Nell’ambito della
Conferenza internazionale su globalizzazione, nazionalismo e conflitti etnici tenutasi a Belgrado dal 28 al 30 settembre scorso, abbiamo intervistato Vesna Pešić, nota attivista per i diritti umani e uno dei personaggi politici di rilievo nella Serbia degli anni ’90
Vesna Pesic (foto L. Zanoni)
La Serbia sta per adottare una nuova costituzione, sarà basata sul concetto di cittadinanza o su quello di nazionalità?
Dal mio punto di vista tutto ciò che verrà scritto in questa costituzione sarà totalmente irrilevante, perché si crea una costituzione che è il risultato di un accordo fra 4 partiti, senza che vengano rispettate le minime procedure, come per esempio la possibilità della partecipazione del pubblico, la possibilità di un dibattito pubblico…ma non solo, anche il parlamento non avrà il tempo sufficiente per discutere della costituzione. I politici di oggi non danno la possibilità di discutere pubblicamente della costituzione. Guardate, dal momento che da parecchio vivo in questo paese, vi posso dire che al tempo di Tito noi potevamo, come società socialista, scrivere gli emendamenti alla costituzione. Al tempo di Tito le discussioni sulla costituzione duravano parecchio tempo. Oggi come cittadini, come settore civile, non abbiamo la possibilità di discutere della costituzione. Inoltre, la costituzione viene adottata per interessi statali e nazionali, sì da salvare il Kosovo, e non come quadro democratico razionale grazie al quale verrebbe regolato il potere in Serbia, cosa che invece oggi non è per niente regolata. Non c’è traccia di tutto ciò che consideriamo necessario affinché la costituzione debba esistere. Eccetto i giochi politici, eccetto il mettersi in conflitto con la comunità internazionale, ed eccetto il fatto che avremo una costituzione non democratica.
Ciò significa che, per quanto riguarda la costituzione, la Serbia non sta andando verso un sistema democratico?
No. Una costituzione come questa non può essere democratica.
Che senso ha includere il Kosovo nella costituzione, quando ancora non è stato determinato lo status finale della provincia?
I nostri politici hanno fretta, vanno di corsa. Pensano che lo status sarà quello descritto dalla costituzione. Il premier Koštunica dice che in realtà noi difenderemo il Kosovo con i principi internazionali, ma non dice come difenderemo le nostre leggi incluse nella costituzione. Si tratta, in realtà, di una politica chiusa, di una politica che non avrà alcun effetto, ma che ci può portare in una situazione particolarmente sfavorevole. Perché se noi adesso includiamo il Kosovo nella costituzione, prima che la comunità internazionale abbia preso una decisione sul suo status, dalla costituzione dovremo cancellare quell’articolo, perché se il Kosovo diventerà indipendente, come da molte parti si dichiara, la Serbia darebbe l’impressione di pretendere un territorio altrui, perché lo definiamo come nostro territorio. E ciò ci potrebbe condurre, cosa che per noi non è così strana, a una sorta di conflitto. Si tratta di una posizione troppo aggressiva.
Quindi secondo lei negli ultimi sei anni la Serbia non è cambiata molto?
Vesna Pesic (foto L. Zanoni)
No, non è cambiata molto. O meglio, è cambiata abbastanza nell’ambito dell’edilizia, nelle infrastrutture, nella parte economica, ci sono state diverse privatizzazioni. Ma per quanto concerne la legittimazione ideologica non è cambiata molto. Soprattutto dopo l’omicidio Ðinđić. Lui aveva dato una nuova interpretazione della Serbia, e questo è il motivo per cui è stato ucciso. Lui aveva una visione europea della Serbia…
E questa visione è affondata con il suo omicidio?
Direi proprio di sì.
Come interpreta la dichiarazione rilasciata alcuni giorni fa dal Presidente della Commissione europea, Manuel Barroso, relativamente alla proposta di frenare l’allargamento dell’UE dopo l’ingresso della Romania e della Bulgaria? Come può influire questo sull’opinione pubblica locale?
Io non credo che influirà molto sull’opinione pubblica locale. Qui non si seguono molto queste cose. Guardate, se noi avessimo rispettato tutte le condizioni per quanto concerne l’Accordo di associazione e stabilizzazione, cioè se avessimo firmato questo documento, e la condizione è enorme, cioè consegnare Ratko Mladić e prendere le distanze dal passato, io credo che il processo sarebbe andato avanti. Perché se veramente l’Unione europea vuole allargarsi e pacificarsi, e se vuole dimostrare che il suo progetto di pace ha successo, come vero processo di pace dopo la Seconda Guerra Mondiale, e diffondere l’idea di pace, allora nei Balcani si deve dimostrare che conflitti di questa natura non esistono più. Io credo che quanto prima la Serbia dovrebbe entrare in Unione europea, ma ovviamente rispettando le condizioni che hanno rispettato gli altri paesi, più quelle condizioni particolari che noi dobbiamo rispettare.
N.B.
L’intervista è stata raccolta il giorno precedente la seduta del parlamento serbo durante la quale è stato approvato il testo della nuova costituzione. Per ulteriori dettagli sulla nuova costituzione serba si rimanda a D. Nenadić,
La Serbia e la nuova Costituzione