Libertà per Naser Oric
07.07.2008
Da Trieste,
scrive Azra Nuhefendić
Naser Oric nell'aula del Tribunale dell'Aja
Assolto in appello l’ex comandante di Srebrenica. Era stato condannato in primo grado dal Tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia per non aver impedito ai suoi sottoposti di commettere crimini. Un giudizio che ha fatto molto discutere le opinioni pubbliche locali
Il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia ha assolto, in appello, l'ex comandante bosniaco di Srebrenica, Naser Oric.
In primo grado nel giugno 2006, Oric era stato condannato a due anni di carcere per non aver impedito, tra il 1992 e il 1993, che i suoi sottoposti commettessero i crimini contro i serbi.
In prima istanza il Tribunale ha ascoltato 82 testimoni ed esaminato 1649 fatti probatori. Infine il Tribunale ha accertato che più di metà delle prove presentate dall’accusa erano false. Alcuni testimoni serbi, che secondo l’accusa erano morti, sono stati trovati vivi e le loro testimonianze erano state portate da altri.
Naser Oric era stato rimesso subito in libertà perché aveva già scontato la pena nei tre anni di detenzione preventiva.
In modo prevedibile, l’assoluzione definitiva di Naser Oric ha provocato reazioni molto diverse. Per i bosniaci Oric è un eroe, per i serbi un criminale di guerra.
Le reazioni dei serbi all’assoluzione di Naser Oric sono negative e quasi unanimi. I politici dichiarano: “ancora un colpo per la giustizia internazionale”, “la giustizia selettiva che colpisce solo i serbi”, “vergogna”, “scandaloso”, “il Tribunale è complice di crimini di guerra”, “il Tribunale è un’istituzione politica”.
E’ possibile che il Tribunale abbia sbagliato, “ma la critica della stampa e dei politici serbi è basata su una visione distorta della guerra in Bosnia e sulla distorsione dei fatti del Tribunale. L’opinione pubblica serba, la stampa e i politici, invece di focalizzarsi sui fatti discutono il mito di un Tribunale anti-serbo”, afferma il ricercatore serbo Bogdan Ivanisevic.
Tanti serbi sono ancora convinti che i crimini che i bosniaci musulmani hanno commesso nei villaggi intorno a Srebrenica tra 1992 e 1993 sono equiparabili al massacro di Srebrenica (1995), e che Naser Oric ne sia il principale colpevole.
Questa convinzione fu rafforzata in occasione del decimo anniversario del genocidio di Srebrenica, 2005. Il Partito radicale serbo aveva organizzato un’aggressiva campagna cercando di provare che i bosniaci musulmani avessero ucciso migliaia di serbi nella zona di Srebrenica. Lo scopo era di minimizzare il massacro dei musulmani.
Secondo l’Ufficio del procuratore dell’Aia, in quella occasione il numero dei serbi morti nella zona di Srebrenica “fu gonfiato e dagli iniziali 1.400 è cresciuto a 3500, un numero che non riflette la realtà”.
Il rapporto della Commissione per i crimini di guerra della Republika Srpska ha accertato inizialmente che a Bratunac sono morti 520 serbi e a Skelani, 475. Il libro “Za krst casni i zlatnu slobodu” di un autore anonimo serbo e del ministero degli Interni della Republika Srpska presenta un totale di 641 serbi uccisi.
La fonte più autorevole, il Centro per la Ricerca e per la Documentazione, (RDC) un ente indipendente composto da uno staff multietnico, con sede a Sarajevo, ha accertato che un totale di 119 civili e 424 soldati sono morti in zona Bratunac-Vlasenica-Skelani. Di questi, 139 (più di un terzo) che i serbi hanno presentato come vittime dell’Armija (esercito della Repubblica di Bosnia Erzegovina), in effetti hanno combattuto e sono morti altrove.
Forse il “caso Kravica”, un villaggio vicino a Srebrenica, che i serbi presentano come la prova chiave contro Oric, mostra bene il balletto dei numeri.
Nel giorno del Natale ortodosso, il 7 gennaio 1993, i bosniaci musulmani, con il loro comandante Naser Oric, attaccarono il villaggio. Alcune fonti serbe, tra cui Milovoije Ivanisevic, autore del libro “La cronaca delle nostre tombe”, affermano che “353 abitanti del villaggio furono uccisi e che il villaggio fu totalmente distrutto”.
La documentazione dell’Esercito serbo-bosniaco (Vojska Republike Srpske) invece ha registrato che a “Kravica in quella occasione sono morti 35 soldati e 11 civili”. L’ufficio della Procura dell’Aja ha affermato che in quella occasione furono uccise 43 persone, delle quali 13 erano civili.
Pare che non ci siano dubbi sul fatto che gli attacchi che portavano i bosniaci dalla Srebrenica assediata sui vicini villaggi serbi abbiano provocato un certo numero di morti e danni materiali.
Da parte serba si continua a ripetere che questi attacchi hanno provocato una rivendicazione giustificata. Ma secondo il rapporto delle Nazioni Unite sulla caduta di Srebrenica: “i serbi hanno ripetutamente esagerato sui fatti di questi attacchi da Srebrenica, come pretesto per lo scopo centrale della guerra: la creazione geograficamente unita ed etnicamente pulita della zona nella valle del fiume Drina. Il fatto che questo pretesto sia stato accettato dai vari fattori internazionali, mostra la distorta opinione di ‘equivalenza morale’, che, erroneamente e per tropo tempo, ha descritto la guerra in Bosnia”.
La direttrice del Centro per il diritto umanitario di Belgrado Natasa Kandic ha dichiarato all’agenzia Beta che la decisione del Tribunale corrisponde ai fatti presentati. La Kandic punta su un fatto che in molti trascurano: secondo la Corte d'appello “non è stato provato che Oric fosse al corrente dei crimini commessi”.
E su questo fatto esiste un testimone d’eccellenza, Emir Suljagic, bosniaco che durante la guerra faceva l’interprete per gli olandesi a Srebrenica, e grazie a questo lavoro sopravvisse al massacro. Suljagic, noto giornalista, è autore del libro “Postcard from the grave” (Cartoline dalla tomba) dove scrive:
“Ogni volta che i soldati partivano con Oric a combattere, la folla di civili li seguiva, ascoltando attentamente e chiedendo in continuazione dove stessero andando. Portavano le borse, gli zaini e ogni tanto un trattore. Appena si avvicinavano al fronte la distanza tra i soldati e i civili diminuiva, spariva. Lo so, perché ci sono stato anche io. I gruppi misti di civili e soldati attaccavano il villaggio. Ore dopo, quando il fumo dalle case incendiate saliva verso il cielo, rientravamo tutti, soldati e civili… Podravanje, Fakovici, Bjelovac e Kravica tutto bruciava. Nel fumo e nella cenere delle case bruciate lasciavamo tutto quel che avevamo portato con noi: la nostra educazione, la civiltà, e la nostra convinzione che noi, bosniaci fossimo migliori”.
Naser Oric è nato nel 1967 a Potocari, un sobborgo di Srebrenica. Dopo il servizio militare diventò membro di un reparto speciale dell'Esercito jugoslavo e per un periodo fece la guardia del corpo dell’ex presidente Slobodan Milosevic.
All’inizio della guerra in Bosnia, a soli 25 anni, Naser Oric fu nominato comandante delle forze della difesa territoriale di Srebrenica. I bosniaci e i serbi di Srebrenica inizialmente si misero d’accordo per non attaccarsi tra di loro. Ma questo patto fu infranto dal criminale serbo Zeljko Raznatovic Arkan. Con i suoi paramilitari attaccò e prese Srebrenica il 10 aprile 1992. Le case dei musulmani furono derubate e distrutte, i musulmani detenuti, picchiati alcuni uccisi, le donne e gli uomini separati.
All’inizio del maggio 1992, Oric e i suoi uomini riuscirono a riprendere Srebrenica. Da allora per tre anni la città fu una delle poche località nella Bosnia occidentale sotto il controllo dei bosniaci.
Da diecimila abitanti prima della guerra, a Srebrenica si ammassarono 40.000 persone, tutti i bosniaci che furono costretti a scappare dalle cittadine e dai villaggi in quella zona.
Due mesi prima dell’attacco finale dei serbi su Srebrenica (all’epoca zona protetta dalle Nazioni Unite) che fu seguito dall’uccisione di circa ottomila uomini bosniaci, Naser Oric e alcuni dei suoi uomini lasciarono la città. Le circostanze di questa mossa furono e sono tuttora abbastanza misteriose. Il motivo non è mai stato chiarito fino a fondo, e fa parte delle incertezze e controversie che aleggiano su Naser Oric.
Contrariamente a ciò che si crede, in Bosnia Naser Oric non è un eroe indiscusso.
Recentemente Ibran Mustafic, autore del libro “Planirani haos” (Il caos pianificato), anche lui di Srebrenica e durante la guerra un politico importante, è stato picchiato più di una volta. Il suo libro è una dura critica all’ex presidente bosniaco Alija Izetbegovic e anche a Naser Oric.
Mustafic scrive di varie persone, non solo serbe, uccise a Srebrenica, durante la guerra. Poi, “quando la gente addirittura moriva di fame, Oric viziava il suo cavallo con zollette di zucchero. Giravano voci che i bambini di Srebrenica, desiderosi di cibo e dolci, alla domanda cosa gli piacerebbe diventare rispondessero: il cavallo di Oric”.
Esattamente due anni fa, raccontando del suo periodo di prigionia, Naser Oric in un’intervista al quotidiano di Sarajevo “Avaz” ha detto: “L’atmosfera nel carcere dell’Aja era abbastanza gioviale… Ho fatto amicizia con vari detenuti. Sono diventato amico di Ante Gotovina… Ho discusso varie volte con i serbi coinvolti nell’assedio e nel massacro di Srebrenica. Con Miroslav Deronjic ho parlato francamente di come Radovan Karadzic e gli altri hanno pianificato ed eseguito le atrocità a Srebrenica… e Slobodan Milosevic, una volta scherzando, mi ha detto che sarà grato se gli faccio un rapporto sulla situazione a Srebrenica durante la guerra. Gli ho risposto che sono sicuro che lui, Milosevic, ha già tali informazioni, e Milosevic mi ha risposto ‘Sì, pero gradirei avere la tua opinione’. Secondo Naser Oric, Vojislav Seselj e Mladen Naletlic erano dei grandi burloni”.