestato già durante la realizzazione.
Molte inoltre le anteprime da tutto il mondo, come "Crash" di Paul Haggins (lo sceneggiatore di "Million Dollar Baby" passato alla regia con una storia di scontri razziali a Los Angeles) o "Broken Flowers" di Jim Jarmusch. Manca purtroppo l'Italia, ma non è una novità.
Molti gli ospiti, da Vanessa Redgrave amica di lunga data del festival a Terry George (che porterà il suo "Hotel Rwanda" che racconta fatti non troppo dissimili da quanto avvenne nei Balcani), Michael Radford, gli attori britannici Peter Mullan ("On a Clear Day") e Imelda Stauton ("Vera Drake") e il regista messicano Carlos Reygadas del forte "La battaglia nel cielo".