Rücker: avremo una nuova risoluzione
04.05.2007
scrive Alma Lama
Dal 26 al 28 aprile, una delegazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, guidata da Johan Verbeke, ha visitato il Kosovo, raccogliendo informazioni in vista di una decisione sullo status finale. Alla vigilia di questa visita abbiamo intervistato Joachim Rücker, rappresentante dell'Unmik in Kosovo
Sig. Rücker, in questi giorni lei è particolarmente impegnato, visto che la missione di verifica dell’Onu sta arrivando. Quali sono gli obiettivi di quest’ultima?
Si tratta, in sostanza, una missione vota a raccogliere informazioni riguardo alla società kosovara nel suo insieme, allo stato di realizzazione degli standard e della risoluzione 1244. Gli inviati si fermeranno fino a sabato 5 maggio, poi torneranno a riferire a New York.
Ritiene necessaria questa visita? L’Unmik non ha riferito ogni tre mesi al Consiglio di Sicurezza sullo stato delle cose in Kosovo?
Non spetta a me stabilire la volontà del Consiglio. In ogni caso la missione è la benvenuta, e noi siamo pronti a fornire ogni informazione di cui dovesse fare richiesta.
Quali sono i problemi più evidenti che la missione avrà modo di esaminare in questi giorni?
Beh, credo che la missione vorrà discutere di varie questioni. Ad esempio, l’implementazione degli standard non sta procedendo alla velocità che noi avremmo voluto. Mi riferisco, tra l’altro, al ritorno dei rifugiati.
La Serbia, però, non sembra avere assunto una posizione costruttiva su questo punto…
Parlando in particolare dell’ultimo anno, c’è almeno la percezione che Belgrado abbia contribuito, sulla questione dei rientri, a peggiorare i problemi di cui si lamenta.
Da questa visita possono emergere elementi nuovi rispetto al ritratto della situazione in Kosovo presentato fino ad oggi dall’Unmik?
Penso di no. Credo che l’Unmik abbia presentato con i suoi rapporti trimestrali al Consiglio di Sicurezza un resoconto molto accurato di quanto accade oggi in Kosovo.
Secondo l’Associated Press, duemila serbi sarebbero giunti, o stanno per arrivare nella zona a nord di Mitrovica, pronti a combattere per ottenere la divisione del Kosovo. Lei ha informazioni a riguardo?
Non dispongo di nessuna informazione ufficiale. Naturalmente ho letto tali voci sulla stampa, proprio come lei. Quello che posso dire è che lo status attuale del Kosovo è chiaro, basato sulla risoluzione 1244, e che quello futuro verrà definito con precisione. Ogni idea di divisione, è inaccettabile. La comunità internazionale, intendo l’Unmik, la KFOR ecc., non è disposta a tollerare questa prospettiva.
Come sta procedendo il processo di discussione sullo status del Kosovo a New York?
Per il momento abbiamo avuto quella che potremmo definire una prima lettura del piano Ahtisaari, lo scorso 3 aprile. In Consiglio di Sicurezza sembra esserci un significativo supporto per il piano, e come è noto il segretario dell’Onu appoggia in pieno il pacchetto Ahtisaari, fatto che, credo, risulterà decisivo in Consiglio.
Pensa che si arriverà ad una nuova risoluzione approvata in Consiglio di Sicurezza?
Sì, sono convinto e fiducioso che alla fine avremo una nuova risoluzione. Naturalmente questo non può avvenire dalla notte al giorno, adesso abbiamo la visita della missione di verifica che dovrà poi scrivere il suo rapporto, quindi a New York ripartirà la discussione. Come ho detto, è difficile aspettarsi decisioni veloci, ma sono convinto che alla fine si arriverà alla risoluzione.
Quali sono i possibili scenari nel caso in cui questo non dovesse avvenire?
Non voglio fare speculazioni e, ripeto, sono convinto che la risoluzione ci sarà, e alla fine la comunità internazionale in generale e il Consiglio di Sicurezza in particolare riusciranno a risolvere la questione dello status del Kosovo in modo soddisfacente.
Quando il Kosovo avrà un seggio alle Nazioni Unite?
Non lo so. Non sono nella condizione di poter rispondere a questa domada.
Fino ad oggi l’Unmik ha gestito la politica estera del Kosovo. Pensa che abbia fatto abbastanza per supportare l’immagine internazionale del Kosovo in questi anni?
Credo che sia stato fatto molto, anche considerando le circostanze. E’importante sottolineare che il Kosovo fa parte di tutte le maggiori iniziative regionali. Ha preso parte al processo di cooperazione politica e fa parte della zona di libero scambio dell’Europa sud-orientale, fa parte integrante dell’ Energy Community Treaty ed è stato incluso nell’area di libera circolazione aerea europea. Inoltre il Kosovo partecipa a tutte le iniziative legate al Patto di Stabilità e a quelle promosse nell’area dalla Commissione Europea. Anche se la partecipazione è avvenuta talvolta nel ruolo di osservatore, è comunque importate, soprattutto per le iniziative di carattere economico.
Pensa che questo sia sufficiente? L’Unmik ha cominciato a cooperare soltanto adesso con le istituzioni locali nel campo delle relazioni estere. Tutto è stato, finora, nelle mani dell’amministrazione internazionale…
In molte conferenze internazionali,abbiamo insistito perché alle istituzioni del governo provvisorio del Kosovo fosse permesso di prendere la parola. Spesso questo non è stato possible, come accaduto recentemente proprio davanti al Consiglio di Sicurezza, visto che alcuni stati membri hanno fatto obiezioni al riguardo. In questo caso l’Unmik deve fare da supplente, ma questo non per sua volontà.
Lei è l’ultimo Rappresentante del Segretario Generale dell’Onu in Kosovo. Quali sono, secondo lei, i maggiori successi dell’Unmik in questi anni?
Credo che l’Unmik, in collaborazione con le istituzioni del governo provvisorio, sia riuscito a gettare le fondamenta di una democrazia funzionante, a ripristinare la legalità e a porre le basi di un’economia di mercato. Sono convinto siano successi da non sottovalutare.
Quali i più grandi fallimenti?
Ripercorrendo gli otto anni di presenza dell’Unmik, se si potesse cancellare qualcosa, credo di poter dire che dovrebbero essere gli eventi del marzo 2004, fatti che non avrebbero mai dovuto accadere.
Mitrovica rimane una città divisa. Anche di questo è responsabile l’Unmik?
Credo che l’Unmik, insieme ai nostri partner della polizia e della Kfor, abbia fatto molto per tenere vivi i legami tra le due parti della città, a nord e sud dell’Ibar e per mantere aperto il ponte. La nostre iniziative in questa direzione, evidentemente, si sono scontrate con grosse limitazioni. A chi da parte albanese mi chiede cosa ha fatto l’Unmik per integrare la zona a nord di Mitrovica, talvolta giro la domanda, chiedendo cosa è stato fatto recentemente per rendere chiaro che i Serbi del Kosovo hanno un futuro nella regione. Ci sono molti segnali positivi, ma credo che sia responsabilità di tutti sottolineare che il Kosovo è un territorio unitario, e che la zona a nord di Mitroviza ne è parte integrante.
Ma ci sono, secondo lei, punti e situazioni in cui l’Unmik avrebbe potuto agire meglio?
Dove ci sono persone al lavoro, è inevitabile che ci siano anche errori. Se avessimo saputo che la missione si sarebbe protratta per otto anni, alcune cose sarebbero state fatte diversamente. Ma queste considerazioni possiamo farle solo col senno di poi.
Questo vale anche per la situazione di Mitrovica?
In sostanza, sì. Questa situazione ha creato alcuni problemi di cui abbiamo fatto rapporto al Consiglio di Sicurezza. Nell’ultimo anno o due abbiamo fatto molto per avvicinare la zona a nord di Mitrovica al resto del Kosovo. Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto, dipende dal punto di vista con cui si vuole guardarlo. La cosa più importante rimane il dialogo politico. E’ necessario continuare a parlare ai leader del nord, legittimarli, soprattutto i sindaci, e noi lo stiamo facendo.
Quali consigli può dare alla prossima missione dell’Ue in Kosovo, a partire dalla lunga esperienza dell’Unmik?
Innanzitutto è importante capire che l’Unmik devolverà le proprie competenze alle future autorità del Kosovo, così che la missione dell’Ue non succederà all’Unmik, ma sarà una missione di carattere diverso, col ruolo, soprattutto, di controllare l’implementazione dello status e vigilare sulla legalità. Riguardo alle lezioni imparate sul campo, credo che la più importante sia quella di creare relazioni basate sul reciproco rispetto e sulla fiducia con gli interlocutori locali.
Fino a quando resterà in Kosovo come rappresentante del segretario generale dell’Onu?
Quando avremo una risoluzione in Consiglio di Sicurezza, partirà un periodo di transizione che, credo, dovrebbe durare circa quattro mesi. Alla fine di questa fase transitoria finirà anche il mio mandato.
E quando avremo questa risoluzione?
Questa è una domanda da un milione di dollari.