Anila Varfi
A Durazzo, Albania, non c'è nemmeno una sala cinematografica. Ma c'è un festival del cinema. Dal 22 al 30 agosto si tiene la seconda edizione dell'International Summer Filmfestival Durrës. Una nostra intervista alla direttrice del festival, Anila Varfi
Come è nato l’International Summer Filmfestival Durrës?
E’ stato ideato nel 2008. Era un’idea di alcuni ragazzi che lavoravano presso il comune di Durazzo, e di altri ragazzi di Durazzo che ora fanno parte del governo centrale come Gazmend Oketa, e Sokol Olldashi, che attraverso un po’ di lobbying sono riusciti a rendere possibile un festival del genere in una città in cui il cinema è qualcosa di completamente assente. A Durazzo non c’è neanche una sala da cinema. L’obiettivo era anche portare in qualche modo un cinema in città, e ricordare alla gente che il cinema deve far parte della loro vita quotidiana. Inizialmente infatti eravamo molto scettici su come avrebbe reagito la città, con un pubblico molto indifferente. Ma poi abbiamo visto l’anno scorso che l’affluenza è stata entusiasmante, e il festival ha dimostrato che meritava di continuare ad esistere.
Come è stato possibile realizzare un filmfestival in una città senza cinema?
Si è dovuto fare un lavoro colossale. Abbiamo trasformato il teatro Aleksandër Moisiu in un cinema. Abbiamo installato uno schermo anche nell’anfiteatro di Durazzo, che oltre al cinema offre anche uno splendido panorama di rovine greco-romane. In questo modo abbiamo cercato di rivalutare anche alcune delle risorse culturali e turistiche della città. Volevamo a tutti i costi che per almeno nove giorni il cinema diventasse un sinonimo della città, nonostante le difficoltà. Infatti l’anno scorso, quando il festival era finito, la gente di Durazzo si chiedeva, “e ora cosa faremo?”. Il fatto che noi siamo riusciti a fare un festival del cinema in una città in cui non c’era neanche una sala, vuol dire che non è impossibile costruirne una. Questa città non può continuare a non avere un cinema.
Perché avete scelto proprio Durazzo?
E’ una città molto attraente in estate. Volevamo collocarlo tra il festival di Sarajevo e quello di Venezia per riuscire ad affermarci in futuro come un punto di riferimento di questa parte del mondo. Il fatto che sia una città di mare attrae molto, e facilita la pubblicizzazione del festival.
Chi è che finanzia il filmfestival?
L’anno scorso i sostenitori del festival sono stati il Centro cinematografico nazionale, e il comune di Durazzo. Mentre quest’anno i sostenitori sono il Comune di Durazzo, il ministero della Cultura, e diversi sponsor legati alle istituzioni locali.
Come è organizzato il festival?
L’abbiamo suddiviso in due sessioni, una internazionale e una balcanica. Abbiamo in seguito diverse mini sessioni che riguardano per esempio diversi film che vengono proiettati per la prima volta in Albania. Una particolare sessione sarà concentrata sulla musica nel cinema, durante la quale si parlerà della tradizione albanese in riferimento a questo ambito. Abbiamo due giurie, quella centrale che deciderà a chi andrà il premio principale, il gladiatore d’oro. Abbiamo anche una giuria critica che questa volta sarà presieduta da Deborah Young. Verranno organizzati inoltre dei seminari di critica cinematografica.
Come avviene la selezione dei film?
Abbiamo un regolamento. Innanzitutto vi sono criteri tecnici. Devono essere film prodotti negli ultimi 3 anni. Ma ci sono anche film fuori concorso che sono stati ammessi pur non essendo del formato previsto. Si è puntato a dei film narrativi che possano avere un pubblico più ampio di quello professionale.
Si nota una particolare attenzione nei confronti del cinema balcanico. E’ qualcosa di singolare perché il cinema balcanico in generale è poco conosciuto e poco presente in Albania...
E’ stata una nostra scelta artistica. Noi balcanici dobbiamo conoscerci, siamo troppo vicini per fingerci indifferenti. E l’arte ci deve unire, diversamente da quanto fa la politica. Penso infatti che l’arte ci possa riuscire molto meglio di qualsiasi altro mezzo. In questo festival abbiamo voluto darci la possibilità di riunirci insieme per scoprire le culture e percepire le emozioni che trasmettono i lavori di ciascuno dei nostri vicini. E’ uno scambio culturale che deve avvenire perché viviamo in un momento in cui tutti giuriamo di volerci integrare nell’Unione Europea.
Come sono stati accolti questi film nella prima edizione del festival?
Penso siano stati accolti molto bene. E’ anche un criterio della nostra selezione, trovare dei film che siano adatti al pubblico albanese, perché il nostro obiettivo è quello di avvicinare queste culture alla nostra, per conoscerle.
Nell’edizione attuale però non è rappresentata la Serbia. Ci sono delle ragioni politiche?
No, in realtà noi avevamo selezionato un film serbo, “Here and there” di Darko Lungulov, ma per ragioni tecniche non lo abbiamo potuto proiettare. E’ un ottimo film molto adatto per il pubblico albanese, ma è un film che era stato selezionato dal festival di Salonicco, e doveva essere trasmesso lì come prima assoluta. Non c’è alcun tipo di pregiudizio. Infatti l’anno scorso avevamo un film serbo di Ljubiša Samardžić.
Da chi verrà rappresentato il film albanese?
L’unico film sarà quello di Artan Minarolli, che sarà anche un film première. I film albanesi naturalmente raccolgono molta attenzione da parte del pubblico. Bisogna sfruttare questo interesse per avvicinare il più possibile il pubblico alle nuove produzioni albanesi. E’ proprio questo che cercheremo di fare con tutti i nostri mezzi. L’anno scorso abbiamo dedicato una sessione di retrospettiva al film albanese, quest’anno abbiamo deciso di selezionare solo film première. Devono essere naturalmente realizzati bene, e devono essere delle premières. Di solito il film albanese viene seguito molto anche perché tratta principalmente delle problematiche odierne della nostra società.
Cosa vuole apportare questo festival all’Albania?
Innanzitutto è una festa del cinema. Il nostro obiettivo è diventare un punto di riferimento per il cinema della regione. Penso che questo avverrà tra tre, quattro o cinque anni. Nonostante le difficoltà economiche si sta creando una certa tradizione, che in futuro potrà far entrare anche il nostro festival nei calendari internazionali.