In centro a Srebrenica
I profughi bosgnacchi ritornati a Srebrenica minacciano di andarsene in massa se la città non verrà sottratta alla giurisdizione della Republika Srpska e riconosciuta come distretto speciale. Continua la tensione dopo la sentenza della Corte dell'Aja
Di J. Šarac, per Nezavisne Novine, 6 marzo 2007 (tit. orig. Iseljenje 14. marta)
Traduzione per Osservatorio di Balcani: Ivana Telebak
“La Corte internazionale di giustizia dell'Aja ha formulato una chiara sentenza su chi ha commesso il genocidio, e nessuno ha più il diritto di lasciare Srebrenica sotto l'ingerenza della RS [Republika Srpska]”, dice Sadik Ahmetovic, uno dei membri del Comitato d'iniziativa per lo sgombero collettivo dei ritornanti di Srebrenica.
I bosgnacchi chiedono che Srebrenica riceva lo status di distretto. In caso contrario, per il 14 marzo è annunciato lo sgombero collettivo dei bosgnacchi rientrati.
Il Comitato d'iniziativa per lo sgombero collettivo di Srebrenica, che l'altro ieri ha inviato ai funzionari locali e internazionali un proclama con le loro richieste, considera che il Governo della RS non si è mai seriamente occupato di progetti mirati a rivitalizzare questo comune e a creare le condizioni per una sopravvivenza sostenibile. Secondo le valutazioni, a Srebrenica sono occupati soltanto circa 250 rientrati di nazionalità bosgnacca.
“Il Governo della RS ha dimenticato anche i cittadini di nazionalità serba perché la sua politica è di non fare nulla in questo luogo, per evitare che ci sia un ritorno maggiore dei bosgnacchi”, afferma Ahmetovic.
Il presidente del Comitato, Cazim Durakovic, afferma che il proclama e la decisione sullo sgombero collettivo non hanno un retroscena politico, ma piuttosto il desiderio dei cittadini che, nonostante il tragico passato e il calvario che hanno vissuto, hanno cercato di normalizzare la vita di Srebrenica.
“Il proclama è stato scritto prima della decisione dell'Aja, e la sentenza ha solamente aumentato il desiderio di andarsene via”, ha sottolineato Durakovic.
Hatidza Mehmedovic, che è ritornata a Srebrenica cinque anni fa, dice che i diritti dei rientrati sono minacciati. I ricordi dei giorni felici le hanno conservato il desiderio di vivere a Srebrenica, ma, dice, non ci sono le condizioni elementari per poterlo fare.
“Se devi curarti, non puoi farlo, ti mandano a Belgrado, invece Tuzla e Sarajevo sono come l'estero. Ma io non voglio curarmi in Serbia”, dice Mehmedovic.
Secondo le valutazioni del Comune, la metà dei circa 4.000 rientrati bosgnacchi sono in modo formale, ma non anche in modo amministrativo, rientrati nel paese d'origine. Nonostante il ritorno, continuano ad essere registrati nei comuni della Federazione BiH per poter godere di certi benefici (per gli invalidi di guerra, per i combattenti smobilitati, per l'educazione scolastica), che difficilmente o in nessun modo potrebbero realizzare registrando la residenza nella RS.
Non sono meno insoddisfatte la sedicenne Verica Stjepanovic e la diciasettenne Meliha Rahmanovic. Se le si presenta l'occasione vorrebbero lasciare Srebrenica, della quale dicono che è una “città morta”.
“Vogliamo vivere insieme, in pace, ma ci separano continuamente. Al Governo RS non interessa come viviamo, che non sappiamo dove andare quando usciamo, che la gente è senza lavoro. Forse persino i bosgnacchi hanno più aiuti di noi serbi”, dice Verica Stjepanovic.
Il sindaco di Srebrenica Abdurahman Malkic per oggi ha organizzato un incontro con i rappresentanti del Comitato d'iniziativa per lo sgombero collettivo. Lui dice che le richieste di questo comitato sono simili alle richieste dell'amministrazione di Srebrenica, che cinque anni fa ha accettato la risoluzione sullo status particolare di Srebrenica. Malkic dice che il Governo della RS non vuole abilitare le risorse naturali di Srebrenica, con le quali si stimolerebbe lo sviluppo del comune e si aumenterebbe l'occupazione. Come esempio porta il caso delle terme di Guber, che, dice lui, “sono state privatizzate con lo scopo di non farle lavorare”.
“Il premier Dodik in buona parte ha contribuito alla creazione di una difficile situazione politica a Srebrenica. Ma lo sgombero dei rientrati è un avvallo inconsapevole della pulizia etnica. Non sono per avvallare questa pulizia, ma sono per la realizzazione delle richieste contenute nel proclama”, ha sottolineato Malkic.
Lui crede che il potere locale non può da solo risolvere il problema, ma che le entità e la comunità internazionale in BiH debbano partecipare perché si tratta di una cosa seria. Tuttavia, ieri a Srebrenica tranne alcuni team di giornalisti non ci sono stati altri visitatori.