Un commento a caldo dopo la tornata elettorale in Bosnia Erzegovina. Non c’è gran motivo per esultare. Poche le novità rispetto al passato. La vecchia abitudine di giocare sfruttando la paura ha di nuovo funzionato
Milorad Dodik ha promesso ai serbi della Bosnia ed Erzegovina (BiH) che la Republika Srpska (RS) si separerà dalla BiH con un referendum, e Haris Silajdzic ha promesso ai bosgnacchi che lo impedirà. La vecchia abitudine di giocare usando la paura ha di nuovo funzionato. Per questo, i grandi vincitori delle elezioni in Bosnia ed Erzegovina sono Milorad Dodik e Haris Silajdzic.
Alle quinte elezioni parlamentari nella Bosnia Erzegovina del dopo guerra c’è stata un’affluenza di circa il 55 per cento del totale di 2,7 milioni di elettori iscritti. Le valutazioni di questa percentuale oscillano tra quelle euforicamente positive (si aspettava una grande astensione), e quelle molto negative (che ne è dell’altra metà degli elettori?).
Gli osservatori affermano che alle elezioni hanno votato molti più giovani rispetto a prima, ma l’andamento dei risultati delle votazioni non mostra che questo fatto abbia modificato qualcosa in senso positivo, nella misura prevista nei circoli degli analisti stranieri.
Due giorni dopo le elezioni non sono ancora noti tutti i risultati definitivi delle votazioni ma in base a ciò che già appare chiaro, non è difficile trarre svariate conclusioni fondamentali. Le più importanti sono:
Guardando in generale, i cittadini della Bosnia ed Erzegovina con i loro voti non hanno realizzato alcun grande e importante cambiamento rispetto alla politica per la quale si erano dichiarati anche durante le passate elezioni. L’elettorato in BiH continua marcatamente a “pensare in modo nazionale”. Le regole elettorali li aiutano fortemente a farlo. I grandi vincitori anche questa volta sono coloro i quali hanno offerto la retorica più radicale e più marcata. Lo scopo di quella retorica, in sostanza, era suscitare il sentimento di inquietudine e di paura rispetto all’”altra parte” che durante la guerra era sul versante opposto. Dalla scena politica pian piano sta scomparendo la vecchia generazione del periodo della guerra, i partiti nazionalisti di quei tempi hanno sì perso il primato, ma i politici nuovi e relativamente più giovani non sono meno aggressivi quando si tratta di lottare per il potere. Anzi! La Costituzione esistente della BiH si basa sull'Accordo di pace di Dayton e continua ad essere la base politico-legale per incessanti conflitti fra le nazionalità e per sopraffare gli interessi delle entità su quelli dello Stato. Senza un cambiamento della Costituzione, nemmeno dopo queste elezioni la Bosnia ed Erzegovina ha tante possibilità di costituirsi come uno Stato normale che dovrebbe essere compatibile con il concetto e la struttura europea. L’unico vero e significativo passo in direzione diversa rispetto a tutto questo è la scelta Zeljko Komsic, il candidato del Partito Socialdemocratico, per la Presidenza della BiH al posto del “membro croato” di questa Presidenza. Così che la HDZ tradizionale ha cessato di essere il rappresentante esclusivo del popolo croato nel più alto organo dello Stato. Le elezioni si sono svolte in un’atmosfera relativamente tranquilla, e oggettivamente i più grossi “incidenti”, in realtà, li ha fatti Ivo Miro Jovic, il membro croato uscente della Presidenza della BiH, con le sue stranamente aggressive dichiarazioni. Come candidato della HDZ per detta funzione, ha minacciato pubblicamente che “lui continua ad essere ancora il membro della Presidenza” e che “non permetterà che Zeljko Komsic entri in questa Presidenza...” Evidentemente non sopporta la sconfitta. Fra gli elementi positivi della vicenda elettorale c'è sicuramente il fatto che per la prima volta nella campagna elettorale e durante le elezioni, il settore non governativo ha avuto un ruolo relativamente significativo.
Una dettagliata analisi di queste caratteristiche generali mostrerà che la Bosnia ed Erzegovina continua ad essere soggetta a tutte quelle sindromi che sono state fortemente favorite negli anni passati. Durante le scorse settimane, l'osservatore esterno aveva la sensazione che nel paese si stesse preparando una guerra senza che venissero scelti i mezzi per ottenerne la vittoria. L' analista e politico belgradese Zarko Korac, in un editoriale pubblicato sul “Nezavisne Novine” di Banjaluka, ha constatato che “la campagna elettorale in BiH si è ridotta ad una gara di patriottismo... e abbiamo anche saputo che Sarajevo assomiglia a Teheran o che quelli che non accettano lo Stato unitario possono andarsene via!”. Sfruttando le paure dei loro sudditi, i leader politici locali si sono mostrati come una nuova specie di manipolatori, e in realtà sono persone che basano tutto la loro legittimità sul fatto di essere un pochino meglio dei loro predecessori che hanno condotto le guerre. Di particolare cinismo in tutto ciò è il fatto che nei discorsi che hanno lo scopo di produrre la paura e con essa di conservare il potere, tutti giurano sull’Europa.
Nonostante tutto, dopo le prime valutazioni dei risultati elettorali, un pensare in modo politicamente sobrio dimostrerebbe che la situazione offre a persone intelligenti e sagge la base per introdurre dei rapporti in BiH che siano almeno un po' più stabili. Dodik e il suo partito in RS hanno avuto una maggioranza assoluta. Silajdzic ha avuto una tale maggioranza nella Presidenza e il suo Partito per la BiH è diventato molto più forte su tutti i livelli parlamentari. Forti sono anche l’SDA dei bosgnacchi e i Socialdemocratici (SDP). I partiti croati sono stati sconfitti prima di tutto a causa della loro stratificazione e divisione interna prima delle elezioni. “I partiti croati puri” non hanno “il loro uomo alla Presidenza” grazie al sistema elettorale che prima soddisfaceva proprio i partiti nazionali.
In breve, il rapporto delle forze è abbastanza chiaro e su questo rapporto la formazione degli organi esecutivi del potere, in teoria, non dovrebbe essere traumatica. Purtroppo, le teorie che valgono in altri paesi, in BiH spesso non hanno molto senso. Da queste parti, la saggezza elettorale civile e la razionalità non è ancora la parte più forte né per quanto concerne la popolazione né per i politici. Le elezioni si vincono e si perdono molto di più per gli effetti esterni e le passioni che per i progetti a favore di una vita migliore. Nell’esito elettorale sono confluiti diversi motivi. Il primo è che i cambiamenti costituzionali recentemente proposti non sono stati accettati e la “distruzione” delle proposte di questi cambiamenti e la richiesta di abolire la RS da parte di Silajdzic ha fatto di lui un eroe presso i bosgnacchi e il vincitore delle elezioni. Il secondo è la salita vertiginosa di Dodik in RS basata su una retorica estrema molto simile a quella dell'inizio della guerra, alimentata dai contro-messaggi di Sarajevo. Nemmeno Belgrado ha risparmiato nel dare sostegno a Dodik, nonostante lo abbia fatto più che altro per il Kosovo che non per la RS ma, non importa, il risultato è stato raggiunto. Alla fine, al totale inasprimento pre elettorale, non di meno ha contribuito la comunità internazionale anche con il porre l’accento sulla storia del loro prossimo ritiro dalla BiH. Tutti i radicali non vedevano l'ora. E' semplicemente incredibile come questa cosiddetta comunità internazionale si sia specializzata in mosse politiche catastroficamente sbagliate proprio prima delle elezioni. È talmente incredibile che all'uomo comune viene da chiedersi: si tratta di errori o di qualcos’altro?
Le elezioni sono andate così come sono andate. I vincitori nazionali sono più forti che mai (Dodik e Silajdzic), i perdenti sono più deboli che mai (HDZ e altri partiti croati), e quelli che stanno in mezzo sono in grado di dirigere da dietro le quinte (SDA, SDP). Nuovo è il fenomeno che due dei tre partiti nazionali che un tempo erano i più forti (HDZ croato e SDA bosgnacco) non hanno alla Presidenza dello Stato un “loro uomo”. Dove porterà tutto ciò, lo si potrà analizzare fra qualche giorno.