Un voto decisivo
28.04.2008
Da Belgrado,
scrive Danijela Nenadić
Cartelloni elettorali (Fonet)
L’11 maggio prossimo i cittadini serbi sono chiamati alle urne, sia per le amministrative che per le elezioni politiche. L’umore dei cittadini, i sondaggi e i primi pronostici degli analisti nella cronaca della nostra corrispondente
L’11 maggio i cittadini della Serbia eleggeranno di nuovo i rappresentanti politici che decideranno il futuro del paese nei prossimi anni. Un’ennesima tornata elettorale storica, come la definiscono gli esperti locali e stranieri, che dovrebbe rispondere alla domanda se la Serbia farà un passo avanti verso l’Europa o se resterà al margine dell'integrazione europea.
Per complicare ancora di più il quadro, i cittadini serbi l’11 maggio voteranno anche per le elezioni politiche, provinciali e comunali.
Le elezioni per il parlamento sono state indette un anno e mezzo dopo le precedenti elezioni. La crisi nell’ex coalizione di governo composta dal Partito democratico (DS), Partito democratico della Serbia – Nuova Serbia (DSS-NS) e dal G17 plus è esplosa riguardo due temi strettamente correlati: il Kosovo e l’Europa.
I rappresentanti di DS e G17, che hanno la maggioranza al governo, avevano richiesto il proseguimento del processo di integrazione europea a prescindere dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo, dichiarando allo stesso tempo di non volere rinunciare al Kosovo e all’integrità territoriale della Serbia.
Dall’altra parte, i loro ex partner di coalizione hanno chiesto all’Unione Europea un chiaro segnale che i negoziati sul futuro status di candidato della Serbia nell’Unione devono considerare il paese nella sua piena integrità territoriale, Kosovo incluso.
L’impossibilità di raggiungere un accordo sulle questioni che riguardano gli interessi nazionali più importanti ha causato la caduta del governo e la necessità di indire elezioni anticipate. Nel frattempo le differenze tra il DS e G17, da un lato, e il DSS-NS, dall’altro, si sono accentuate, e il governo, formato appena alla fine di maggio 2007, non ha superato il test più grande e tanto atteso: la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo.
Le elezioni politiche anticipate sono state fissate per lo stesso giorno in cui si terranno le regolari elezioni locali e provinciali. I cittadini della Serbia, su schede differenziate, eleggeranno i rappresentanti delle amministrazioni locali di tutti i comuni della Serbia, così come i rappresentanti del parlamento nella provincia della Vojvodina.
Il maggior dilemma riguarda l’organizzazione delle elezioni in Kosovo. Il potere serbo è convinto di organizzare sia le elezioni parlamentari che quelle locali (comunali) in Kosovo. La comunità internazionale respinge in modo risoluto la possibilità che le elezioni vengano organizzate anche in Kosovo, mentre Belgrado invia segnali sulla volontà di organizzare elezioni locali nei comuni abitati dalla popolazione serba.
Nonostante queste, secondo l’opinione generale, saranno per la Serbia elezioni decisive, la campagna elettorale condotta dai partiti politici non si avvicina minimamente al vigore delle elezioni presidenziali tenutesi nel gennaio scorso. Le indagini delle agenzie demoscopiche mostrano che gli elettori sono stanchi e saturi, e che seguono i programmi elettorali dei partiti politici in misura sempre minore.
I temi dominanti sono l’Europa e il Kosovo: all’ombra di questi restano le questioni legate alla corruzione e alla criminalità, le politiche sociali e lo standard di vita. I partiti politici basano la loro campagna elettorale principalmente proprio su questi temi. Lo spazio politico è chiaramente diviso tra quanti insistono nel voler salvaguardare una “dignità nazionale” e il mantenimento del Kosovo all’interno della Serbia e quanti invece vedono nell’integrazione europea una chance di avanzamento e stabilità per la Serbia.
Dal tanto invocare alla Serbia e dal tanto richiamarsi alla Serbia è quasi impossibile differenziare la campagna della maggior parte dei partiti politici. Il Partito radicale serbo (SRS) conduce la sua campagna sotto lo slogan “Avanti Serbia”. La coalizione Partito democratico della Serbia e Nuova Serbia (DSS-NS) cerca di conquistare consensi con la frase “Sostieni la Serbia”, mentre il Partito socialista della Serbia (SPS) suggerisce “Alzati Serbia”.
Il Partito democratico (DS) di Boris Tadic è a capo della coalizione composta dal G17 plus, dal Movimento per il rinnovamento serbo (SPO) del quasi dimenticato re delle piazze Vuk Draskovic, dal Partito democratico del Sangiaccato (SDP) di Rasim Ljajic, dalla Lega dei socialdemocratici della Vojvodina (LSV) di Nenad Canak e da una serie di partiti delle minoranze. Questa alleanza agisce sotto lo slogan “Per una Serbia europea – Boris Tadic”.
Il Partito liberal democratico (LDP) di Cedomir Jovanovic conduce una campagna che a molti ricorda quella di Barak Obama, basata sulla frase “Allargati”, che, si suppone, dovrebbe suggerire che le idee e le posizioni di questo partito diventino largamente accettate in Serbia.
La campagna, per ora, si svolge tranquillamente. I pullman dei partiti politici stanno facendo il giro della Serbia e cercano di raggiungere gli elettori. Tuttavia, i cittadini serbi pare siano più interessati alle feste di Pasqua e del Primo maggio piuttosto che alle elezioni, pertanto ci si attende che la campagna raggiunga il suo apice negli ultimi sette giorni prima delle elezioni.
Anche gli analisti fanno rari pronostici, e l’opinione pubblica è arrivata a sapere solo pochi giorni fa i risultati dei sondaggi di varie agenzie. Secondo i risultati dell’agenzia “Faktor plus” che ha svolto un sondaggio per conto del quotidiano “Politika”, per il futuro governo sarà necessario l’accordo tra tre partiti. In questo sondaggio è in testa l’SRS con il 36,5%, la coalizione che fa capo al DS ha il sostegno del 34,6%, la coalizione DSS-NS può aspettarsi l’11,7%, l’SPS il 7,1%, LDP 5,8%, mentre i partiti delle minoranze e gli altri il 4,3%.
I sondaggi dell’agenzia Medium Gallup condotti tra il 7 e il 12 febbraio, subito dopo il secondo turno delle presidenziali e prima della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo, avevano portato a risultati secondo i quali in quel momento per l’SRS avrebbe votato il 39,4% degli intervistati, il DS e il G17 plus avrebbero ottenuto il 37,5%, DSS-NS 10,3%, LDP (in quel periodo insieme alla Lega dei socialdemocratici della Vojvodina) 5,4%, mentre l’SPS non avrebbe oltrepassato il quorum del 5%.
La stessa agenzia ha condotto un altro sondaggio nel periodo compreso tra il 6 e il 13 marzo, i cui risultati hanno mostrato una consistenza leggermente differente delle forze in campo. In quel periodo la coalizione con a capo il DS avrebbe ottenuto il 39,9% di sostegno degli elettori, l’SRS il 37,1%, DSS-NS 10,4%, SPS avrebbe passato lo sbarramento con il 5,4%, mentre LDP avrebbe potuto contare in tutto su un 3,1% di voti.
Benché sia ancora presto per fare previsioni sulle possibili coalizioni post elettorali, gli analisti indicano alcune possibili soluzioni. È chiaro che l’SRS e DSS-NS non riusciranno da soli a formare un governo di maggioranza, così come non sarà possibile per un'eventuale coalizione formata da DS e LDP. Questi due possibili blocchi, comunque vengono citati sempre più spesso.
Il vice presidente dell’SRS,Tomislav Nikolic. ha dichiarato più volte che i radicali potrebbero formare un governo con Kostunica e Ilic (DSS-NS), e sono circolate voci sul fatto che l’accusato dal Tribunale dell’Aja e leader dei radicali Vojislav Seselj e il leader del DSS si siano già accordati per una futura collaborazione. Da parte del DSS è giunta immediata smentita, e Andreja Mladenovic, portavoce del DSS ha definito queste speculazioni come “trucchi pre-elettorali”.
Boris Tadic offre collaborazione a tutti i partiti che desiderano la Serbia in Europa, e si congettura sempre più che l’LDP e i partiti delle minoranze potrebbero essere gli alleati naturali della coalizione “per una Serbia europea”.
Ma per come stanno le cose adesso, né l’uno né l’altro blocco avranno la maggioranza. L’ago della bilancia potrebbe essere rappresentato dal Partito socialista della Serbia (SPS). A quale campo si avvicineranno i socialisti, cambiati per molti versi dalla formazione che erano al tempo di Milosevic resta ancora da vedere. Il leader del SPS, Ivica Dacic, afferma che il suo partito sia più vicino alla politica di Vojislav Kostunica, ma che sulla coalizione post elettorale discuterà ad urne chiuse.
L’analista Zoran Stojiljkovic ha scritto sul quotidiano “Politika” che “a causa dei pochi cambiamenti nel rating dei partiti rispetto alle precedenti elezioni politiche, la formazione del nuovo governo andrà di nuovo per le lunghe”. Stojiljkovic sostiene che per la formazione del nuovo governo saranno necessari tre attori sia che sia “filo-europeo o nazionale”.
Tuttavia esiste anche la possibilità che il governo non venga formato, nel qual caso si andrebbe di nuovo alle elezioni nel prossimo autunno. I sondaggi condotti dall’organizzazione americana IRI (International Republican Institute) e pubblicati sul quotidiano “Pres” alla metà di aprile, indicano che l’SRS ha il sostegno del 38% degli elettori, la coalizione del DS il 37,2%, DSS-NS 10,4% e sopra la percentuale di sbarramento c’è solo ancora l’LDP con il 5,1%. Secondo i risultati di questa ricerca, i socialisti hanno il 4,2% dei voti, percentuale che li lascerebbe fuori dal parlamento. Se ciò dovesse accadere “potremmo aspettarci nuove elezioni politiche anticipate nel prossimo autunno”, dice Stojiljkovic.
I sondaggi sull’opinione pubblica non sono sicuramente un criterio certo per stabilire la posizione degli elettori serbi. Sorprese accadono in quasi tutte le elezioni, e l’ultima sorpresa i cittadini della Serbia l’hanno fatta alle elezioni presidenziali quando sono andati in massa a votare smentendo tutti pronostici su una bassa affluenza alle urne.
Il direttore del Centro per le libere elezioni e la democrazia (Cesid) Marko Blagojevic, in una dichiarazione per l’emittente B92, ha detto che sempre più spesso a richiedere i sondaggi sull’opinione pubblica sono gli stessi partiti politici. Blagojevic ha aggiunto che “esiste la possibilità di manipolazioni sui risultati dei sondaggi, ma ciò non è opera delle agenzie, che non hanno certo interesse a distruggere la propria reputazione, ma è opera dei partiti politici”.
L’ultima parola spetta ai cittadini. Fino ad allora, ai partiti politici non resta che conquistare il maggior numero di sostenitori e convincere ancora una volta i cittadini della Serbia che il loro voto è decisivo.