James Pettifer: il pacchetto Ahtisaari è debole
18.04.2007
scrive Alma Lama
Immagine tratta dalla copertina di uno dei libri di James Pettifer
A suo avviso l'unico futuro possibile per il Kosovo è quello di divenire, senza ambiguità, una nuova entità nazionale. E superare definitivamente la Jugoslavia e la sua storia. Abbiamo incontrato a Pristina James Pettifer, controverso giornalista inglese
"Nell’Unione Europea ci sono forze che vogliano continuare ad assicurare alla Serbia il ruolo di paese dominante nella regione"..."l’obiettivo è quello di impedire per quanto possibile la nascita di un Kosovo forte e indipendente"..."sfortunatamente, il documento di Ahtisaari ha lasciato alla Russia non poca libertà di movimento". James Pettifer, giornalista inglese, collaboratore del "Times" ed autore di varie pubblicazioni sul Kosovo e sui Balcani, ha suscitato nel corso degli anni non poche polemiche per i sui scritti, accusati dai suoi detrattori come vicini alle posizioni di chi sogna una "Grande Albania".
Cosa pensa del pacchetto di proposte fatte da Ahtisaari?
Ritengo sicuramente un fatto positivo che questo documento sia stato finalmente prodotto, però, al tempo stesso, ci sono altri passi da fare e alcuni punti deboli, che vanno al di là della menzione o meno della parola indipendenza nel pacchetto Ahtisaari. Credo piuttosto si tratti di debolezze strutturali che, a lungo termine, renderanno difficile la soluzione della questione kosovara.
Quali sono, nel dettaglio, le debolezze che intravede nel pacchetto?
La prima riguarda la poca chiarezza sulla questione della sovranità. L’indipendenza condizionata, proposta nel documento, è sicuramente un fatto positivo, soprattutto se confrontata con l’attuale status quo. D’altra parte, però, non c'è una chiara dichiarazione di sovranità, che io credo sia un atto necessario per formalizzare un nuovo inizio, una nuova entità nazionale che segni un superamento definitivo della Jugoslavia e della sua storia. Questa rottura non c’è, e se consideriamo che anche il ruolo dell’Unione Europea non è definito in modo molto chiaro, credo che il governo e la gestione del Kosovo che emerge da questo pacchetto potrebbero essere molto complicati.
Un’altra questione riguarda poi l’esercito. Voglio dire che nel documento non si pongono le basi per un esercito nel senso pieno della parola. Certo il TMK continuerà ad esistere in qualche forma, ma molti potrebbero chiedersi perché sia necessaria un’ulteriore riorganizzazione, dopo che l’UCK è stato già disciolto nel passato.
Ma qual’è la ragione che ha portato Ahtisaari a proporre lo scioglimento del TMK?
Io credo che questa decisione dipenda dalla volontà di mettere in discussione la legittimità della lotta armata. L’idea, in qualche modo, è quella di far finta che non ci sia stato alcun conflitto, e che quindi il TMK, che da quel conflitto è emerso, non ha legittimità. Credo che, da questo punto di vista, la posizione espressa nel documento sia piuttosto nostalgica verso l’ideale jugoslavista, una realtà che non esiste più, e lontana da quello che è il Kosovo oggi.
Ma chi spinge verso questa posizione?
Sono convinto che all’interno dell’Unione Europea ci siano forze che vogliano continuare ad assicurare alla Serbia il ruolo di paese dominante nella regione. Per lungo tempo questo obiettivo è stato perseguito attraverso la Jugoslavia, che però è crollata. Adesso che lo stato di Tito non c’è più, l’obiettivo è quello di impedire per quanto possibile la nascita di un Kosovo forte e indipendente.
In Kosovo, però, il documento di Ahtisaari è fortemente supportato dalla classe politica che ha espresso lo Unity Team…
Questa posizione è, almeno parzialmente, comprensibile. Il documento è arrivato dopo una lunga attesa e, in realtà, avrebbe dovuto essere prodotto già da tempo. Richard Holbrook sostiene che l’indipendenza doveva essere concessa nel 2003. I negoziatori sono certamente soddisfatti di aver portato il processo a termine, ma credo che dovrebbero riconoscere il profondo gap esistente tra le posizioni espresse nel documento di Ahtisaari e le speranze della maggioranza della popolazione in Kosovo. Credo che questo gap porterà, molto presto, a ulteriori problemi.
Il movimento Vetevendosje rigetta in toto il pacchetto Ahtisaari…
Io mi sento molto vicino alla loro posizione, perché, come ho detto, credo che l’ottimismo espresso dai sostenitori del negoziato non abbia riscontro nei risultati ottenuti, e che l’analisi di Albin Kurti sui possibili problemi provocati dal fatto che Belgrado conserverà un ruolo nella politica interna del Kosovo sia sostanzialmente corretta. Kurti ha cominciato a mettere in evidenza questi rischi già due o tre anni fa, ed io credo che probabilmente non sia stato preso sufficientemente sul serio.
Pensa che il documento di Ahtisaari possa portare ad una divisione del Kosovo su basi etniche?
Sì, credo che da questo punto di vista il documento non sia compatibile con l’idea di un moderno stato europeo, dove questo tipo di divisione etnica non dovrebbe essere incoraggiato, ma ridotto, per quanto possibile. Anche alla chiesa ortodossa serba è stata riconosciuta una posizione che in generale viene assicurata solamente alle chiese ufficiali. La cornice legislativa entro cui potrà operare somiglia molto a quella riservata in Grecia ai monasteri del Monte Athos. Credo che questo possa comportare dei problemi. Basti pensare che, anche se la maggioranza della popolazione, in Kosovo, ha un’identità religiosa islamica, di questo fatto non si trova alcun riferimento nel documento di Ahtisaari. In ogni caso credo che la decisione di creare zone di sicurezza sia frutto di un compromesso, e che, all’interno di una buona soluzione complessiva, nessuno creerà problemi ai serbi e ai loro monasteri e chiese.
Crede possibile la prospettiva di una spartizione del Kosovo?
Questo è quello che Belgrado sta cercando di ottenere, come è stato reso evidente da una domanda fatta da un giornalista serbo ad Ahtisaari durante la conferenza stampa che ha seguito la presentazione del suo pacchetto. Questa prospettiva renderebbe la situazione molto complicata, e potrebbe, ad esempio, riaprire la questione della valle di Presevo.
Quale crede sarà la posizione finale della Russia al Consiglio di Sicurezza dell’Onu?
C’è sempre la possibilità che la Russia ponga il veto, ma dobbiamo vedere se sia veramente disposta a farlo. Sfortunatamente, il documento di Ahtisaari ha lasciato alla Russia non poca libertà di movimento. Se il pacchetto fosse stato chiaro riguardo al problema della sovranità, credo che la Russia non avrebbe avuto altra scelta che prenderne atto. Questo perché avrebbe avuto la percezione che l’intera comunità internazionale supportava il lavoro di Ahtisaari. L’ambivalenza e l’ambiguità del pacchetto, però, hanno fornito a chi si oppone all’indipendenza la possibilità di organizzare con successo la propria agenda politica.