La maggioranza di centro destra del premier Sali Berisha ha perso alle elezioni amministrative svolte lo scorso 18 febbraio in Albania, definite come “deludenti” dalla comunità internazionale per quel che riguarda gli standard necessari per un processo democratico. L’opposizione di sinistra, invece, guidata dal leader socialista Edi Rama, è riuscita a vincere in 9 dei 12 capoluoghi di provincia in cui è ripartito il Paese, compresa la capitale. Berisha non è riuscito a vincere nemmeno la sfida dello svolgimento di elezioni libere e democratiche: in un rapporto preliminare degli osservatori internazionali dell’Osce si parla di “un’occasione perduta”. Così, il leader democratico si appresta a far fronte a quella che molti analisti hanno già definito la triplice sconfitta di Berisha.
Deficit democratici
Le ultime elezioni in Albania, secondo gli osservatori, sono state “un’occasione persa per votare in linea con gli standard internazionali”. Uno schiaffo per l’intera classe politica, ma specialmente per il premier che diverse volte aveva definito come più importante dell’esito del voto il raggiungimento degli standard richiesti dalla comunità internazionale. Nel rapporto dell’Osce viene sottolineato il fatto che i partiti politici hanno deciso di approvare il nuovo codice elettorale solo a poche settimane dal voto, mentre lo potevano fare sin dal luglio del 2005. “Ci sono alcuni standard da rispettare come quello che proibisce di modificare le regole elettorali nei sei mesi precedenti il voto”, ha detto Jurgen Grunet, capo della missione.
Ma se “le elezioni del 3 luglio 2005 vennero definite le migliori mai svolte in Albania, questa volta non si può dire altrettanto”, ha aggiunto Grunet. Tra le irregolarità riscontrate compaiono casi di voto di gruppo, problemi nell’identificazione degli elettori, mancanza di un registro nazionale sullo stato civile, difficoltà di accesso ai seggi e un clima generale di tensione.
Il commissario Ue all’Allargamento, Olli Rehn, ha parlato di “deficit democratici nella fase di preparazione e di svolgimento delle elezioni” che hanno dimostrato la “necessità per il Paese di approfondire la cooperazione tra i partiti per rispondere agli impegni sottoscritti dall’Albania con la comunità internazionale”.
L’eurodeputata tedesca Doris Pack, che ha seguito il voto da vicino, ha detto che non può più essere tollerato lo svolgimento di simili elezioni nel Paese, avvertendo perciò l’opposizione di stare alla larga dal richiedere lo svolgimento di elezioni anticipate.
La seconda sconfitta
Sali Berisha
È dovuta passare quasi una settimana dal voto perché la Commissione elettorale centrale pubblicasse la percentuale dell’affluenza alle urne, fermata al 48% degli aventi diritto: uno dei dati più bassi mai registrati. In alcune città, manca ancora il risultato finale, ma ormai è certa la vittoria della sinistra in 9 dei 12 capoluoghi di provincia che, in caso di elezioni politiche, sono quelle che regalano anche il maggior numero di deputati. E, vista la valenza politica data a queste amministrative da entrambi gli schieramenti, l’unico sconfitto di queste elezioni, secondo la maggioranza degli analisti, è il leader democratico Berisha.
Quest’ultimo aveva promesso di riconoscere qualsiasi risultato uscito dal voto, ma pochi giorni fa ha spiazzato tutti dichiarando davanti alle telecamere una “vittoria plebiscitaria” della sua maggioranza. Berisha fa riferimento al numero maggiore di comuni vinti in totale dalla coalizione del centro destra, ma la stragrande maggioranza di questi comuni sono piccoli o minuscoli e hanno lo stesso valore elettorale di un quartiere della capitale. “È solo una sensazione mediatica – ha detto – perché la nostra è stata in realtà una vittoria plebiscitaria”, come “la grande vittoria del 1992” che ha scacciato la dittatura comunista.
Sembra pensarla diversamente Bamir Topi, capogruppo del Partito democratico, che ha chiesto una ricomposizione del governo alla luce dei risultati delle urne. “Per il peso che ha, è indiscutibile che la vittoria (dell’opposizione, ndr) nelle grandi città va presa in considerazione – ha detto – Tuttavia, non tutti i mali vengono per nuocere, perché a volte è necessario recuperare le posizioni, rivedere i propri passi e gli sbagli commessi”. Topi ha sottolineato che “cambiamenti devono avvenire a tutti i livelli dell’amministrazione”.
Si cristallizza così l’esistenza di due correnti all’interno del Pd: quella conservatrice guidata da Berisha, il suo vice Rusmajli e la capo del Parlamento Topalli; e quella liberale guidata da Bamir Topi, spesso in contraddizione con il leader, e dall’avvocato e deputato Spartak Ngjela, tolto da ogni incarico di partito dopo alcuni conflitti con Berisha.
Un immediato rimpasto di governo è stato chiesto al premier anche dai suoi alleati, i democratici riformatori e i repubblicani. Il leader storico di quest’ultimi, Sabri Godo, in seguito alle affermazioni vittoriose di Berisha, lo ha classificato come “fuori dalla realtà delle cose”.
La dura battaglia di Tirana
Vincere assolutamente nella capitale era diventato l’obiettivo maggiore di entrambi gli schieramenti. Per togliere la poltrona del sindaco al leader socialista Edi Rama (che si candidava per un terzo mandato), Berisha aveva messo in campo il suo ministro degli Interni, Sokol Olldashi. Ma la figura di quest’ultimo durante la campagna elettorale è stata nettamente sovrastata da quella del leader democratico al punto da farla sembrare una gara tra Rama e Berisha stesso. L’esito ha regalato la vittoria al primo con il 56,27% dei voti, contro il 43,13% dei consensi raggiunti dallo sfidante Olldashi.
Berisha ha perso così anche la sua terza sfida, quella della capitale, nella quale non aveva risparmiato nemmeno l’uso dei colpi bassi. A pochi giorni dal voto, il quotidiano “Sot”, molto vicino alla maggioranza, ha pubblicato alcune foto di Rama nudo, risalenti a 12 anni fa, mentre era in vacanza in una spiaggia del sud della Francia. Quanto è bastato per essere definito dalla destra e da Berisha stesso come “pervertito”, “strano” oppure “essere socialmente pericoloso”.
D’atro canto, i media più vicino alla sinistra si sono messi ad indagare sul rivale di Rama. Così il quotidiano più diffuso, “Shekulli”, ha pubblicato a pochi giorni dal voto alcuni rapporti che dimostrerebbero i legami dell’ex ministro degli Interni Olldashi con la criminalità organizzata.
Secondo il quotidiano, questi materiali, che sarebbero già in possesso del Fbi, accuserebbero il candidato democratico di 17 crimini diversi. Nei giorni della pubblicazione, in diverse città risultava difficile trovare una coppia del giornale, cosa che ha fatto pensare ad una forma di censura legale: spesso, in Albania, quando un giornale pubblica qualcosa che non piace ad una forza politica, i suoi sostenitori comprano in blocco tutte le copie disponibili sul mercato. Adrian Thano, giornalista del “Shekulli”, ha detto all’Osservatorio sui Balcani che anche in questo caso si tratta di “un fenomeno che pure noi abbiamo notato in quei giorni e abbiamo mandato un equipe per indagare il mercato”.
Alleanza perdente
Se la seconda sconfitta di Berisha ha a che fare con il risultato del voto, specialmente a Tirana, la terza riguarda direttamente la strana coalizione che il leader democratico ha voluto fare durante la campagna elettorale con il suo nemico di sempre, l’ex capo dei socialisti Fatos Nano.
La nuova alleanza non è piaciuta all’elettorato democratico, abituato a vedere nella figura di Nano il simbolo del male, del crimine e della corruzione. Un patto con questo male, anche se ai danni di Rama, è sembrato agli occhi dei democratici come un atto immorale per chi, come Berisha, ha fatto della la moralità il suo cavallo di battaglia.
Ma questa strana alleanza non è piaciuta nemmeno agli elettori socialisti. In quelle poche città dove Nano è andato a propagandare a favore dei candidati di sinistra, quest’ultimi hanno puntualmente perso. Addirittura anche a Saranda, la città meridionale che ha regalato all’ex premier il mandato parlamentare.
Mimoza Dervishi, dalle pagine di “Shqip”, è tornata indietro alla vittoria del Pd nelle elezioni del 3 luglio 2005 dicendo che si era trattato di “un voto contro di Nano, non contro la sinistra o a favore di Berisha. Ora che Nano se ne è andato definitivamente, gli albanesi hanno deciso di dare l’addio anche a Berisha”. Per Lorenc Vangjeli, invece, insieme Berisha e Nano “devono calcolare che nel voto contrario degli albanesi [nei loro confronti], una percentuale considerevole è dovuta alla loro identificazione come parte dei problemi e non delle soluzioni dei problemi”.