Stallo Kosovo: che ne pensano gli ex combattenti?
09.07.2007
Durante una manifestazione di Vetevendosje
I negoziati non sembrano portare ad alcun risultato immediato e gli ex combattenti del Kosovo si chiedono se dovranno, in futuro, tirar fuori di nuovo i loro fucili. Una traduzione a cura di Osservatorio sui Balcani
Di Krenar Gashi in Decan/ Decani e Pristina - BIRN - pubblicato il 2 luglio 2007 (tit.orig. Kosovo Stalemate Makes Former Fighters Restive)
Traduzione a cura di Osservatorio sui Balcani
Abdyl Mushkolaj è preoccupato. Siede negli uffici della sua associazione dei Veterani di guerra del Kosovo a Decan/Decani, Kosovo orientale, impensierito dal fatto che il processo diplomatico potrebbe non portare all'agognata risoluzione Onu che dia l'indipendenza al Kosovo.
“Coloro i quali in passato hanno combattuto per questo paese sono pronti a farlo di nuovo”, afferma Mushkolaj, 42 anni, riferendosi alla guerriglia condotta da combattenti albanesi alla fine degli anni '90 contro il governo serbo.
“Non vorrei prendere nuovamente un'arma in mano e diventare di nuovo un soldato ma se necessario difenderò il Kosovo”, continua.
Mushkolaj è un reduce dell'UCK, Esercito di liberazione del Kosovo, molto rispettato, ed è tra il numero crescente di persone su posizioni radicali che chiedono un'indipendenza piena ed immediata per il territorio conteso.
Il suo ufficio sembra una mostra, è pieno dei ritratti dei martiri albanesi della lotta armata contro la Serbia. La più in vista è una grande fotografia di Ramush Haradinaj, ex primo ministro del Kosovo, attualmente all'Aja, accusato di crimini di guerra.
Non ha niente contro la minoranza serba che celebra le proprie commemorazioni in Kosovo ma farà di tutto per evitare che il potere serbo ritorni nella sua patria. “Se necessario prenderemo le armi e combatteremo di nuovo”, afferma.
Le posizioni radicali in Kosovo si stanno rafforzando, la risoluzione sullo status finale del Kosovo continua ad essere posticipata e le speranze per una soluzione rapida vengono infrante dalla risoluta opposizione russa all'indipendenza.
Circa 300 persone hanno marciato per le strade di Pristina lo scorso 30 giugno in una manifestazione indetta dal movimento Vetevendosje (auto-determinazione) che chiede un referendum che porti ad un'indipendenza immediata. I manifestanti hanno gettato rotoli di cartaigenica contro i palazzi del governo e del parlamento.
“Conosciamo una sola lingua, quella del referendum e della volontà dei cittadini di indipendenza”, ha affermato Glauk Konjufca, attivista di Vetevendosje.
I manifestanti hanno portato con loro pupazzi raffiguranti i membri della squadra negoziale kosovara sullo status, vestiti in completi eleganti con i nomi dei vari politici e con zucche al posto delle teste.
Ma i partecipanti sono stati inferiori a manifestazioni precedenti. Il movimento portò 3000 dimostranti in strada in una manifestazione il 10 febbraio scorso, con scontri violenti che portarono alla morte di due attivisti. Quella manifestazione era sostenuta dai veterani di guerra, quest'ultima no.
Lulzim Peci, esperto su questioni di sicurezza, afferma che Vetevendosje attualmente sta soffrendo di una crisi di credibilità e non è più nelle condizioni di veicolare le frustrazioni legate alla definizione dello status finale.
“La frustrazione è molto diffusa tra la popolazione”, afferma Peci. “Ma non ci sono canali per veicolarla in modo positivo”.
Nel frattempo continua lo stallo politico sul futuro del Kosovo. La Russia ha già rifiutato quattro bozze di risoluzione per il Consiglio di Sicurezza appoggiate dagli Usa e da membri europei del Consiglio.
Il Cremlino ha reso noto che bloccherà qualsiasi soluzione per il Kosovo che vada contro le posizioni della Serbia, che si oppone drasticamente alla secessione del Kosovo. “Possiamo negoziare con la Serbia anche 2000 anni e loro non riconosceranno la nostra indipendenza”, si lamenta Mushkolaj.
L'ex combattente critica le autorità kosovare per non aver fatto bene il loro lavoro nel condurre le negoziazioni. “Se il nostro destino dipende da Putin e dalla Russia ... allora lo stipendio da primo ministro del Kosovo dovrebbe andare al Presidente russo”, scherza.
I politici kosovari hanno promesso agli albanesi l'indipendenza fin da quando il territorio è stato messo sotto amministrazione internazionale, nel 1999. Le promesse sono diventate sempre più frequenti mentre le date sono progressivamente cambiate sin da quando il processo di determinazione dello status è stato avviato nel 2005.
Bajram Kosumi, ex primo ministro del Kosovo, poco saggiamente ha promesso l'indipendenza per il giugno 2006. Il suo successore, Agim Ceku, ha poi suggerito la data del maggio 2007 come probabile. Altri membri della squadra negoziale hanno dato date diverse prima di evitare, tutti assieme, di fare altre previsioni.
“Sono sorpreso della pazienza della gente”, dice Mushkolaj e aggiunge che i diplomatici stranieri stanno abusando della passività della maggior parte dei kosovaro-albanesi.
“Voglio che si ponga fine a questa pazienza”, continua. “Dovremmo scendere tutti per strada e paralizzare la vita in Kosovo. Allora il mondo ci prenderebbe più seriamente”.
Il 29 giugno Jaap de Hoop Scheffer, Segretario generale della NATO, ha chiesto ai politici kosovari di mostrare più pazienza nel corso del processo politico sullo status. “Il mio messaggio è stato un messaggio di moderazione”, ha affermato Scheffer ai giornalisti nel corso della sua visita in Kosovo di venerdì scorso.
La pressione in Kosovo si è un po' alleggerita quando il presidente Usa George Bush ha chiarito il suo sostegno all'indipendenza del Kosovo durante una storica prima visita in Albania, lo scorso 10 giugno. Bush ha dichiarato che se gli sforzi diplomatici per risolvere la questione del Kosovo finissero in nulla, “Occorrerà dire che ora basta, il Kosovo è indipendente”.
Ma i nazionalisti kosovari, come Mushkolaj, non si accontentano esclusivamente di dichiarazioni. “Non è sufficente, dobbiamo sapere quando arriverà l'indipendenza, dobbiamo sapere la data”, afferma.
Se succederanno incidenti in Kosovo, i responsabili saranno probabilmente da ricercare tra i circa 30.000 ex combattenti dell'UCK. Alcuni hanno un impiego presso la Kosovo Police Service e presso i Kosovo Protection Corps ed è difficile che si lascino coinvolgere. Ma molti altri sono senza lavoro, senza sapere che fare, e rappresentano una minaccia più seria.
Le speranze degli albanesi del Kosovo sono ora riposte in un esito positivo dell'incontro tra il Presidente Bush e la sua controparte russa, Vladimir Putin, che si terrà presso la casa di famiglia Bush a Kennebunkport.
Mushkolaj afferma che se non ne verrà fuori niente, non saranno solo i veterani di guerra come lui, ma l'intera popolazione ad assumere posizioni sempre più radicali.
Lulzim Peci è d'accordo. “La loro energia negativa verrà espressa in modo incontrollabile”, ammonisce.