Di Federica Riccardi e Raffaele Coniglio*
Tra i tanti primati che una volta caratterizzavano Mitrovica vanno annoverati il fiorente indotto minerario che faceva della città e dintorni una delle più fiorenti aree del Kosovo e dell’ex Jugoslavia (per estrazione di minerali, loro lavorazione-trasformazione e successiva produzione di batterie), e il più grande quartiere rom del Kosovo, il Roma Mahala. Questi due aspetti, di valenza indubbiamente positiva, sembrano non avere interconnessioni mentre invece hanno stretti legami e tragiche conseguenze.
Gli impianti di Trepca, il fiorente polo minerario nella ricca regione di Mitrovica, hanno contribuito notevolmente allo sviluppo economico e sociale di questa zona per tutti gli anni ‘70 e ‘80. Erano più di 20.000 le persone impiegate, di cui la metà provenienti dalla sola area di Mitrovica, con salari indimenticabili e tanti benefits per le famiglie degli operai. Sebbene la città fosse prospera e occupata con il lavoro delle miniere, la gente rimaneva comunque un tantino insoddisfatta per via della mancanza di investimenti successivi agli introiti delle miniere. Un detto di quei tempi recitava “Trepca punon Beogradi ndėrrton”(Trepca lavora e Belgrado si costruisce), sintetizzando questo aspetto.
8.000 o forse poco di più era il numero di membri della comunità rom che viveva nel quartiere Roma Mahala di Mitrovica, una striscia di terra a sud del fiume Ibar che sembra interporsi tra i serbi e gli albanesi. I rom anche allora come oggi non erano ben inseriti nelle strutture sociali della città, non godevano di una buona reputazione, e si sono trovati, durante gli anni dello scontro etnico in Kosovo, tra due fuochi, quello serbo e quello albanese.
Oggi la fotografia di Mitrovica è un’altra. L’intero indotto di Trepca è ridotto all’osso, con meno di un migliaio di operai vi estraggono soltanto i minerali. Gli impianti di lavorazione e trasformazione del piombo, rame, zinco sono dismessi e versano in uno stato fatiscente. Insieme al polo turistico di Bresovica, gli impianti di Trepca sono stati un grande fallimento per la KTA, l’agenzia incaricata per le privatizzazioni in Kosovo. Quello che è rimasto dei fiorenti e produttivi impianti minerari, oltre alle obsolete strutture, è l’inquinamento del suolo.
Mitrovica oggi ricopre il triste primato di città più inquinata del Kosovo e dell’ex Jugoslavia. A farne le spese sono tutti i suoi cittadini, i rom più degli altri. Ed oltre al problema dell’inquinamento, che li vede vittime di intrighi politici, i rom sono anche cittadini privi delle loro case. Facilmente manipolati dai serbi e indiscriminatamente percepiti come traditori e nemici dagli albanesi, si sono visti, da questi ultimi, completamente annientare tutto il loro storico quartiere. Inermi, dal lato nord del fiume che oggi divide etnicamente la città in due, hanno assistito alla distruzione delle loro case. Quelli che avevano deciso di affrontare di petto la situazione persero la vita. In tanti sono scappati in Europa, in Montenegro, in Serbia.
Campo rom di Zitkovac
I pochi rimasti a Mitrovica sono stati costretti a vivere, in mancanza di alternative, in posti malsani e inquinati. I campi di Zitkovac, Cesmin Lug e Kablare, tutti nella parte nord di Mitrovica, furono costruiti nel novembre del 1999 per ospitare circa 500 persone di etnia rom scappate dal loro grande quartiere. Da allora e per tutti questi anni il problema dei rom è diventato sempre più grande.
Dovevano restare in questi posti soltanto per 45 giorni. Solo Zitkovac è stato chiuso ma soltanto nel 2006 ed i suoi abitanti sono stati dislocati negli altri campi. Nei tre campi di Zitkovac, Cesmin Lug e Kablare molti bambini mostravano infatti i classici sintomi da inquinamento da piombo: perdita di memoria, mancanza di coordinamento, vomito e convulsioni. Il Prof. Nait Vrenezi dell’Università di Pristina già in un suo studio del 1997, condotto congiuntamente con numerosi esperti internazionali, affermava che l’esposizione continua ad ambienti con alta concentrazione di piombo crea nei bambini danni motori e di percezione permanenti.
Dal 1999 al 2006, 27 persone sono morte a Zitkovac, molte delle quali con ogni probabilità a causa di avvelenamento da metallo pesante, anche se autopsie non sono mai state effettuate. Nel 2000 furono effettuati diversi test e analisi sugli abitanti dei campi dall’allora consulente russo dell’ONU, Dott. Andrei Andreyev, che confermavano fuori da ogni dubbio l’alto livello di concentrazione di piombo nel loro sangue. Andreyev allora inoltrò un report dettagliato contenente dati e cifre all’Organizzazione Mondiale della Sanità e all’UNMIK, chiedendo loro di provvedere ad una immediata evacuazione dei campi. Il suo report, però, che oggi non è disponibile al pubblico, non ha avuto nessun riscontro pratico, se non che molti funzionari internazionali della polizia dell’Unmik, che giornalmente facevano jogging accanto al campo di Cesmin Lug, dovettero fare immediati accertamenti medici, e si scoprì che il loro tasso di piombo era così alto da richiedere il loro rimpatrio. Nel 2004 test capillari su 75 persone dei tre campi, principalmente bambini e donne incinte, mostravano che 44 di loro avevano livelli di piombo nel sangue più alti di quanto il macchinario potesse misurare (65 mg/dl), laddove 10 mg è considerato il punto in cui vi è un serio rischio di danni al cervello o al sistema nervoso.
Le ultime da Osterode Camp
Osterode camp, costruito nel 2005 in quella che prima della guerra era una base militare serba e successivamente una postazione francese, ospita oggi più di 400 persone in container tra stradine asfaltate, ex-capannoni militari ri-utilizzati e un piccolo parco giochi, il tutto circoscritto da filo spinato. Certo Osterode - oggi monitorato dalla Norwegian Church Aid, agenzia che coordina i donors e le attività del campo - appare, al primo impatto, una struttura ben più comoda e pulita rispetto ai capannoni sporchi ammassati sulle rotaie ferroviarie del campo di Cesmin Lug, distante appena poche decine di metri.
Campo rom di Cesmin Lug
Tuttavia, il rappresentante rom del campo, il Sig.Habib Haidini, senza tanti giri di parole ci tiene a precisare che cambia poco avere un container mettallico di limitate dimensioni e piccole strutture di divertimento, rispetto alle baracche di lamiera contorte del campo vicino. “Non è una casa, e quelli a Cesmin Lug non vengono da noi perché sono della nostra stessa opinione: stiamo tutti aspettando una casa, una casa vera”. Habib incontra quotidianamente i rappresentanti di enti istituzionali locali e non, per far pressioni e cercare di velocizzare i tempi affinché tutti i rom dei due campi possano essere finalmente trasferiti in una struttura permanente. Osterode doveva rimanere funzionante appena un anno.
Oggi nella vasta area della residenza storica dei rom di Mitrovica, nonostante l’attualità della “minoranza rom” nell’agenda politica delle istituzioni e organizzazioni internazionali, sono stati però costruiti appena un centinaio di case e quattro blocchi plurifamiliari che ospitano non più di 250 persone. Molte delle case ancora non sono state assegnate, probabilmente per via dei complessi criteri che richiedono lunghe procedure burocratiche, e per altri motivi.
Un dato certo è che, alla metà del 2008, non è stato fatto abbastanza per i rom di Mitrovica. Eppure è passato poco più di un anno da quando, nel marzo del 2007, gli alti rappresentanti delle istituzioni internazionali, degli uffici diplomatici e lo stesso primo ministro del Kosovo in una grande giornata commemorativa hanno tenuto un’imponente cerimonia di inaugurazione del quartiere Roma Mahalla a Mitrovica. Grandi parole allora erano state spese da tutti, le più gettonate delle quali erano “multiculturalità” e “integrazione”.
Stando alle testimonianze più recenti, come quella di Sokol Kursumlija, da anni impegnato nel campo Osterode con progetti educativo-ricreativi attraverso l’associazione locale multietnica di cui è presidente, non c’è da stare sereni e tranquilli: anche per Osterode si parla di gravi casi di contaminazione da piombo che colpiscono soprattutto i suoi più giovani abitanti. Tuttavia Sokol ci tiene a precisare, rimanendo fermo sul fatto che effettivamente i rom a Mitrovica vivono da tempo in condizioni a dir poco precarie, che l’argomento contaminazione da piombo non può essere circoscritto al solo discorso che verte sulla minoranza rom, vittima a suo parere di intrighi politici, ma deve essere generalizzato in quanto riguarda l’intera area di Mitrovica. Nel caso specifico di Zitkovac, piccolo villaggio a Nord di Mitrovica, Sokol sostiene, ad esempio, di trovare “assurdo che per la sola opportunità politica soltanto per i rom che vivevano dall’altra parte del binario si è parlato di contaminazione mentre per i serbi che vivono a tutt’oggi lì, a due passi da dove si trovavano i rom, c’è ancora assoluto silenzio e nessuna preoccupazione”.
Forse per via delle scarse condizioni igieniche e del contatto con la terra tipico dei bambini, i piccoli rom sembrano tuttavia particolarmente esposti all’avvelenamento da piombo. Nel campo Osterode di recente sono stati fatti dei test sui bambini dallo staff del WHO. I risultati però sono stati negati ad Habib e gli altri rom, che pure li richiedevano insistentemente. Stando a Sokol, per questioni di privacy i dati del WHO non potevano essere diffusi, neppure ai rappresentanti UNICEF che lavoravano nel campo. “Io volevo sapere almeno il numero o la percentuale di persone contaminate di Osterode, potevo non saperne i nomi; quando quell’organizzazione mi ha negato i dati, mi sono rivolto alle strutture mediche di Mitrovica Nord dove hanno effettuato i test sui bambini. Il risultato è stato chiaro: contaminazione da piombo per la maggioranza di loro”, ricorda Habib.
Un argomento così delicato da un punto di vista etico, morale, sociale e politico non dovrebbe comunque essere lasciato solo alla spicciola cronaca cittadina che spesso, incapace di sortire i necessari effetti, finisce col creare invece soltanto involontaria disinformazione. La comunità internazionale e enti di spessore come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, piuttosto che coprire la realtà con il silenzio, potrebbero seguire l’esempio positivo di altre organizzazioni che in Kosovo dedicano tempo, spazio e tanti soldi per pubblicazioni sistematiche di bollettini sui diversi argomenti. È tempo che un dossier ufficiale, onnicomprensivo e chiaro, esca allo scoperto per far luce su tutti questi anni bui. Fino a quando su queste tematiche aleggeranno solo e soltanto strumentalizzazioni di ogni genere, il problema dei rom e della salute pubblica dei cittadini di Mitrovica resterà solo appannaggio dell’agenda politica che potrà continuare ad usarle a propria discrezione.
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Federica Riccardi è stata Project Manager per più di 2 anni in Kosovo per conto di una ONG italiana; attualmente Direttore Esecutivo di una ONG locale
Raffaele Coniglio è Project Manager a Mitrovica per conto della Provincia di Gorizia, in Kosovo dal 2005.