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mercoledì 07 settembre 2022 17:18

 

La giustizia internazionale nei conflitti balcanici: intervista a Carla Del Ponte

02.11.2004    scrive Andrea Rossini

A partire dal recente caso Beara, la Procuratrice Capo dell’Aja illustra il funzionamento del Tribunale sul campo, il rapporto con i governi di Belgrado e Zagabria, la delicata fase di passaggio dal Tribunale Internazionale alle Corti locali. Nostra intervista
La Procuratrice generale Carla del Ponte
Osservatorio sui Balcani: il 4 ottobre scorso lei si è incontrata con Vojslav Kostunica a Belgrado. Pochi giorni dopo Ljubisa Beara, ricercato dal Tribunale e latitante in Serbia, è stato tradotto all’Aja. Beara, capo dei servizi di sicurezza dell’esercito serbo bosniaco durante la guerra e uno dei più stretti collaboratori di Ratko Mladic, è una figura chiave nel processo per i fatti di Srebrenica del luglio ‘95. Possiamo considerare questa vicenda come indicativa di un mutato atteggiamento da parte di Belgrado nei confronti del Tribunale Internazionale?

Carla Del Ponte: noi abbiamo un gruppo di agenti di polizia che lavorano sul terreno e cercano di localizzare i latitanti. Avevamo fatto questo stesso lavoro nel caso di Hadzic (Goran Hadzic, presidente della autoproclamata Repubblica serba di Krajna fino al dicembre 1993, ndr) tre mesi fa. Dopo aver individuato il suo rifugio, abbiamo consegnato il mandato d’arresto alle autorità di Belgrado. In quel caso abbiamo potuto verificare che, una volta consegnato il mandato e richiesto l’arresto, dopo meno di due ore il latitante ha ricevuto una telefonata ed è sparito. Quando ho incontrato Kostunica all’inizio del mese, avevo sotto osservazione Beara. Ho detto al Primo Ministro che avevo un altro latitante sotto osservazione, avvertendolo che nel corso della settimana gli avrei dato il nome, che il mandato di cattura era già pronto, e che gli avrei chiesto di ordinarne l’arresto e il trasferimento. Kostunica, che un passo in avanti l’ha fatto, nel senso che riconosce che la cooperazione con il Tribunale non si può più evitare, non è però disposto ad arrestare i latitanti perché dice che a lui politicamente gli arresti non vanno bene.

Osservatorio sui Balcani: per questo si è parlato di un Beara che si sarebbe consegnato spontaneamente?

Carla Del Ponte: dopo aver detto a Kostunica che questo latitante era sotto osservazione, e che me lo doveva dare, ho fatto presente che una settimana dopo avrei incontrato i Ministri degli Esteri della Unione Europea a Lussemburgo. Ho detto al premier che in caso di risposta negativa avrei portato una nuova prova della non collaborazione del governo serbo. Lui allora mi ha risposto: “Sì, va bene, passi questa informazione direttamente al capo della polizia, Bulatovic.” Gli ho detto che l’informazione la davo direttamente a lui, e che era lui a dover emanare l’ordine di arresto. Questo avveniva lunedì. Venerdì abbiamo passato l’informazione di dove si trovava Beara, e sabato sera ho avuto notizia che il latitante era disposto ad essere trasferito all’Aja, e che sarebbe stato accompagnato dal Ministro della Giustizia, che voleva incontrarmi. Quella notte sono andata all’aeroporto di Rotterdam, c’era Beara accompagnato dal Ministro della Giustizia. Poi loro hanno presentato la vicenda come se Beara si fosse costituito. Quando ho chiesto spiegazioni al Ministro della Giustizia, lui mi ha risposto che quando la casa di Beara è stata circondata dalla polizia, il latitante ha dichiarato che era disposto ad essere trasferito all’Aja. Non poteva fare altro, quindi io lo considero un arresto, con un trasferimento volontario, ma pur sempre un arresto. Non poteva più scappare come aveva fatto in marzo. Anche in marzo infatti era successa la stessa cosa con Beara, era stato avvertito ed era sparito.

Osservatorio sui Balcani: a fine dicembre 2004 scadrà il tempo a disposizione della Procura per presentare nuovi atti di accusa. Ce ne saranno di nuovi?

Carla Del Ponte: sì, noi abbiamo alcune inchieste in corso che devono essere concluse. Le inchieste sono sei, non so se riusciremo a chiuderle tutte.

Osservatorio sui Balcani: riguardano tutti i diversi gruppi nazionali?

Carla Del Ponte: diciamo che queste inchieste riguardano essenzialmente gli altri gruppi, dato che prima abbiamo parlato di Belgrado… Riguardano alti responsabili politici e militari che vorremmo poter portare in giudizio.

Osservatorio sui Balcani: le scadenze del 2004 per la presentazione delle inchieste, 2008 per i processi di primo grado e 2010 per gli appelli saranno rispettate?

Carla Del Ponte: non lo so. Questa sarà una decisione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Noi cerchiamo di mantenere queste date perché ci sono state indicate dal Consiglio di Sicurezza, però tutto dipende dal fatto che i ricercati vengano arrestati oppure no, dato che noi non abbiamo l’istituto del processo in absentia. Le date sono fisse perché sono stabilite dal Consiglio di Sicurezza, ma l’arresto non dipende da noi, noi possiamo solo dare informazioni, se ne abbiamo, rispetto a dove si trovino i latitanti.

Osservatorio sui Balcani: tra i latitanti ci sono ancora Karadzic, Mladic e Gotovina…

Carla Del Ponte: il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e l’Unione Europea hanno detto che questi tre devono comparire in giudizio di fronte al Tribunale dell’Aja, quindi è chiaro che il Tribunale non chiude fintanto che questi tre non verranno giudicati.

Osservatorio sui Balcani: oltre alla rete locale che li protegge, ci sono anche delle protezioni di carattere internazionale?

Carla Del Ponte: no, non credo proprio.

Osservatorio sui Balcani: in passato però ce ne sono state?

Carla Del Ponte: in passato, ma questa può essere una valutazione mia, c’era effettivamente una considerazione di tipo politico. Parliamo del periodo tra il ’95 e il ’97. Non credo si possa parlare di protezione, ma la assenza di determinazione nel cercarli e arrestarli poteva essere frutto di una considerazione politica, perché si temeva che la situazione nel Paese potesse essere pregiudicata, che si tornasse indietro, che il conflitto potesse riemergere. Questo oggi non c’è più, ne sono certa, per quanto posso valutare io la comunità internazionale è ben decisa ad averli. Naturalmente quasi 10 anni di latitanza sono parecchi. In primo luogo questi ricercati sono diventati esperti nello sfuggire all’arresto, in secondo luogo sono protetti da tutti sul territorio, sia dalla popolazione che dalle istituzioni, specialmente in Republika Srpska, anche se adesso il nuovo Ministro dell’Interno apparentemente dichiara che si stanno impegnando attivamente. Senza il supporto dei locali, anche la Sfor, la Nato, avrà serie difficoltà a trovare non solo Karadzic ma anche altri che sono in Bosnia.

Osservatorio sui Balcani: quali sono i problemi principali nel trasferimento di competenze dall’Aja ai Tribunali locali?

Carla Del Ponte: io trovo che il principio della assunzione di responsabilità da parte dei Tribunali locali sia di grande importanza, specie se consideriamo l’elemento della riconciliazione e di una pace vera. Il fatto di poter dire un giorno che i Tribunali nazionali possono assumere questi casi e celebrare i processi, processi equi, sarebbe il risultato di una effettiva riconciliazione. Oggi come oggi però a mio avviso la situazione è ancora estremamente difficile, nel senso che nonostante i procuratori nazionali siano personalmente disponibili a svolgere questo compito, hanno delle difficoltà enormi. Ho parlato con i procuratori a Belgrado, le difficoltà per loro vengono dai politici. Le difficoltà in Croazia provengono soprattutto dalla necessità di adattare la legge interna affinchè si possano celebrare questi processi. La Corte di Stato a Sarajevo, istituita dalla comunità internazionale, stenta a prendere l’avvio.

Osservatorio sui Balcani: la Corte di Sarajevo dovrebbe iniziare i propri lavori nel gennaio 2005?

Carla Del Ponte: sì. Noi siamo pronti a trasferire, io ho già fatto delle richieste, ho già dei casi, ho già calcolato quanti atti d’accusa sono obbligata a trasferire affinché il Tribunale possa chiudere nelle scadenze del 2008-2010. Ma i problemi sono enormi, a partire da quello del reperimento dei testimoni. I testi spesso rifiutano di presentarsi nelle Corti nazionali, mentre sono pronti a farlo all’Aja. La questione è che in questi Paesi c’è un sistema procedurale di civil law, come in molti Paesi europei, mentre le nostre istruttorie, le nostre inchieste, sono state fatte secondo la common law. C’è quindi anche il problema dell’adattare le prove da noi assunte nel sistema nazionale.

Osservatorio sui Balcani: quindi anche problemi tecnici…

Carla Del Ponte: sì.

Osservatorio sui Balcani: come è cambiato in questi anni, se è cambiato, il sostegno da parte della comunità internazionale nei confronti del Tribunale Internazionale dell’Aja?

Carla Del Ponte: nel periodo iniziale il supporto era estremamente importante per far nascere questo Tribunale, per farlo funzionare. Quindi l’attenzione era focalizzata sul permettere al Tribunale di esistere. Dopo 5, 6 anni, questo Tribunale si è legittimato e ha fatto il suo lavoro, e continua a farlo. Pur sempre in una situazione difficile, perché non ha una polizia giudiziaria che possa eseguire anche misure coercitive, tutto dipende dalla cooperazione degli Stati. Ma l’interesse della comunità internazionale non è mai venuto meno, anche perché noi non smettiamo mai di restare in contatto con le istituzioni internazionali affinché gli Stati della ex Jugoslavia cooperino. Quest’ultimo elemento non è ancora certamente acquisito, soprattutto per quanto riguarda Belgrado e la Republika Srpska. La Croazia invece ad esempio oggi collabora…

Osservatorio sui Balcani: nonostante il caso Gotovina?

Carla Del Ponte: non nel caso Gotovina, ma il caso Gotovina dovranno risolverlo entro poco tempo. Io a fine novembre sarò di nuovo di fronte al Consiglio di Sicurezza e ho detto al governo croato che hanno tempo fino a fine novembre…

Osservatorio sui Balcani: lei pensa che Sanader rappresenti un reale rinnovamento dell’Hdz?

Carla Del Ponte: vede, Sanader secondo me ha agito in modo estremamente intelligente politicamente. Quando è andato al potere ci siamo detti: “Poveri noi…” Lui invece ha capito che la cooperazione con noi era la condizione sine qua non per far avanzare il suo Paese verso l’Unione Europea, e in definitiva sulla strada democratica. Anche se, come dice sempre pubblicamente, ad esempio per lui Gotovina è innocente. Però aggiunge anche che siccome quello è in stato d’accusa da parte dell’Aja, deve andare all’Aja a difendersi. Quando abbiamo emanato due atti d’accusa nei confronti di otto persone, in meno di una settimana li abbiamo avuti tutti e otto. Il buon Primo Ministro Kostunica invece non lo ha ancora capito, secondo lui non si possono arrestare i latitanti perché politicamente gli nuocerebbe.

Osservatorio sui Balcani: pochi giorni fa la Commissione su Srebrenica della Republika Srpska ha consegnato il proprio rapporto, riconoscendo per la prima volta l’ampiezza e la gravità dei massacri compiuti nel luglio del ‘95. Si tratta di un segnale importante?

Carla Del Ponte: sì, il lavoro della Commissione Srebrenica è stato molto importante non solo per quanto riguarda la Republika Srpska (RS) ma anche per Belgrado. Soprattutto, certo, per quanto riguarda la RS, sembrerebbe che vogliano finalmente collaborare con noi, speriamo che sia così.


Vedi anche:

Milosevic, novembre 2004

La giustizia internazionale nei conflitti balcanici

Crimini contro l'umanità: il ruolo della giustizia internazionale nei conflitti balcanici


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