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Le identità albanesi

10.07.2007   

Ardian Klosi
“Non è mai esistita un’identità culturale albanese unica e rappresentativa. L’identità culturale degli albanesi è un’invenzione del nazionalismo dei tempi moderni.” È la posizione del linguista Ardian Klosi, ribadita in un recente simposio a Pristina. Nostra traduzione
Di Ardian Klosi*, Shekulli, 28 giugno 2007 (tit. orig. Shumësia e identiteve dhe Europa

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Marjola Rukaj


(discorso tenuto durante il simposio “L’identità europea del Kosovo”, Pristina 26-27 giugno 2007)

E’ europeo e fino a che punto lo è o lo sono, l’identità o le identità albanesi? E’ una questione che viene posta spesso da numerosi polemisti ed è il quesito più anti-scientifico che io conosca negli ambiti della storia, sociologia, o politologia.

Chiedo scusa se ripropongo questo tema, che nel vero senso della parola ha stancato il pubblico albanese durante gli ultimi mesi. Ma il fatto che questo tema si pone al centro dell’attenzione a Pristina, mentre si discute del nuovo status del Kosovo, aggiunge un nuovo valore che non ha a che fare con il dibattito tra i due generali della nostra cultura (Ismail Kadaré e Rexhep Qosja), ma si proietta invece sul futuro della regione.

E comunque il ruolo che mi spetta di assumere è quello del pompiere. Con questo intendo che nel lunghissimo dibattito sull’identità albanese, sia in passato che nel presente, a fianco delle spiegazioni, si getta molto fumo, soprattutto sulla storia, a tal punto che il ruolo di chi deve spegnere il fuoco, diviene una necessità, e direi che viene a costituire un dovere patriottico.

Innanzitutto vorrei enfatizzare che non si può parlare solo di una, ma di molte identità albanesi, in modo particolare nel caso in cui la questione viene trattata dal punto di vista storico. E prima di menzionare velocemente alcune di queste nostre identità, bisogna sottolineare quattro verità sulle quali la confusione continua a vigere:

La comune identità culturale per una comunità di persone, sia derivante da un’organizzazione di clan, sia religiosa o statale, insieme all’eredità della lingua e della mentalità, è solo uno degli elementi che costituiscono la totalità dell’essere umano. Prima di essere albanese, sono un essere umano, sono un uomo, ho un ruolo nel mio gruppo famigliare, ho una determinata e complessa eredità genetica, sono un cittadino di Tirana e solo dopo tutto questo, forse, sono albanese. La presa del sopravvento dell’identità nazionale e il tralasciare l’identità individuale, e anche l’identità in base all’epoca storica in cui si vive, è uno degli errori più frequenti nei dibattiti albanesi sull’identità.

La comune identità culturale è un entità in continuo movimento, non è mai definibile, è sempre fluida. Questo fenomeno è particolarmente intensificato e accelerato in epoca contemporanea, dai mass media e dalla globalizzazione.

Non è mai esistita un’identità culturale albanese unica e rappresentativa. Le terre albanesi sono sempre state molto spezzettate, koineizzate, dagli orientamenti diversi, troppo diversi per pretendere di cogliere un’unità. “L’identità culturale degli albanesi” è un’invenzione del nazionalismo dei tempi moderni. La sola esistenza di una lingua comune – anch’essa molto diversa da nord a sud – non può legittimare quel bacino comune dove gli ideologi vogliono a tutti i costi inserire la materia inesistente dell’identità culturale albanese.

Non è la comune identità culturale a formare un’organizzazione di clan, religioso, o statale, avviene bensì il contrario, sono le collettività organizzate in clan, in base alla religione o all’entità statale che pongono in essere lungo i decenni determinate identità comuni.

Sono delle questioni essenzialmente semplici ma che nei nostri dibattiti sono state sempre confuse. A questo punto possiamo riassumere brevemente la moltitudine delle principali entità albanesi a partire dal Medioevo. Parto dal Medioevo per il semplice motivo che è da qui che parte la documentazione della vita degli albanesi e non voglio prender parte alle solite speculazioni su ciò che è stato nell’antichità o nel primo Medioevo.

Milan von Sufflay ha definito l’Albania una “Monade dei Balcani”, sottintendendo con ciò uno spazio vitale dove si mescolavano e convivevano diversi mondi culturali, per certi versi reciprocamente vicini, ma anche diversi e distanti. Anche uno dei più illustri albanologi dei nostri tempi, discepolo di Sufflay, il professore di Vienna Oliver Jens Schmitt, distingue nel Medioevo pre-ottomano tre spazi culturali nel territorio chiamato Arbëri – Albania: l’Arbëria nord-occidentale definita dall’esistenza del regno serbo della Duklja (Dioclea) avente il capoluogo sulle sponde del lago di Scutari, in un’epoca in cui sono fiorite le città medioevali dell’Arbëria come Tivar, Ulqin, Shkodra, Shas, Drishti, Balezo, Sarda ecc (XI – XIV sec).

In quest’area convivevano il cattolicesimo e l’ortodossia, qui convivevano le città romano-dalmate con le arbëre-slave, il sovrano serbo era una fonte di potere lontana che non si immischiava nella vita cittadina, come si può chiaramente evincere dagli statuti di Scutari. L’identità della comunità, le caratteristiche urbano-religiose, e in esigua misura il carattere etnico, vengono a formare quella che si definisce la particolarità di quest’area e che oggi verrebbe chiamata “identità culturale”.

La seconda area culturale, secondo la concezione di Sufflay e di Schmitt, è quella dove vivono gli arbër (albanesi) etnici, e sono quindi le aree montuose a est della pianura dell’Arbëria occidentale. Questo è il mondo dei clan e dei nobili arbër, del primo principato dell’Arbanon verso la fine del XII secolo, è un’area vitale, dall’organizzazione clanica basata sui kanun, che nei secoli XIII-XV si spinge verso le pianure occidentali, ma anche verso sud, raggiungendo addirittura il Peloponneso, l’Attica, e l’Eube. Nel XIV secolo ad esempio come gli storici ben sanno, gli arbër etnici hanno cambiato il carattere bizantino-latino di Durazzo, il che culmina con l’instaurazione della dinastia dei Topiaj in questa città.

Invece a sud dell’Albania si trovava l’area bizantino-ortodossa, che ha anch’essa la sua identità ben distinta. Quest’identità è determinata dalla lunga tradizione statale di Bisanzio, dai piccoli dinasti serbo-bizantino-albanesi, e naturalmente dalla chiesa ortodossa. Nelle città e nei centri costieri si parlava di più il greco, mentre nelle zone montuose vivevano pastori albanesi e valacchi.

Ecco questo è un quadro molto breve e lacunoso delle particolari identità culturali degli albanesi prima dell’invasione ottomana. Dico lacunoso perché ad esempio non ho per niente menzionato l’influenza veneziana nella pianura da Durazzo a Tivar, mentre si sa che in quest’area per circa un secolo i veneziani dominarono tutte le città e i castelli principali. A nord-ovest si ha quindi un’identità romano-cittadina, dove prevalgono di volta in volta il cattolicesimo o l’ortodossia, è un’area dalla straordinaria mescolanza etnica (come si può ben vedere nel catasto veneziano del 1417); nelle aree montuose un’organizzazione clanica, dove prevale l’elemento etnico albanese, e a sud l’identità bizantino-ortodossa concentrato particolarmente nei principati come Valona o nei despotati dell’Epiro.

L’invasione e l’insediamento dei romani in tutte le terre dell’Albania, o delle Albanie di allora, ha comportato ovviamente dei cambiamenti radicali non solo nell’organizzazione della società ma anche nelle particolarità o in quelle che oggi chiamiamo identità culturali degli abitanti. Furono distrutte fino al totale disfacimento le città medioevali, e la cultura delle comunità, gli statuti e le loro autonomie persero valore in breve tempo. L’unico residuo di “europeismo” di quest’area, della pianura tra Tivar, Lezha e Durazzo, fu una chiesa latina molto mutilata, che si sarebbe ripresa in qualche modo solo ai tempi della contro-riforma nel XVII-XVIII secolo.

Ma non si può dire lo stesso per le strutture, le corti, le cancellerie di un tempo al sud, che furono tutte rimpiazzate dall’amministrazione ottomana. Ma a differenza della latinità al nord, l’ortodossia a sud fu combattuta e danneggiata molto di meno dalla nuova organizzazione per motivi che sono ben noti. Questo ha fatto sì che venisse conservata una determinata identità insieme alle chiese ai monasteri, a diversi riti ecc.

Diversa appare la situazione nelle aree montuose e profonde dell’Albania. Qui è stata conservato a lungo, fino al XX secolo, l’organizzazione in clan, in base all’autonomia o alle autonomie rispettive. Sono fatti ben noti e non mi sembra il caso di addentrarmi in descrizioni storiche. Questa organizzazione che modificata, o arricchita, da elementi orientali, balcanici, e islamici, caratterizza anche il Kosovo.

Nelle città albanesi come Prizren, Gjakova, Shkodra, Elbasan, Korça, Gjirokastra viene intanto a formarsi, durante gli anni del dominio ottomano, una coscienza urbana, dove, come si può chiaramente notare dall’architettura o dalla musica, predomina l’elemento orientale e balcanico, con scarsa o nulla cultura cristiana. Non sto qua trattando koiné più piccole come Voskopoja dove prevalsero l’etnia valacca e la cultura ellenica, o della zona costiera del sud, dove i rapporti più importanti e determinanti per la mentalità erano quelli con la Corfù veneziana, o il Regno di Napoli. Non sto trattando neanche le divisioni più grandi su base linguistica, come quella dei gruppi di dialetti gheg e tosk.

Era questo il quadro delle diverse identità nelle terre albanesi alle soglie dei tempi moderni, quando venne introdotto il nazionalismo e la nazionalità, quando le genti diverse che parlavano l’albanese, sia appartenenti ai clan di pastori, sia gli agricoltori delle pianure occidentali, sia i funzionari dell’amministrazione e dell’organizzazione militare ottomana, sia i commercianti delle città principali, impararono a considerarsi parte di una grande comunità che era quella degli albanofoni.

In breve tempo questo non fu più un aggettivo ornamentale delle altre identità, ma assunse un’importanza esistenziale dal momento che i vicini slavi, greci e italiani non erano per niente propensi a permettere l’esistenza di questo nuovo stato. Incominciarono allora guerre e conflitti molto aspri che in breve tempo riuscirono a fomentare e ad enfatizzare il nazionalismo degli albanesi; basta dare un’occhiata alla letteratura albanese da Jeronim De Rada, a Naim Frashëri, da Fan Noli a Vaso Pasha, Ndre Mjedja, Gjergj Fishta per capire come era giovane ed estremamente energico il nazionalismo albanese.

E’ un filo rosso a cavallo tra la fine dell’800 e il ‘900, ma che per gli albanesi del Kosovo si protrae per tutto il ‘900 fino alla caduta di Milosevic. Invece nell’Albania di Enver Hoxha il nazionalismo si trasformava gradualmente in propaganda e dogmatismo, fino a diventare un rispecchiamento scombussolato della realtà. Il disgusto nei confronti di questo nazionalismo e falso patriottismo è uno dei fattori per cui molti albanesi che sono emigrati dopo il 1990 sono arrivati al punto di cambiare non solo la cittadinanza ma anche la nazionalità ai propri figli, i quali non parlano più in albanese.

Con questo rapido excursus intendevo solo dire che le identità culturali sono delle entità in continuo cambiamento, e in particolar modo oggi, più che in qualsiasi altra epoca.

E infine vorrei sfiorare anche il quesito: l’identità albanese è europea e fino a che punto lo è? Come ho già detto è un quesito che spesso si pongono i nostri polemisti, ed è la questione più acritica che io conosca in storia, sociologia o politologia. L’Europa è molto variegata nelle sue radici, nei suoi sviluppi storici, e naturalmente gli albanesi sono stati a volte vicini a volte distanti rispetto a questi sviluppi, come ad esempio l’area nord-occidentale nel tardo Medioevo è stata completamente distaccata, isolata. Se invece poi cerchiamo di equiparare l’Europa con la religione cattolica o la cristianità, la questione si complica fino a perdersi definitivamente.

Ma potrebbe esistere un’identità europea, un’identità di oggi a cui possiamo riferirci senza esitare. Si tratta del rispetto della democrazia e delle libertà conquistate nei secoli, con la cittadinanza, con il vivere in comunità, con il rispetto della diversità del prossimo, con il rispetto della storia e dell’eredità culturale, con la preservazione della natura.

In Albania tutto questo dovrebbe passare come europeo, da cui però siamo purtroppo lontani. E l’integrazione di questo concetto d’identità non implica fortunatamente la rinuncia alle identità preesistenti, quelle che sono veramente profonde, e che hanno veramente valore per noi albanesi.

* Ardian Klosi è un noto linguista di Tirana con una carriera accademica divisa tra l’Albania e la Germania. Uno degli intellettuali più critici della odierna realtà albanese.
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